Zainetto fiscale: cos’è e come si usa per recuperare le minusvalenze

Nadia Pascale

27 Aprile 2022 - 17:50

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Gli investitori finanziari possono trasformare le perdite, minusvalenze, in credito di imposta. Questo è possibile grazie allo zainetto fiscale. Scopriamo come funziona e quali vantaggi porta.

Zainetto fiscale: cos’è e come si usa per recuperare le minusvalenze

Cos’è lo zainetto fiscale e come si recuperano le minusvalenze? In Italia ci sono sempre più persone che amano fare degli investimenti e, lasciati gli strumenti più sicuri di investimento che ormai offrono poco dal punto di vista del rendimento, gli italiani cercano di ottimizzare i guadagni attraverso titoli come azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento, ETF (Exchange Traded Fund), titoli derivati, certificati.

Per questi prodotti dal 2014 è vigente una nuova tassazione dei rendimenti, passata dal 20% al 26%. Restano con una tassazione al 12,5% prodotti come titoli di Stato e titoli equiparati, obbligazioni di Stati esteri emesse da Paesi che sono inseriti nella White List, obbligazioni emesse da enti sovranazionali, titoli di risparmio per l’economia meridionale.
Naturalmente una tassazione delle rendite al 26% può essere un deterrente, ecco perché è stato creato un meccanismo di compensazione tra perdite e guadagni sugli investimenti, tecnicamente definite minusvalenze e plusvalenze. Questo strumento è conosciuto come zainetto fiscale, vedremo ora di cosa si tratta e come funziona.

Cos’è lo zainetto fiscale

Se pensiamo al termine «zainetto» sicuramente facciamo riferimento al classico zaino con cui è possibile portarsi dietro libri, ma anche oggetti di uso quotidiano o tutto ciò che serve in un viaggio o nella vita di tutti i giorni. Lo zainetto fiscale funziona in modo simile, cioè consente di portarsi dietro le minusvalenze, per compensarle con le plusvalenze generando così un vantaggio fiscale legato al fatto che l’aliquota del 26% sulle plusvalenze non si applicherà su tutti i guadagni, ma solo alla parte rimanente dopo aver coperto le plusvalenze.

Come si usa lo zainetto fiscale

Cerchiamo di capire in modo semplice come usare questo strumento, attraverso un esempio: immaginiamo che in un anno si realizzino plusvalenze derivanti da azioni X, cioè guadagni da vendita di azioni di 100 euro. Su questi dovrebbe essere pagato il 26% di imposte, semplicisticamente 26 €. Nello stesso anno purtroppo vi sono minusvalenze, cioè perdite per 40 euro sulle azioni Y in seguito alla vendita delle stesse e quindi come differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita. Per il contribuente questo rappresenta uno svantaggio perché le perdite non sarebbero in ipotesi recuperabili, mentre sul 100 di guadagno si devono pagare le imposte.

Lo zainetto fiscale consente di compensare le perdite con le plusvalenze e quindi di pagare le imposte solo su una quota delle plusvalenze. Viene quindi generato un risparmio di imposta. Nel caso in cui nell’anno in corso le plusvalenze non bastino a compensare le minusvalenze, o perdite, lo zainetto fiscale consente di compensare una quota e portarsi dietro negli anni a venire le altre minusvalenze. Naturalmente le stesse devono essere già indicate nella dichiarazione dei redditi, vedremo a breve dove, ciò consente man mano di recuperare queste perdite e non pagare le imposte sulle plusvalenze.

Non mancano persone che al fine di compensare le minusvalenze decidono di vendere titoli nel loro portafoglio e generare quindi delle plusvalenze, ciò avviene perché la minusvalenza crea un credito fiscale.

Come funziona il recupero delle minusvalenze?

Il recupero delle minusvalenze è comunque soggetto a dei limiti. In primo luogo, può essere attuato solo con plusvalenze derivanti da prodotti che hanno la stessa natura di quelli che hanno generato la minusvalenza. In particolare, le minusvalenze possono essere recuperate solo con prodotti finanziari che realizzano “redditi diversi mentre non possono essere compensate con “redditi da capitale.

I redditi da capitale sono disciplinati dagli articoli 44 e 45 del Tuir (Testo Unico Imposte sul Reddito). Questi purtroppo non ci danno un’indicazione formale, ma un elenco degli stessi. L’articolo 44 prevede la classificazione come redditi da capitale degli interessi derivanti da mutui, conti deposito, obbligazioni e certificati di massa. Comprende, inoltre:

  • le rendite perpetue;
  • i proventi derivati da prestiti;
  • gli utili derivanti dalla partecipazione in capitali di società;
  • i dividendi societari;
  • le remunerazioni delle azioni derivanti dalla partecipazione agli utili.

Tutte queste forme di redditi da capitale non possono essere utilizzate quindi per compensare le perdite contenute nello zainetto fiscale. Si possono invece utilizzare azioni, obbligazioni, ETC, certificati, strumenti derivati come opzioni e futures.

Sulle azioni occorre a questo punto chiarire. Le azioni sono “quote di una società”, si può investire in due modi, cioè comprare per poi vendere e lucrare sulla differenza di prezzo tra il momento di acquisto e quello della vendita, oppure avere pacchetti azionari/quote e partecipare alla divisione degli utili e quindi ai risultati dell’azienda. Nel primo caso il prodotto è da classificare come “redditi diversi”, nel secondo caso si tratta di “redditi da capitale”.

Un’ulteriore digressione deve essere fatta con gli ETF. Si tratta di fondi comprendenti diversi prodotti finanziari in modo da abbassare il rischio di investimento. Sono caratterizzati da basse commissioni. Questi possiamo dividerli in armonizzati e non armonizzati. Gli ETF non armonizzati sono quelli che non rispettano la normativa europea e solitamente sono collocati al di fuori dell’Unione Europea. In questo caso i redditi generati sono considerati ordinari e tassati con le classiche aliquote Irpef. Non consentono quindi la compensazione con lo strumento dello zainetto fiscale.

Passiamo quindi agli ETF armonizzati. In questo caso le plusvalenze sono da classificare come redditi da capitale, mentre le minusvalenze derivanti da ETF armonizzati sono “redditi diversi”.

Questa particolare disciplina, che non consente di compensare le minusvalenze con le plusvalenze anche se generate entrambe da ETF, è stata introdotta con il decreto legislativo 44 del 2014, in attuazione della direttiva Ue 2011/61 che ha provveduto ad armonizzare la materia. Le minusvalenze generate da ETF armonizzati non possono essere compensate con plusvalenze da ETF o da altri redditi da capitale, ma possono essere compensate da altre plusvalenze classificate nei “redditi diversi”.

Quando è possibile recuperare le minusvalenze

Le minusvalenze possono essere recuperate con la dichiarazione dei redditi. Si è visto che possono essere portate in compensazione le minusvalenze generate nell’anno in corso, oppure le stesse possono essere recuperate nei 4 anni successivi.

Le minusvalenze dell’anno da portare in compensazione devono essere indicate nel rigo RT3 colonna 1 del modello redditi PF 2022, mentre la colonna 2 non deve essere compilata. In particolare, nel rigo RT1 devono essere indicati i corrispettivi dei prodotti, nel rigo RT2 devono invece essere inseriti i costi degli stessi titoli. Nel rigo RT3 la differenza tra corrispettivi e costi e, se lo stesso è negativo, deve essere compilata solo la colonna 1.

Nel rigo RT4 invece possono essere portate in compensazione le plusvalenze maturate negli anni antecedenti e non ancora compensate.

Nel rigo RT5 devono invece essere riportate le minusvalenze maturate negli anni precedenti, ma per non più di 4 anni, e non ancora portate in compensazione. Queste potranno essere portate in compensazione gli anni seguenti. Le minusvalenze da indicare nella dichiarazione dei redditi devono essere certificate da un intermediario. Deve però essere ricordato che nella maggior parte dei casi quando si sceglie di optare per investimenti finanziari, la SIM (Società di Intermediazione Mobiliare) apre un dossier titoli in regime fiscale amministrato. In questo caso la SIM funge anche da sostituto di imposta e quindi il titolare/investitore non dovrà dichiarare individualmente le minusvalenze/plusvalenze e si occuperà la SIM anche della gestione dello zainetto fiscale.

Il cliente può comunque sempre chiedere di avere l’applicazione del regime dichiarativo e di conseguenza dovrà occuparsi lui in dichiarazione della gestione dello zainetto fiscale. Questa scelta può essere utile nel caso in cui i rapporti siano gestiti con più banche e quindi si vogliono portare in compensazione minusvalenze maturate con investimenti fatti sia con la SIM 1 sia con la SIM 2. Naturalmente il regime dichiarativo richiede maggiore attenzione al contribuente al fine di evitare errori.

Nel caso in cui l’intermediario/banca non sia soggetto residente in Italia, non può fungere da sostituto di imposta e quindi il regime dichiarativo sarà d’obbligo.

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