Stipendio non pagato dall’azienda in crisi: quali tutele per il dipendente?

Claudio Garau

19 Luglio 2022 - 13:22

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La crisi economica pesa come un macigno su molte aziende e perciò possono verificarsi dei problemi che impediscono di versare lo stipendio. Come può tutelarsi il lavoratore?

Stipendio non pagato dall’azienda in crisi: quali tutele per il dipendente?

Di seguito intendiamo occuparci di un tema purtroppo piuttosto frequente e delicato al contempo. Ci riferiamo allo stipendio non pagato. Oggi infatti anche per la persistente crisi economica e gli aumenti generalizzati dei costi, non poche aziende non sono in grado di rispettare gli impegni a suoi tempo presi con i propri lavoratori subordinati.

D’altronde la legge parla chiaro: lo Stato non consente al datore di lavoro di dare la precedenza al pagamento delle retribuzioni rispetto alle tasse, in un momento di difficoltà finanziaria dell’impresa. La prassi dei rapporti di lavoro ci indica quindi che gli stipendi sono posti in secondo piano, a causa del timore di una condanna penale per evasione fiscale - emessa contro l’azienda in difficoltà economica.

Tuttavia il lavoratore può legittimamente tutelarsi quando non vede accreditato lo stipendio: ecco perché è preferibile sapere in anticipo come muoversi e quali passi compiere in evenienze come queste. Insomma, in che modo recuperare lo stipendio non pagato? Si tratta di un problema che anche quest’anno attanaglia molti lavoratori.

In caso di crisi aziendale i primi a farne le spese sono i dipendenti, i cui stipendi sono diminuiti, pagati in ritardo oppure in modo irregolare. Nel caso peggiore i lavoratori non vedranno alcun compenso per il lavoro svolto, ed è proprio ciò su vogliamo soffermarci ora. Quali tutele scattano in caso di stipendio non pagato dall’azienda in crisi? Scopriamolo insieme.

Azienda in crisi e stipendio non pagato: attenzione al momento della consegna della busta paga

Più avanti vedremo quali sono gli strumenti previsti dalla legge per garantirti il diritto allo stipendio, anche nei casi in cui la tua azienda in crisi non è stata finora in grado di pagare lo stipendio, come pattuito in contratto. Prima però intendiamo focalizzarci su un momento anteriore rispetto a quello del versamento dello stipendio, e ci riferiamo alla consegna della busta paga.

Devi prestare molta attenzione a questa fase, perché essa è caratterizzata da aspetti che sono in grado di incidere sull’eventuale fase successiva del recupero delle somme dovute. Infatti, tra i datori di lavoro è abbastanza comune la pratica di far firmare al lavoratore la busta paga alla data della consegna della stessa.

In particolare vi sono due tipologie diverse di sottoscrizione:

  • per ricevuta, con cui il dipendente ammette di aver ricevuto il cedolino paga;
  • per accettazione e quietanza, con la quale di fatto si presume che lo stipendio sia stato in concreto pagato dall’azienda.

Come puoi agevolmente intuire, la seconda sottoscrizione non aiuta il lavoratore sul piano del recupero della somma e dello stipendio non pagato, ma è pur vero che sul punto i giudici hanno rilevato che detta presunzione può essere sempre contestata dal dipendente anche con prova testimoniale. D’altra parte però, in ipotesi di sottoscrizione della busta paga per quietanza, l’iter da percorrere per recuperare il credito sarà più articolato e complesso, in considerazione del fatto in dette circostanze non è percorribile la strada dell’emissione del decreto ingiuntivo (di cui tra poco parleremo).

Ecco perché come lavoratore subordinato farai bene a ricordare di firmare la busta paga soltanto «per ricevuta e presa visione» e non per quietanza. Ciò servirà ad assicurarti maggior tutela in futuro.

Il sollecito al datore di lavoro in caso di stipendio non pagato

Dopo aver chiarito questo importante punto ti ricordiamo che, in ipotesi di ritardato e/o mancato pagamento dello stipendio, il primo passo da compiere è rivolgersi al proprio datore di lavoro, con un sollecito bonario scritto. Esso sarà mirato ad ottenere finalmente il pagamento dello stipendio spettante per la prestazione svolta.

Nel caso in cui i solleciti bonari non dovessero raggiungere lo scopo, il passo successivo sarà quello di rivolgersi ad un avvocato per mettere in mora l’azienda - intimando alla stessa di procedere col pagamento delle somme dovute. Di fatto con la presenza del legale la finalità è quella di recuperare quanto spettante, lasciando trasparire al datore quelle che potranno essere le conseguenze nel caso il lavoratore non ottenga il suo obiettivo.

E infatti, qualora anche ciò non basti, come lavoratore subordinato ti rimarranno due possibili strade da seguire: da un lato le vie legali e l’apertura di una causa vera propria in tribunale mentre, dall’altro, il tentativo di conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro. Vediamo separatamente questi percorsi con cui il lavoratore può tutelare il suo legittimo diritto a ricevere lo stipendio non pagato.

Conciliazione sindacale o dinanzi all’Ispettorato del lavoro: come funziona in sintesi

Prima di rivolgersi al giudice, il lavoratore potrà fare riferimento sia ai sindacati che all’Itl (Ispettorato territoriale del lavoro). Ciò al fine di tentare – innanzi alle rappresentanze sindacali delle due parti – una conciliazione con l’azienda. Tuttavia non è un iter obbligatorio e può essere ’saltato’ per andare subito in tribunale.

Se sceglierai questo percorso, sappi che il datore di lavoro sarà invitato a presentarsi in una data comunicata dallo stesso sindacato o dall’Ispettorato, nella finalità di trovare un bonario componimento tra le parti ed evitare di fare causa. La procedura è priva di particolari formalismi o costi e comunque mira a garantire tutela della tua legittima pretesa, in caso di stipendio non pagato.

Iter del decreto ingiuntivo con ricorso al tribunale del lavoro

Laddove il dipendente intenda trovare tutela grazie alla figura del giudice, potrà scegliere il cd. procedimento per l’emissione di un decreto ingiuntivo, facendo ricorso apposito presso il tribunale del lavoro competente.

Al di là delle tempistiche spesso molto lunghe della giustizia in Italia, ti ricordiamo che questa procedura si caratterizza per una maggior brevità rispetto alla prassi delle cause. Il percorso in oggetto infatti consente al lavoratore, con il contratto di lavoro o la lettera di assunzione e la busta paga, di conseguire dal giudice del lavoro l’emissione di un provvedimento come il decreto ingiuntivo. Esso va a diretto vantaggio di colui che reclama lo stipendio non pagato dall’azienda in crisi.

Ebbene sì, il decreto ingiuntivo ha una grande importanza per te che ancora non hai ancora visto i soldi che ti spettano come compenso. Con esso è ordinato al datore di lavoro di saldare il debito entro 40 giorni, o immediatamente in caso di urgenza (e nelle circostanze dei crediti da lavoro è un’eventualità di certo non infrequente).

Attenzione però: contro detto provvedimento l’azienda può fare opposizione, nel caso in cui ritenga che vi siano motivi idonei a giustificare lo stipendio non pagato. In questo caso, la conseguenza sarà lo svolgimento di una causa per l’accertamento del credito. Ma se non vi sarà opposizione l’ingiunzione diventerà definitiva e il decreto farà valere tutti i suoi effetti, a tuo favore.

Che succede se l’azienda continua a non pagare anche dopo il decreto ingiuntivo?

Ovviamente le tutele per il dipendente non finiscono qui. Poniamo il caso che l’azienda in crisi continui a non pagare il dovuto, anche dopo l’emissione del decreto ingiuntivo. Ebbene, laddove l’inadempienza del datore di lavoro permanga anche dopo la formale notificazione dell’ingiunzione di pagamento, tu come lavoratore subordinato potrai scegliere di agire esecutivamente contro l’azienda datrice di lavoro che non ha rispettato i propri impegni.

Potrai farlo di fatto aggredendo i beni di proprietà di quest’ultima fino alla soddisfazione del tuo credito, ovvero fino ad ottenere integralmente quanto ti spetta (pignoramento) per stipendio non pagato. Il nostro ordinamento indica in particolare tre tipi di procedimento esecutivo: immobiliare, in cui sono gli immobili del debitore ad essere sottoposti ad esecuzione; mobiliare, nel quale finiscono nel mirino i beni mobili come ad es. i gioielli; presso terzi, in cui il creditore aggredisce i beni del debitore che sono nella disponibilità di terzi (pensiamo ad es. al conto corrente).

Come comportarsi in ipotesi di mancanza di beni pignorabili?

Potrebbe però verificarsi il caso della mancanza di beni utilmente pignorabili, in modo tale da garantire comunque al lavoratore di ottenere l’equivalente degli stipendi non pagati dall’azienda. Che fare in queste circostanze? Come tutelare i crediti da lavoro? Ebbene, il lavoratore che effettua istanza di fallimento contro l’azienda o, nel caso in cui quest’ultima non faccia parte dell’elenco dei soggetti fallibili, provi di aver inutilmente posto in essere azioni esecutive contro l’azienda, potrà fare riferimento al Fondo di Garanzia del TFR e dei Crediti di Lavoro.

Esso consiste in un particolare meccanismo grazie al quale entra in gioco una ulteriore tutela per il dipendente in caso di stipendio non pagato. Ecco perché è opportuno parlarne: il Fondo di fatto provvederà a rimborsarti gli ultimi tre stipendi e il TFR. Mentre per la rimanente parte del credito, se sussistente, in caso di fallimento del datore di lavoro sarà necessario fare la cosiddetta domanda di insinuazione al passivo del fallimento. Ciò al fine di ottenere quanto spettante dall’eventuale ricavato.

Dimissioni per giusta causa in caso di mancato pagamento dello stipendio: è possibile?

Vediamo infine un quesito pratico che sicuramente interesserà tutti i lavoratori che hanno a che fare con un’azienda in crisi e con stipendi non versati. Il dipendente può dare le dimissioni senza preavviso per stipendio non pagato? Ebbene, rispondiamo che ciò è possibile poiché in detta evenienza il lavoratore:

  • può esercitare il suo diritto alle dimissioni volontarie per giusta causa,
  • senza dover versare la cd. l’indennità di mancato preavviso.

Secondo la giurisprudenza, è dopo l’omesso versamento di almeno due stipendi che il lavoratore può dimettersi per giusta causa e conseguire la Naspi dall’Inps.

Attenzione però: nella comunicazione relativa alle dimissioni, dovrai indicare chiaramente il motivo dell’interruzione del rapporto di lavoro, vale a dire il mancato pagamento dello stipendio che ha irrimediabilmente incrinato il legame di fiducia con l’azienda. Peraltro per questa via potrai anche godere del sussidio di disoccupazione, e questo non è di certo un dettaglio irrilevante.

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