Allerta benzina per la tensione in Ucraina: fino a dove possono salire i prezzi

Chiara Esposito

14 Febbraio 2022 - 22:17

condividi

Le conseguenze delle tensioni Russia-Ucraina sul caro benzina: quotazioni sopra i 2 euro, ai massimi dal 2012. Le prospettive secondo gli esperti.

Le conseguenze delle tensioni fra Russia e Ucraina non sono solo potenziali, possiamo già osservare alcune nefaste risultanze dello stallo attuale. La preoccupazione maggiore oggi sono le quotazioni sopra i 2 euro per il rincaro al barile e se la benzina schizza alle stelle ci rimette l’intero sistema.

Sui mercati internazionali il conto delle pressing di Putin in realtà si prospetta sempre più salato e c’è chi dice che, nel caso più sciagurato, dai 95 dollari attuali è "possibile arrivare a 150".

La risposta degli italiani non è di certo positiva e già si parla dei fronti di risparmio che i singoli intendono ritagliarsi per far fronte a questi ingenti incrementi dei prezzi.

L’andamento dei prezzi nel dettaglio

Leggiamo con attenzione gli incrementi sui mercati internazionali dell’oro nero secondo la ricognizione dell’Osservatorio prezzi del Mise.

L’elaborazione dei dati ci porta ormai sopra quota 2,1 euro al litro in autostrada con il gasolio si attesta ormai sopra la "soglia psicologica" dei 2 euro.

In genere, sulla media della rete, troviamo questo scenario:

  • benzina self service a 1,834 euro/litro (in rialzo di 4 millesimi, con le compagnie a 1,843 euro e le pompe bianche a 1,813);
  • diesel a 1,710 euro/litro (+4, compagnie 1,716, pompe bianche 1,696);
  • Gpl servito a 0,818 euro/litro (invariato, compagnie 0,825, pompe bianche 0,809;
  • metano servito a 1,772 euro/kg (-3, compagnie 1,815, pompe bianche 1,740);
  • Gnl a 2,175 euro/kg (-39, compagnie 2,190 euro/kg, pompe bianche 2,164 euro/kg).

La benzina, una questione geopolitica

È ufficiale: i costi dei carburanti veleggiano ai massimi dalla fine dell’estate del 2012.

Repubblica riporta che il prezzo del barile di Brent del Mare del Nord con consegna ad aprile è salito dello 0,20% a 94,62 dollari, dopo un picco di 96,16 dollari. Per l’appunto era da ben 8 anni che non si registravano andamenti analoghi sul mercato europeo.

La ragione è l’alta tensione geopolitica sul fronte Russia-Ucraina visto che il Cremlino è sul podio degli esportatori globali di petrolio insieme all’Arabia Saudita per una quota complessiva intorno all’11-12%. Dietro i due Paesi troviamo gli Stati Uniti, ma l’Europa si rifornisce principalmente dai territori limitrofi.

La questione però non è solo una fonte di ricchi interessi per i russi e Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, sottolinea come Usa e Russia non hanno interesse in un conflitto proprio a causa per i difficili equilibri del mercato del greggio.

La spiegazione e la previsione di Tabarelli si esaurisce in questi termini:

"A differenza del mercato del gas, dove i meccanismi di formazione del prezzo sono assai meno cristallini, quel che vediamo sul fronte del petrolio è più trasparente e per certi versi pericoloso. Dietro i rialzi ci sono diversi fenomeni".

Tra questi le dinamiche di domanda e offerta di oro nero poiché, nella sua ottica, le compagnie petrolifere, in forte fermento e sull’onda della transizione energetica che intendono a tutti i costi cavalcare, non hanno investito come in passato in attività estrattive (800 miliardi di dollari di investimenti in attività estrattive del 2014, 350 nel 2021). Il risultato? Carenza di capacità produttiva.

Tabarelli quindi dice che questi numeri fanno credere che una guerra vera e propria sia "difficile da figurare":

"I prezzi del greggio schizzerebbero verso 120-130 dollari ed è uno scenario che Biden non si può permettere vista la sensibilità sul tema e le grandi pressioni inflattive già in atto. D’altra parte, anche la Russia ha un disperato bisogno di esportare".

La previsione di Nomisma Energia vede quindi il prezzo del petrolio salire ancora verso i 98 dollari di fine anno scongiurando però qualsiasi forma di conflitto armato.

Gli italiani rispondono con un taglio dei consumi

L’Osservatorio Legacoop ha tratto alcune importanti conclusioni partendo dalle interviste condotte dall’Ipsos sul fenomeno dell’inflazione e sulle reazioni nella gestione dei propri consumi.

Viste le forti difficoltà degli italiani nel fronteggiare l’aumento delle bollette della luce (il 93% degli intervistati si dice "molto" o "abbastanza" preoccupato), 7 cittadini su 10 sono si dicono disposti a limitare i propri consumi.

Le percentuali vedono il 79% degli intervistati disposto a depotenziare il proprio impiego di gas ed energia elettrica mentre il 71% punterà a diminuire l’uso di benzina e gasolio. Il 4% delle famiglie, nel caso della benzina, parla addirittura di rinuncia.

La tendenza al taglio del consumo del carburante, e non solo, appare quindi per la maggioranza l’ultima, ma ancora valida, ancora di salvezza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA