Alessandro Benetton a Money.it: racconto ai giovani come avere successo in Italia

Marta De Vivo

19/05/2021

11/02/2022 - 15:01

condividi

Alessandro Benetton, noto imprenditore, si racconta a Money.it e spiega come i giovani possono avere successo a livello imprenditoriale in Italia, Paese ancora ricco di opportunità.

Alessandro Benetton a Money.it: racconto ai giovani come avere successo in Italia

NEET, istruzione e imprenditoria giovanile: sono queste le tematiche affrontate nell’intervista per Money.it ad Alessandro Benetton, che sottolinea quante opportunità ci siano ancora in Italia per fare impresa per i giovani, ai quali riserva preziosi consigli su come avere successo.

L’imprenditore rimarca come il nostro sia un Paese ricco di opportunità e dotato di un grandissimo patrimonio culturale, per questo motivo è necessario innovare e progredire ma senza cancellare ciò che di buono abbiamo fatto.

Sulla tematica dei cervelli in fuga e dei ragazzi inattivi Benetton si schiera dalla parte dei giovani: l’Italia deve stare al passo con gli altri Paesi europei e offrire le stesse possibilità d’istruzione e d’impresa, così da incentivare i tanti giovani talenti italiani a darsi da fare e non mollare. Il suo ottimismo e la sua visione ci portano chiaramente verso una direzione: smettere di piangerci addosso e cominciare a lavorare per riformare il nostro sistema Paese.

Domanda: I NEET, giovani che non lavorano e non studiano, in Italia sono 2 milioni. Come mai abbiamo questo triste primato in Europa?

Risposta: Purtroppo, troppo spesso il sistema creato dal nostro Paese fa sentire molti giovani “incapaci” di prendere una decisione in autonomia una volta finita la scuola dell’obbligo e spesso tra la ricerca di un impiego e la scelta di intraprendere o meno un percorso universitario si scoraggiano. Dobbiamo aiutare i nostri giovani ad essere meno timidi e più responsabili.

Credo si debba fare squadra per poter cambiare le cose: il sistema scolastico deve allinearsi con il nuovo mondo del lavoro incentivando le iscrizioni ad istituti tecnici (ITS), allineandosi così ai numeri di Francia e Germania. Il sistema Paese deve favorire maggiormente l’assunzione dei giovani in tutta Italia attraverso piani di flessibilità in entrata, non solo nelle grandi città. Ed infine le famiglie devono imparare a spronare i propri giovani nel dare il meglio. È fondamentale che i nostri giovani italiani prendano in mano il proprio futuro.

D: Nel nostro Paese abbiamo un concetto d’istruzione un po’ obsoleto a detta di molti. Tu cosa ne pensi? C’è qualcosa in particolare che dovremmo cambiare nel nostro modo d’istruire i giovani?

R: Ho avuto la possibilità di studiare negli Stati Uniti e di avere due dei miei figli che oggi studiano lì. Confrontando i due sistemi mi rendo conto che oltreoceano spesso si trova maggiore pragmatismo e maggiori investimenti da parte del pubblico e dai privati. Questo genera un sistema che finanzia costantemente nuove infrastrutture e soprattutto importanti studi e ricerche che risultano essere fonte di progresso per una nazione.

Mio figlio, appassionato di calcio, riesce a gestire meglio la sua passione con l’attività scolastica, essendo l’attività sportiva considerata parte integrante del percorso di studi. Allo stesso modo, mia figlia, studiosa d’arte e letteratura, trova che il patrimonio culturale italiano sia difficilmente replicabile dal più giovane modello anglosassone e talvolta limitato dalla lingua inglese. Due prospettive opposte che si allineano al mio pensiero: il sistema italiano può e deve migliorarsi, diminuendo la distanza fra ciò che si studia e ciò che le aziende chiedono, ma ricordandosi del suo inestimabile patrimonio storico, artistico e culturale.

D: Molti ragazzi che vogliono fare impresa vanno all’estero, fanno bene? In Italia non ci sono le stesse prospettive di crescita?

R: Da quando ho iniziato ad usare i social, mi sono avvicinato al mondo dei giovani ed ho scoperto tantissimi ragazzi di valore che fanno impresa in Italia con successo, seppur con un sistema non sempre a loro favore. Continuo a credere che il nostro Paese sia ancora ricco di opportunità, anche se spesso in Italia i capitali non confluiscono sulle giovani realtà e per questo motivo le imprese dei più giovani nascono fuori dal nostro paese.

Serve una riforma strutturale che permetta di trasferire i capitali da chi li ha a chi li può mettere a frutto, investendo nelle cose che sappiamo fare bene (cibo, moda, cultura, turismo) senza paura di “rischiare”. Inoltre, in Italia ci si sta finalmente muovendo verso un ecosistema startup vivo (capitali, risorse umane, infrastrutture) che possa permettere alle imprese più interessanti di prendere il volo. Troppo spesso, per farlo, molti giovani sono stati costretti ad emigrare. Ed è un peccato. Allo stesso tempo è importante costruire anche condizioni capaci di attrarre i talenti dall’estero. Avere una mobilità in entrata ed in uscita è un valore oggi.

D: Quali sono le skills fondamentali che un giovane oggi deve possedere per fare impresa?

R: Provandolo ad esprimere con un linguaggio giovanile, ti direi che “devi stare in fissa”. Bisogna essere analitici e precisi su quello che si fa ma senza farsi ingabbiare dalla programmazione e soprattutto trovando un buon equilibrio con il proprio istinto. Nel mio caso lo sport è stato buon campo di prova per sviluppare queste caratteristiche. È importante darsi degli obiettivi e perseverare per raggiungerli. Infine, rimane fondamentale continuare ad essere curiosi, provare e sperimentare, è l’unico vero modo per imparare e crescere.

D: È un periodo di grande cambiamento, sono in vista nuove opportunità nel mondo dell’imprenditoria?

R: Mi trovo pienamente d’accordo con le parole dette da Mario Draghi al G20 del turismo di qualche giorno fa: “alcuni settori saranno destinati a restringersi ma altri a crescere”. Lo sto sperimentando con le aziende che sono nel portafoglio di 21 Invest. Questa pandemia è stato un acceleratore. Alcuni processi erano già in atto e si sono solo abbreviati i tempi. Si è rivelata un’opportunità per rivedere ed innovare il proprio modello di business, oltre che un’occasione per creare disintermediazione, attraverso nuovi canali che generano un rapporto più diretto con il consumatore e soprattutto per indirizzare importanti investimenti in nuove tecnologie e digitalizzazione.

D: Qual è una key lesson che un imprenditore dovrebbe portarsi a casa, una volta passato questo periodo?

Uno dei miei mantra è “quando avrai trovato tutte le risposte, saranno cambiate le domande”. Ecco, credo che quando avremo imparato la lezione da questo periodo sarà già ora di pensare a ciò che verrà dopo. Credo che agire e pensare sempre a migliorarsi sia ciò che aiuta ad affrontare con successo qualunque momento di discontinuità, passato e futuro.

Iscriviti a Money.it