Smart working e rischi per salute e privacy del lavoratore: il Parlamento UE indica le regole da seguire

Claudio Garau

11/07/2022

13/07/2022 - 12:11

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Il Parlamento UE chiede alle istituzioni europee e agli Stati membri di regolamentare ulteriormente lo smart working, per tutelare la salute dei lavoratori. I rilievi della recente risoluzione.

Smart working e rischi per salute e privacy del lavoratore: il Parlamento UE indica le regole da seguire

Lo smart working - detto anche ’lavoro agile’ o ’lavoro da remoto’ - è stato ’scoperto’ e apprezzato da non pochi lavoratori, durante il periodo delle restrizioni legate alla pandemia. Ecco perché oggi il lavoro agile non rappresenta più una novità. Di fatto nel periodo pre diffusione del coronavirus, il lavoro a distanza era già compiutamente definito dalle norme di legge, ma applicato più che altro nelle multinazionali o nelle aziende di dimensioni molto grandi.

Negli ultimi tempi le cose sono enormemente cambiate rispetto anche solo a qualche anno fa, e molte aziende hanno recentemente iniziato ad utilizzare lo smart working, apprezzandone gli indubbi vantaggi. Tuttavia il Parlamento UE, oltre ad aver riconosciuto i vantaggi del lavoro da casa - pensiamo ad es. alla gestione del tempo e all’autonomia - ha però anche posto l’accento sui pericoli per la salute, legati all’utilizzo del lavoro agile. Ecco perché ha ritenuto opportuno chiedere agli Stati membri - Italia compresa - di fare di più in materia e introdurre nuove regole. La plenaria di Strasburgo ha in particolare chiarito che a te, come lavoratore alle dipendenze, va garantito il diritto alla disconnessione.

Vediamo allora più da vicino queste interessanti indicazioni che arrivano dalle istituzioni UE, non prima però di averti ricordato in sintesi che cosa si deve intendere per smart working e qual è la fonte normativa di riferimento in Italia. I dettagli.

Smart working: che cos’è in breve e la legge di riferimento

Come ci indica il sito web del Ministero del Lavoro, lo smart working consiste in una modalità di svolgimento del rapporto di lavoro dipendente, caratterizzata fondamentalmente dai seguenti elementi:

  • mancanza di vincoli orari o spaziali;
  • organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, determinata grazie ad un accordo tra dipendente e datore di lavoro.

Di per sé, il lavoro agile rappresenta una modalità che aiuta il lavoratore a combinare i tempi di vita e lavoro e, allo stesso tempo, contribuisce a far crescer la sua produttività, responsabilizzandolo maggiormente.

In particolare, la definizione di smart working si trova nella legge n. 81 del 2017, la quale parla espressamente di flessibilità organizzativa, volontà delle parti che firmano l’accordo individuale e uso di strumentazioni per il lavoro da remoto (come ad es. pc portatili, tablet e smartphone).

Se sei un lavoratore subordinato, molto probabilmente ti interesserà sapere che a tutti i lavoratori agili la legge vigente garantisce parità di trattamento - economico e normativo - rispetto ai loro colleghi, che svolgono la prestazione con modalità tradizionali. Pertanto, non dimenticare che anche per tutti i lavoratori in smart working è prevista tutela in ipotesi di infortuni e malattie professionali.

La risoluzione della plenaria di Strasburgo non lascia dubbi: servono correttivi per il lavoro agile

Lo abbiamo accennato all’inizio, lo smart working è caratterizzato da indubbi vantaggi per azienda e lavoratore, ma ciò non ha impedito al Parlamento UE di emettere una risoluzione - adottata con 501 voti a favore, 47 contrari e 85 astensioni - che intende avvisare sulle insidie comunque presenti nel lavoro da remoto.

Ebbene sì, se sei un lavoratore alle dipendenze e magari hai già sperimentato lo smart working, sappi che la raccomandazione dell’Unione Europea è un atto molto importante. Con esso il Parlamento UE ha da un lato riconosciuto i benefici del lavoro da casa, ma dall’altro ha anche sottolineato i “rischi significativi per la salute derivanti da un’eccessiva connessione, da un’attenuazione dei confini tra lavoro e vita privata e da una maggiore intensità lavorativa o ‘tecnostress’, lo stress legato all’uso della tecnologia sul lavoro”.

Non solo. I deputati del Parlamento UE chiedono altresì una direttiva ad hoc, che faccia il punto sugli standard e le condizioni minime di tutela per lo lo smart working. Obiettivo è infatti anche assicurare a tutti i lavoratori l’effettivo diritto alla disconnessione e regolare l’utilizzo degli strumenti digitali ai fini della prestazione di lavoro e dell’equilibrio con la vita privata.

Quali rischi sono insiti nello smart working? Le indicazioni del Parlamento UE

Nell’ambito della risoluzione in oggetto sono toccati aspetti che hanno indotto il Parlamento UE a chiedere agli Stati membri di introdurre ulteriori regole in materia, in senso maggiormente garantistico per i lavoratori. Quali sono i ’punti deboli’ dello smart working secondo l’Europa? Vediamoli di seguito in sintesi:

  • le minacce al diritto alla privacy del singolo, correlate al controllo a distanza del lavoratore tramite software apposito;
  • i rischi per la salute mentale del lavoratore, derivanti da un uso eccessivo, improprio e sregolato del lavoro agile;
  • l’isolamento, che, almeno su alcune persone, potrebbe avere conseguenze negative anche nella sfera privata;
  • la mancanza della garanzia del diritto alla disconnessione;
  • le modifiche agli orari di lavoro.

Altri elementi fonte di stress, secondo il Parlamento UE, sono l’insicurezza finanziaria, il timore della disoccupazione, l’accesso limitato all’assistenza sanitaria e l’inadeguatezza dell’organizzazione del lavoro post pandemia. Ecco perché ti deve essere chiaro che, su questi temi, un intervento a livello nazionale è certamente auspicabile.

Diritto alla disconnessione e smart working

Come hai avuto modo di notare, tra i diritti da assicurare al dipendente che lavora a distanza vi è quello alla disconnessione. Garantirlo significa impedire che vita privata e vita professionale si mescolino, specialmente in orari non tipici della prestazione di lavoro.

Se lavori in smart working, farai bene a ricordare che esiste il diritto di ogni dipendente di disconnettersi dal lavoro e di non ricevere o rispondere a qualsiasi e-mail, chiamata, o messaggio al di fuori dell’orario di lavoro. Non devi dimenticare infatti che nelle aziende potrebbero crearsi aspettative implicite o esplicite circa il controllo dei messaggi di posta elettronica a casa e anche di notte, oppure nei weekend o nelle vacanze. Ebbene, un collegamento costante e la mancanza di effettiva separazione tra lavoro e vita privata porta degli indubbi pericoli per la salute: pensiamo ad es, alla depressione o all’ansia.

Ecco perché il Parlamento UE ha posto l’accento anche sul diritto alla disconnessione. Esso è un pilastro per la tutela della salute del lavoratore ed anzi, se garantito, consentirà a quest’ultimo il giusto recupero delle energie e successive migliori performance.

Conclusioni

Forse avrai avuto modo di sperimentarlo anche tu come lavoratore, oggi questa modalità di svolgimento della prestazione è stata già utilizzata anche da moltissime imprese medio-piccole. Queste - non dobbiamo dimenticarlo - nel nostro paese costituiscono il 90% del totale dei datori di lavoro. Nella fase più difficile della pandemia quasi 9 milioni di occupati hanno lavorato da remoto, riducendosi le perdite e consentendo alle aziende di proseguire le attività produttive e salvare posti di lavoro.

La differenza di crescita rispetto al passato è stata del tutto netta, se si pensa che nel 2019 gli smart worker italiani raggiungevano a mala pena la soglia delle 570mila unità. Nel 2021 i dati hanno indicato invece ben 7,2 milioni di lavoratori a distanza, tramite pc e connessione internet. Di certo si tratta di una svolta e di una sorta di ’rivoluzione’ delle modalità di svolgimento delle mansioni di cui al proprio contratto di lavoro. Insomma- pur alla luce delle indicazioni che provengono dal Parlamento UE - il lavoro agile ha portato oggettivi benefici sia per i profitti aziendali, sia per i singoli lavoratori.

Ma è altrettanto vero che, alla luce dei rilievi e delle critiche mosse dal Parlamento UE nella recente risoluzione, è emersa la necessità di regolare maggiormente lo smart working, anche e soprattutto a livello nazionale. Ciò nell’espressa finalità di tutelare il diritto alla salute dell’uomo, che trova fondamento all’art. 32 della Costituzione.

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