Unabomber: origini del nome, cosa ha fatto e chi sono i sospettati in Italia

Alessandro Nuzzo

13/10/2022

13/10/2022 - 18:16

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Ripercorriamo la vicenda di cronaca nera di Unabomber che tra il 1994 e il 2006 ha terrorizzato il Nord Est del paese con una serie di attentati.

Unabomber: origini del nome, cosa ha fatto e chi sono i sospettati in Italia

Il termine Unabomber a qualcuno non dirà nulla, ad altri farà venire in mente il periodo a cavallo tra gli anni 90 e 2000 quando la parte orientale del nostro paese dovette fare i conti con una serie di ordigni esplosivi piazzati nei più svariati luoghi. Un macabro e pericoloso gioco che lanciò nel panico la popolazione intera, incapace di sentirsi al sicuro.

Per questa vicenda fu sospettato a lungo una persona ma il suo caso fu archiviato. Il risultato è che l’autore di questi misteriosi attentati è ancora oggi in Italia avvolto nel mistero. A distanza di diversi anni Rai Documentari si occuperà della vicenda con uno speciale che andrà in onda su Rai Due in prima serata giovedì 13 ottobre alle 21.20.

Unabomber: perché si chiama così

Per capire da dove parte questa triste storia di cronaca bisogna andare oltreoceano, negli Stati Uniti. È lì che a partire dalla fine degli anni 70 sono iniziati i primi attentati, andati avanti fino al 1995 con un bilancio finale di 3 morti e 23 feriti. L’unabomber americano si è scoperto essere Theodore Kaczynski e mandava pacchi bomba in nome di una guerra personale contro la tecnologia.

Il termine unabomber fu coniato per la prima volta dall’Fbi che diede questo nome in codice al fascicolo che si occupava dei vari attentati. Il termine è l’acronimo di University and Airline Bomber perché Kaczynski colpiva soprattutto università e tentò poi di fare una strage su un aereo in volo.

Kaczynski, genio della matematica affetto da schizofrenia, a 27 anni si dimise dal corpo insegnanti dell’Università di Berkley. Tra gli anni 70 e fino al 1995 si è reso responsabile di una serie di attentati che lanciarono la popolazione nel panico. L’Fbi diede vita alla più grande caccia all’uomo di tutti i tempi finita ad aprile del 1996.

Nel 1994 gli attentati iniziarono anche in Italia

La storia di Kaczynski fece il giro del mondo e giunse rapidamente anche in Italia. Forse spinto da un tentativo di emulazione, ecco che l’unabomber italiano ha avviato il suo gioco perverso nel Nord Est del paese a partire dal 21 agosto 1994 alla sagra degli Osei a Sacile, in provincia di Pordenone. Lasciò un tubo bomba nei pressi della fontanella che nello scoppio ferì una mamma e le sue due figlie.

Questo fu ancora un caso isolato che non destò preoccupazione né tantomeno gli inquirenti lo collegarono ad un possibile attentatore seriale. Ma gli attentati andarono avanti: centro commerciale di Pordenone, chiesa di Aviano, due ordigni ad Azzano Decimo durante la sfilata di Carnevale e poi spiaggia di Lignano Sabbiadoro sotto ad un ombrellone.

L’allora sostituto Procuratore di Venezia, Felice Casson, fece raffrontare i vari ordigni dagli artificieri e il responso non lasciò dubbi: la mano era sempre la stessa. Nel 1996 si ebbe quindi la certezza che anche in Italia stava agendo una persona con modalità simili a quelle dell’unabomber americano. Crebbe così nel paese la psicosi e per 4 anni non si verificarono casi. Unabomber tornò però a colpire il 6 luglio del 2000, sempre a Lignano Sabbiadoro, lasciando un tubo metallico sul bagnasciuga che ferì un carabiniere in pensione.

Da quel momento la strategia cambiò: non più tubi ma bombe in oggetti più piccoli e impensabili che vengono piazzati soprattutto nei supermercati come pacchi di uova o salsa di pomodoro. Gli attentati cessarono nel 2006 con l’ultimo ordigno che fu piazzato lungo l’argine del fiume Livenza. Saranno oltre 30 le bombe piazzate a cavallo tra gli anni 90 e 2000.

Chi è stato il sospettato italiano e perché il suo caso è stato archiviato

La Polizia intanto creò il pool anti-unabomber che nel giro di poco tempo arrivò a dei risultati. Poche settimane dopo l’ultimo attentato c’era il nome di un sospettato: l’ingegner Elvo Zornitta, grande esperto di esplosivi, i cui spostamenti lavorativi erano compatibili con quelli degli attentati.

Durante una perquisizione a casa sua vennero ritrovate un paio di forbici le cui lame sembravano compatibili con i tagli trovati su un ordigno piazzato tempo prima. Insomma unabomber sembrava smascherato e fatto sta che finirono anche gli attentati.

Ma in questa storia i colpi di scena non finiscono mai. La perizia richiesta dalla difesa dimostrò come i tagli sul lamierino dell’ordigno furono effettuati con le stesse forbici ma in un momento successivo dopo che queste furono sequestrate, Insomma secondo la difesa un tentativo di incastrare l’ingegnere ed arrivate alla conclusione del caso, quasi a trovare un capro espiatorio.

Per questo motivo venne condannato per la manomissione Ezio Zernar, direttore tecnico del laboratorio investigazioni criminali della Procura di Venezia. In assenza di ulteriori prove il procedimento contro Zornitta venne archiviato. Resta così un grande mistero attorno a tutta questa storia con unabomber che è destinato a restare un fantasma nel nostro paese.

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