Tari più bassa per i negozi, ma la scelta spetta ai Comuni

Rosaria Imparato

29/04/2020

30/08/2021 - 09:44

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Tari più bassa per i negozi, ma spetta ai Comuni decidere se concedere o meno l’agevolazione alle attività commerciali in difficoltà economica. Vediamo i dettagli nella nota dell’Ifel del 24 aprile, in cui si chiarisce come applicare la riduzione.

Tari più bassa per i negozi, ma la scelta spetta ai Comuni

Tari più bassa per i negozi: la possibilità di riduzione della tassa sui rifiuti è nelle mani dei Comuni.

Anche se il servizio di raccolta dei rifiuti è rimasto attivo, e dunque non c’è stata una riduzione dei costi, in una nota l’Ifel -Istituto di finanza locale dell’Anci- ha spiegato come le amministrazioni locali possano concedere delle agevolazioni sulla Tari anche se non espressamente previste dal decreto Cura Italia.

Uno sconto sulla tassa sui rifiuti dovuto all’emergenza sanitaria, visto che moltissime attività sono chiuse da mesi in osservanza delle misure di contenimento del contagio.

Ma se i prezzi per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti sono rimasti pressoché identici rispetto a prima della crisi, come fanno i comuni ad offrire uno sconto sulla Tari ai negozi? È la stessa nota dell’Ifel ad offrire soluzioni: vediamo dunque quali sono.

Tari più bassa per i negozi, ma la scelta spetta ai Comuni

La proposta di abbassare la Tari per i negozi viene da Ifel, l’Istituto di finanza locale dell’Anci. Più che una proposta, si tratta di un chiarimento in merito alle agevolazioni che i Comuni possono concedere alle loro attività commerciali.

Tantissime attività infatti sono chiuse da mesi, e solo una parte di esse potrà riaprire il 4 maggio. Mentre la maggior parte delle imprese non produce ricavi, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti continua a essere attivo.

Anche se i rifiuti prodotti dalle attività sono diminuiti o azzerati, visto che il servizio di raccolta non si è mai fermato i costi sono sempre gli stessi. Eppure arriva dall’Ifel una nota, pubblicata il 24 aprile, in cui si chiarisce che i Comuni possono accordare uno sconto sulla Tari nei confronti delle attività commerciali.

Nota di chiarimento Ifel del 24 aprile 2020
La facoltà di disporre riduzioni del prelievo sui rifiuti anche in relazione all’emergenza da virus COVID-19

Anche se non rientra tra le agevolazioni prevista dal decreto Cura Italia, i Comuni possono determinare una riduzione della Tari partendo dalle utenze non domestiche, facendolo così rientrare tra le “riduzioni atipiche” di tariffa, ovvero andando a tagliare i costi che non hanno attinenza specifica con il servizion rifiuti.

L’idea è quella di applicare il “metodo ARERA”, così da derogare provvisoriamente alle regole di determinazione delle tariffe in rapporto all’integrale copertura dei costi del servizio.

Lo scopo ovviamente è quello di andare a sostenere le fasce più deboli: l’agevolazione quindi sarà rivolta a rivolte a specifiche categorie economiche o a fasce di utenza domestica colpite dalle conseguenze dell’emergenza.

Lo sconto sulla Tari verrebbe finanziato tramite entrate del bilancio dei Comuni: ad esempio, risorse provenienti dalla lotta all’evasione, o da altre entrate “anche straordinarie” dell’ente locale.

Tari più bassa per i negozi: come funziona?

La nota dell’Ifel procede poi con le modalità di determinazione delle agevolazioni. Lo sconto sulla Tari dovrà far parte della delibera di determinazione delle tariffe, approvata entro il 30 giugno.

Anche nell’ipotesi in cui il Comune intenda confermare le stesse tariffe approvate nel 2019 per il 2020, non cambiano modalità e scadenza di presentazione e approvazione della delibera.

Per evitare difficoltà di finanziamento dello sconto sulla Tari, l’Ifel consiglia di procedere in due tempi:

  • innanzitutto, stabilire delle proroghe per il pagamento destinate alle categorie più colpite dalla chiusura forzata dell’attività o dalla crisi economica;
  • entro il 30 giugno adottare misure agevolative sostanziali.

Infine, l’Ifel sostiene che tali agevolazioni possono essere applicate fin da subito. Ricordando l’articolo 15-bis del dl n. 34 del 2019, con l’inserimento di un nuovo comma 15-ter all’art. 13 del dl n. 201 del 2011, la disposizione è la seguente:

“i versamenti dei tributi diversi dall’imposta di soggiorno, dall’addizionale comunale all’IRPEF, dall’IMU e dalla TASI la cui scadenza è fissata dal comune prima del 1° dicembre di ciascun anno devono essere effettuati sulla base degli atti applicabili per l’anno precedente. I versamenti dei medesimi tributi la cui scadenza è fissata dal comune in data successiva al 1° dicembre di ciascun anno devono essere effettuati sulla base degli atti pubblicati entro il 28 ottobre, a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno, con eventuale conguaglio su quanto già versato.”

L’interpretazione letterale della norma porterebbe a pensare che il contribuente prima debba versare quanto dovuto rispetto all’anno precedente, e poi a chiedere il rimborso. Una lettura illogica, sbagliata sia perché andrebbe a complicare un sistema burocratico già saturo, sia perché aggraverebbe la situazione economica del contribuente in un momento di crisi come questo.

L’Ifel invece ritiene che tale disposizione si riferisca solo agli relativi alle tariffe ed aliquote applicate per l’anno precedente, non alle riduzioni, stabilite dal regolamento o dalla delibera tariffaria.

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