L’Argentina è vicina al default tecnico: lo riporta il Financial Times, in seguito alla scadenza dei bond emessi nel 2005 e nel 2010 per quanto riguarda la ristrutturazione del debito. Il Paese sudamericano avrebbe deciso di non ripagare i creditori che hanno scelto un pagamento pieno dei bond: peccato che tra questi figurino anche hedge fund statunitensi e che il tribunale degli Stati Uniti abbia dato ragione ai creditori americani.
Argentina sotto la morsa dei creditori
Il tribunale ha costretto dunque l’Argentina a pagare 1,3 miliardi gli investitori che non concordarono con lo swap: a questi vanno aggiunti i 3,1 miliardi di dollari relativi al "pagamento degli interessi ai proprietari dei bond ristrutturati" da versare entro il 15 dicembre.
L’Argentina si trova così costretta a pagare i diversi creditori che a breve busseranno alla porta di Cristina Kirchner, presidente già contestatissima dal suo popolo. E la soluzione migliore paventata dall’Argentina, a quanto riportano le indiscrezioni, consisterebbe nel ripetere l’esperienza di 11 anni fa, annunciando così un nuovo default.
Certo, c’è sempre il tempo per il ricorso, ma la causa argentina sembra ormai essere appesa a un filo molto sottile e le contestazioni del popolo, vessati dalle critiche condizioni economiche del Paese, fanno il resto, precipitando di fatto il Paese in una nuova crisi.
L’incertezza demoralizza i mercati
Intanto Fitch ha collocato l’Argentina in rating watch negative e l’analista di JP Morgan, Vladimir Werning, ha già emesso la sentenza: il mercato non si fida più, viste le incertezze sempre più crescenti. Tra tutte spicca senza alcun dubbio il calo del potere di acquisto da parte delle famiglie, generato dal rincaro dei prezzi al consumo, uno tra i motivi principali per cui il popolo vede sempre con più insofferenza la un tempo elogiata Kirchner.
L’incertezza ha sprofondato la Borsa di Buenos Aires in un clima altamente negativo, che ha generato un’ingente vendita di bond sovrani a causa dei timori sempre più crescenti di un nuovo default: i titoli sul debito pubblico hanno infatti registrato una perdita del 13,58%, mentre il rendimento dei bond argentini a 1 anno è balzato a 6.506 punti base (+224 pb), mentre i Cds a 5 anni hanno superato quota 2.400 punti, ai massimi degli ultimi 3 anni.
L’esempio argentino non è da seguire
Altri fattori rilevanti derivano dall’arresto della crescita del Paese, da un aumento considerevole dell’inflazione, di una necessità da parte delle principali imprese di finanziamenti a tassi più bassi possibile e al sempre più crescente malcontento della popolazione. Lo scenario, insomma, non è dei più rosei.
E l’idea paventata da alcuni analisti che la Grecia, il Portogallo o l’Italia possano seguire la strada dell’Argentina nel loro processo di ristrutturazione del debito sembra sempre più un miraggio.
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