Tari, la tassa sui rifiuti potrebbe raddoppiare nel 2021 a causa delle novità previste dal decreto legislativo 116/2020, che elimina per i Comuni la possibilità di disporre l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani e detassa le attività produttive.
Tari, il rischio di un aumento dei prezzi nel 2021 si fa sempre più concreto. La responsabilità deriva dal decreto sull’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani, che elimina la tassa per le attività produttive.
La conseguenza è il rincaro sulle utenze domestiche e per le altre categorie a partire dal 2021, perché se diminuiscono i soggetti che pagano, chi continua a versare la tassa sui rifiuti dovrà compensare.
Inoltre, arriva proprio dal presidente di Arera l’allarme sulla trasparenza della bolletta della Tari: con le nuove regole messe in campo dal decreto legislativo 116/2020 sarà ancora più difficile per i contribuenti risalire a un eventuale illecito.
Tari, aumenti nel 2021: il rischio è che si raddoppi la tassa sui rifiuti
Il rischio di un aumento dei prezzi nel 2021 coinvolge la Tari, la tassa sui rifiuti. Come riporta il Sole 24 Ore del 21 settembre 2020, il decreto legislativo 116/2020 che attua le norme europee sull’“economia circolare” stavolge completamente la tassa sui rifiuti.
Il decreto legislativo 116/2020 elimina per i Comuni la possibilità di disporre l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani: la conseguenza è la detassazione delle attività produttive.
Tale decreto quindi da un lato liberalizza la gestione dei rifiuti assimilati, e dall’altro toglie agli Enti Locali la possibilità di decidere le assimilazioni, quindi in pratica i regolamenti sulla Tari vengono stravolti.
Visto che non c’è alcuna previsione di un cambiamento dei costi complessivi per il prossimo anno, la diminuzione dei soggetti paganti comporta un aumento dei prezzi per tutte le altre categorie, a partire dalle utenze domestiche: i prospetti “ottimistici” in alcuni casi parlano addirittura di un raddoppio della Tari.
Il nuovo decreto legislativo stabilisce che le utenze non domestiche possono conferire i propri rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico, se prima dimostrano -con la relativa attestazione- di averli avviati al recupero. La novità del decreto si lega alla nuova definizione di rifiuto urbano, in cui rientrano anche i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata.
I rifiuti che rientrano in tale nuova definizione sono inseriti in un nuovo allegato. Da questo elenco sono state escluse le attività industriali con capannoni di produzione, poiché non producono rifiuti urbani.
Tutte le altre categorie invece dovranno distribuirsi il costo delle tariffe, sulle quali tra l’altro è già previsto un aumento per il 2021.
Tari, raddoppia la tassa nel 2021: e la trasparenza della bolletta?
Il nuovo decreto va ad “affaticare” una situazione già compromessa: è di pochi giorni fa l’allarme sulla mancata trasperenza nelle bollette della Tari a opera del presidente di Arera Stefano Besseghini.
Spesso infatti nella bolletta non sono indicati i singoli componenti per cui si paga, e quindi è anche impossibile, per il cittadino, risalire a un eventuale illecito.
Ma soprattutto non è chiaro come si calcola l’imposta: ad oggi, nessuno calcola con esattezza quanti rifiuti produce la singola famiglia o impresa, perché quando le misurazioni avvengono (quando e se avvengono) sono in volume e non in peso.
Con le novità introdotte dal decreto legislativo 116/2020 aumenteranno i costi anche delle utenze domestiche, e se non si interviene sulla modalità di calcolo della tassa sui rifiuti (così come sulla definizione della stessa in bolletta) si prevede un 2021 davvero poco entusiasmante per i contribuenti.
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