Tregua fiscale: dalle cartelle al pagamento a rate, come funziona e cosa viene cancellato

Rosaria Imparato

29/11/2022

Stralcio cartelle sotto i mille euro, ma anche pagamento a rate e sconto sulle sanzioni: tutte le misure della tregua fiscale.

Tregua fiscale: dalle cartelle al pagamento a rate, come funziona e cosa viene cancellato

È pronta la bozza finale della legge di Bilancio 2023, quella che verrà discussa in Parlamento. Una parte sostanziale del provvedimento riguarda la cosiddetta tregua fiscale, misura che «non è un condono», ci ha tenuto a specificare sia la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che il viceministro Mef con delega al fisco Maurizio Leo, e non comporta nemmeno la sanatoria delle conseguenze penali.

La maggior parte delle risorse (35 miliardi di euro) sarà impiegata per l’emergenza bollette, e un’altra parte sostanziosa andrà al taglio del cuneo fiscale, con l’aumento di un punto percentuale rispetto ai due attuali (per un totale, quindi, del 3%) per i lavoratori con redditi sotto i 20mila euro.

Come funziona la tregua fiscale? Sono varie le misure previste, ma l’impostazione di base prevede il pagamento dell’imposta dovuta ma con un periodo di tempo più esteso a disposizione del contribuente, insieme a un notevole sconto sulle sanzioni. La cancellazione dei debiti riguarda solo le cartelle con importi inferiori a mille euro e fino al 2015.

Che cos’è la tregua fiscale del governo Meloni

A dare qualche indizio in più su cos’è e come funziona questa «tregua fiscale» del governo Meloni è il viceministro dell’Economia con delega al fisco Maurizio Leo. La tregua fiscale non riguarda solo le cartelle, spiega Leo, ma viene coperto tutto lo spazio del rapporto fiscale, a partire dalle dichiarazioni:

«Negli ultimi tempi i contribuenti non hanno avuto le risorse finanziarie per onorare i debiti tributari, e non solo: abbiamo un carico sanzionatorio che è fuori linea rispetto agli altri partner europei e gli altri paesi internazionali. Pensate che le nostre sanzioni amministrative si attestano dal 120% al 220% dell’imposta, negli altri paesi ci si ferma al 60%».

È da questo aspetto, continua Leo, che hanno deciso di intervenire. Il periodo del Covid, le scarse risorse, la crisi energetica hanno contribuito a far accrescere i debiti.

Tregua fiscale sulle somme dovute dopo i controlli sulle dichiarazioni

Il primo intervento della tregua fiscale riguarda le dichiarazioni dei contribuenti. Spiega Leo che il contribuente che ha presentato dichiarazioni fino al 2021 ed è stato diligente, nel senso che ha esposto le imposte da pagare ma non ne ha le risorse, dovrà pagare le imposte dovute ma con una sanzione più bassa, del 3%, e con uno periodo di pagamento più ampio, di cinque anni.

L’articolo di riferimento della bozza della legge di Bilancio è il numero 38, “Definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni”.

La relazione illustrativa della legge di Bilancio spiega che questo articolo ha come obiettivo quello di fornire supporto alle imprese e ai contribuenti in generale, soprattutto nell’attuale situazione di crisi economica dovuta agli effetti residui dell’emergenza pandemica e all’aumento dei prezzi dei prodotti energetici, attraverso alcune soluzioni che possono concretamente agevolare la definizione dei rapporti tra i contribuenti e l’Amministrazione finanziaria, con particolare riferimento alle somme dovute in esito al controllo automatizzato delle dichiarazioni fiscali, riducendo gli oneri a carico dei contribuenti ed estendendo l’ampiezza dei piani di rateazione.

L’articolo interessa le somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni relative al 2019, al 2020 e al 2021, per le quali il termine di pagamento non è ancora scaduto «alla data di entrata in vigore della presente disposizione» (quindi dal 1° gennaio 2023) ovvero recapitate successivamente a tale data.

In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, entro le scadenze definite, non si applica la definizione agevolata ma le ordinarie disposizioni in materia di sanzioni e riscossione.

Per i pagamenti rateali regolarmente in corso dei debiti emergenti dalle
comunicazioni su irregolarità nelle imposte sui redditi per qualunque periodo d’imposta, è previsto che:

  • la durata del periodo di rateazione venga estesa fino a un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, anche nei casi in cui, secondo le disposizioni previgenti, era ammessa solo la rateazione fino a un massimo di otto rate;
  • le sanzioni sono dovute nella misura del 3% (anziché del 30% ridotte a un terzo), senza alcuna riduzione, sulle imposte residue non versate o versate in ritardo. Restano dovuti gli interessi (anche di rateazione);
  • anche in questa ipotesi, in caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, la definizione non produce effetti e si procede all’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute con l’applicazione della sanzione nella misura ordinariamente prevista.

Regolarizzazione delle irregolarità formali con un pagamento di 200 euro

Nell’articolo 39 della bozza della legge di Bilancio si legge che le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti, di natura formale, che non rilevano sulla determinazione della base imponibile ai fini dell’Irpef, dell’Iva e
dell’Irap e sul pagamento di tali tributi, commesse fino al 31 ottobre 2022, possono essere regolarizzate mediante il versamento di una somma pari a 200 euro per ciascun periodo d’imposta cui si riferiscono le violazioni.

Questo pagamento va fatto in due rate di pari importo entro il 31 marzo 2023 e il 31 marzo 2024.

La posizione viene regolarizzata nel momento in cui vengono pagate le somme dovute e con la «rimozione delle irregolarità e omissioni». La procedura non può essere applicata dai contribuenti per l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato.

I dettagli dovranno essere stabiliti con un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.

La relazione tecnica della legge di Bilancio evidenzia che la disposizione può produrre effetti positivi di gettito, derivanti dai versamenti conseguenti alla regolarizzazione, che è ragionevole presumere superiori ai minori introiti derivanti dagli atti di irrogazione delle sanzioni per violazioni formali.

Ravvedimento speciale delle violazioni tributarie

Il governo si prende carico, ha continuato Leo durante la conferenza stampa, anche di chi ha presentato la dichiarazione ma per una serie di motivi non ha potuto mettere in evidenza tutti i redditi, e quindi le imposte dovute. Anche in questo caso, il contribuente dovrà pagare l’intero importo delle imposte dovute, con una sanzione del 5%. Il pagamento dovrà avvenire in due anni, a differenza del ravvedimento operoso che prevede il pagamento scontato ma in un anno.

L’articolo 40 della bozza della manovra riguarda «i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, le violazioni diverse da quelle definibili con gli articoli 37 e 38, riguardanti le dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e precedenti», possono essere regolarizzate con il pagamento di un diciottesimo del minimo edittale delle sanzioni irrogabili previsto dalla legge, oltre all’imposta e agli interessi dovuti.

Il versamento delle somme dovute può essere effettuato in otto rate trimestrali di pari importo con scadenza della prima rata il 31 marzo 2023. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del tasso legale. La regolarizzazione è consentita a condizione che le violazioni non siano state già contestate, alla data del versamento di quanto dovuto o della prima rata, con atto di liquidazione, di accertamento o di recupero, di contestazione e di irrogazione delle sanzioni, comprese le comunicazioni.

La regolarizzazione si perfeziona con il versamento di quanto dovuto, ovvero della prima rata entro il 31 marzo 2023 e con la rimozione delle irregolarità od omissioni. Il mancato pagamento, in tutto o in parte, di una delle rate successive alla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo degli importi ancora dovuti.

Anche in questo caso i dettagli operativi dovranno essere stabiliti da un provvedimento ad hoc dell’Agenzia delle Entrate.

La relazione tecnica stima che le violazioni oggetto della regolarizzazione speciale, riferite ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, ammontino ad un importo medio annuo pari a 65 miliardi di euro. Tale ammontare misura in ciascuno dei tre anni la parte di tax gap non ancora individuata dall’attività di accertamento e controllo, ovvero la differenza tra l’ammontare del tax gap non dichiarato e la maggiore imposta accertata complessiva.

Definizione agevolata degli atti di accertamento

Un altro tassello della tregua fiscale riguarda i contribuenti che hanno ricevuto un avviso di accertamento, per esempio un controllo da parte della Guardia di Finanza. Anche qui la regola è la stessa: la sanzione è del 5% e il pagamento può avvenire diluito in 5 anni. Due le possibilità:

  • l’acquiescenza, quindi accettare quanto detto dal Fisco;
  • ci si può sedere al tavolo con l’Amministrazione finanziaria e portare le proprie ragioni, e sulla base di un contraddittorio si può arrivare anche a un’imposta da pagare più bassa. L’obiettivo in questo caso, ha spiegato Leo, è realizzare una vera compliance, un rapporto più sereno tra contribuente e fisco.

L’articolo di riferimento è il numero 41 della bozza, in cui si legge che per gli accertamenti con adesione relativi a processi verbali di constatazione e consegnati entro la data del 31 marzo 2023, relativi ad avvisi di accertamento e avvisi di rettifica e liquidazione non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata di entrata in vigore della disposizione e quelli notificati successivamente, entro il 31 marzo 2023 le sanzioni si applicano nella misura di un diciottesimo del minimo previsto dalla legge.

Le previsioni si applicano anche agli atti di accertamento con adesione relativi agli inviti notificati entro il 31 marzo 2023. Gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata di entrata in vigore della disposizione in commento e quelli notificati dall’Agenzia delle Entrate successivamente, fino al 31 marzo 2023, sono definibili in acquiescenza, entro il termine previsto con la riduzione ad un diciottesimo delle sanzioni irrogate.

La norma riguarda la definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento adottati dall’Agenzia delle Entrate purché non impugnati e per i quali non siano decorsi i termini per presentare ricorso, nonché quelli notificati dall’Agenzia delle entrate entro la data del 31 marzo 2023.

Definizione agevolata delle controversie tributarie

Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello pendente presso la Corte di cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia.

In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90% del valore della controversia.

In caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore della presente disposizione, le controversie possono essere definite con il pagamento grazie alla deroga seguente:

  • del 40% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;
  • del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.

Entro il 30 giugno 2023 per ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta domanda di definizione esente dall’imposta di bollo ed effettuato un distinto versamento. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.

Conciliazione agevolata delle controversie tributarie

L’articolo 43 introduce una ipotesi di conciliazione agevolata delle controversie tributarie basata sulla tipologia di conciliazione “fuori udienza”, che si realizza con il deposito in giudizio – di primo o di secondo grado – di una “istanza congiunta”, cioè di una proposta di conciliazione alla quale l’altra parte abbia previamente aderito.

Possono essere conciliate in maniera agevolata le controversie pendenti alla data di entrata in vigore della norma, aventi ad oggetto atti impositivi, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate. Con la conciliazione agevolata invece dell’applicazione delle sanzioni nella misura del 40% del minimo previsto dalla legge in primo grado e nella misura del 50% del minimo previsto dalla legge in secondo grado, il pagamento delle sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge, degli interessi e degli eventuali accessori.

C’è anche la possibilità di rateizzare le somme dovute secondo la disciplina della dilazione degli importi dovuti a seguito di accertamento con adesione, ma con un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo. Non è ammesso il pagamento tramite compensazione. Il termine per il pagamento delle somme dovute o della prima rata deve avvenire entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo conciliativo.

Rinuncia agevolata dei giudizi tributari pendenti in Cassazione

L’articolo 44 prevede per le controversie tributarie aventi ad oggetto atti impositivi in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, un’ipotesi di rinuncia al ricorso per cassazione già disciplinata dall’articolo 390 Codice di procedura civile.

L’ipotesi agevolativa prevede che il ricorrente in cassazione possa rinunciare al ricorso a seguito di un accordo transattivo di tutte le pretese fiscali. L’accordo transattivo si perfeziona con la sottoscrizione e con l’integrale pagamento delle somme. Non è possibile il pagamento tramite compensazione.

La relazione tecnica specifica che alla data del 31 ottobre 2022, dalle basi dati dell’Agenzia risultano pendenti in Cassazione controversie per un valore complessivo pari a circa 13,8 miliardi di euro. Sulla base dei dati relativi ad ottobre 2022, la percentuale di vittoria in Cassazione per l’Amministrazione finanziaria è pari all’80% circa (media dell’ultimo triennio riferita agli importi decisi favorevolmente per l’Agenzia rispetto al totale degli importi contestati).

Regolarizzazione degli omessi pagamenti

Nell’articolo 45 della bozza si legge che è possibile regolarizzare l’omesso o carente versamento:

  • delle rate successive alla prima relative alle somme dovute a seguito di accertamento con adesione o di acquiescenza degli avvisi di accertamento, degli avvisi di rettifica e liquidazione, nonché a seguito di reclamo o mediazione, scadute alla data di entrata in vigore della disposizione e per le quali non è stata ancora notificata la cartella di pagamento ovvero l’atto di intimazione, mediante il versamento integrale della sola imposta;
  • degli importi, anche rateali, relativi alle conciliazioni di cui agli articoli 48 e 48-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, scaduti alla data di entrata in vigore della presente disposizione e per i quali non è stata ancora notificata la cartella di pagamento ovvero l’atto di intimazione, mediante il versamento integrale della sola imposta.

La regolarizzazione si perfeziona con l’integrale versamento di quanto dovuto entro il 31 marzo 2023 oppure in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo con scadenza della prima rata il 31 marzo 2023.

Sull’importo delle rate successive alla prima, con scadenza il 30 giugno, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno, sono dovuti gli interessi legali calcolati dal giorno successivo a termine per il versamento della prima rata. È esclusa la compensazione.

Quali cartelle vengono cancellate?

L’ultimo tassello della tregua fiscale riguarda le cartelle esattoriali di importo inferiore a mille euro vecchie di almeno 7 anni, quindi risalenti al 2015. Si tratta di cartelle comunque inesigibili, che vanno a impattare ancora di più nel magazzino della Riscossione che ammonta a 1132 miliardi di carichi affidati all’AdeR e di cui, secondo la Corte dei conti, è recuperabile solo il 6-7%.

Bisogna quindi smaltire l’inesigibile, continua Leo, come i carichi dei soggetti deceduti o falliti.

Nello specifico, l’articolo 46 stabilisce che «sono automaticamente annullati, alla data del 31 gennaio 2023, i debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore della presente legge, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015».

Cartelle affidate alla Riscossione dal 2020 al 30 giugno 2022

Per gli importi superiori a mille euro, invece, si dovrà pagare tutta l’imposta, senza sanzioni, senza interessi e con una rateizzazione in cinque anni.

Per quanto riguarda i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 possono essere estinti senza corrispondere le somme affidate all’agente della riscossione a titolo di interessi e di sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni.

Il pagamento delle somme è effettuato in unica soluzione, entro il 31 luglio 2023, o nel numero massimo di diciotto rate, la prima e la seconda delle quali, ciascuna di importo pari al 10% delle somme complessivamente dovute ai fini della definizione, scadenti rispettivamente il 31 luglio e il 30 novembre 2023. Le restanti, di pari ammontare, scadenti il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024.

In caso di pagamento rateale, sono dovuti, a decorrere dal 1° agosto 2023, gli interessi al tasso del 2% annuo. Entro 20 giorni dal 1° gennaio 2023 l’Agenzia delle Entrate dovrà pubblicare le modalità di richiesta da parte del contribuente, che dovrà fare un’apposita dichiarazione entro il 30 aprile 2023.

A seguito della presentazione della dichiarazione, relativamente ai carichi definibili che ne costituiscono oggetto:

  • sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza;
  • sono sospesi, fino alla scadenza della prima o unica rata delle somme dovute a titolo di definizione, gli obblighi di pagamento derivanti da precedenti dilazioni in essere alla data di presentazione;
  • non possono essere iscritti nuovi fermi amministrativi e ipoteche, fatti salvi quelli già iscritti alla data di presentazione;
  • non possono essere avviate nuove procedure esecutive;
  • non possono essere proseguite le procedure esecutive precedentemente avviate, salvo che non si sia tenuto il primo incanto con esito positivo;
  • il debitore non è considerato inadempiente ai fini di cui agli articoli 28-ter e 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;
  • si applica la disposizione di cui all’articolo 54 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ai fini del rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 30 gennaio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 1° giugno 2015.

Entro il 30 giugno 2023, l’agente della riscossione comunica ai debitori che hanno presentato la dichiarazione di cui al comma 5 l’ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, e il numero di rate, con la scadenza di ognuna di esse.

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