Pensioni tagliate dalla legge di Bilancio 2023: ecco quanto si perde

Alessandro Nuzzo

26/11/2022

27/12/2022 - 14:46

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Il taglio deciso dal governo al meccanismo di perequazione farà perdere diversi soldi soprattutto per le pensioni oltre una certa soglia.

Pensioni tagliate dalla legge di Bilancio 2023: ecco quanto si perde

Brutte notizie per i pensionati italiani. Secondo i calcoli dello Spi Cgil le pensioni più alte dopo la decisione del governo di tagliare il meccanismo di perequazione, subiranno dei tagli. Infatti se è vero che le pensioni minime oggi fissate a 524 euro subiranno un incremento più alto del previsto sino al 120% e un maggior recupero dell’inflazione maturata nel corso del 2022, c’è da dire anche che più si salirà con gli importi, più il recupero calerà. Ad essere penalizzati saranno quindi i pensionati che percepiscono un assegno alto. Vediamo chi.

Tagli alle pensioni più alte con il nuovo meccanismo introdotto dal Governo

Nella bozza della manovra di bilancio inviata a Bruxelles per l’approvazione, il nuovo esecutivo ha rivisto il meccanismo di rivalutazione delle pensioni al costo della vita. Questa prima era a 3 fasce e prevedeva:

  • rivalutazione del 100% per i trattamenti fino a 4 volte il trattamento minimo Inps (circa 525 euro);
  • rivalutazione del 90% per i trattamenti superiori a 4 volte e fino a 5 volte il minimo;
  • rivalutazione del 75% per i trattamenti superiori a 5 volte il minimo.

A partire dal 1° gennaio 2023 la rivalutazione delle pensioni è stata divisa in 6 fasce che prevede un bonus per le pensioni minime, poi man mano che si sale con gli importi una percentuale di rivalutazione sempre inferiore. Ecco le nuove fasce:

  • rivalutazione del 100% per i trattamenti fino a circa 2.100 euro;
  • rivalutazione dell’80% per i trattamenti inferiori o pari a 2.625 euro;
  • rivalutazione del 55% per i trattamenti tra 2.626 e 3.150 euro;
  • rivalutazione del 50% per i trattamenti tra 3.151 e 4.200 euro;
  • rivalutazione del 40% per i trattamenti tra 4.201 e 5.250 euro;
  • rivalutazione del 35% per i trattamenti oltre 5.250 euro.

In questo modo a guadagnarci saranno le pensioni minime che, non arriveranno a 600 euro come si era vociferato nel consiglio dei ministri di lunedì scorso, ma si fermeranno a 570. Si tratta di una platea di circa 2,5 milioni di pensionati. I pensionati che arrivano fino a 4 volte la pensione minima andranno bene e recupereranno il 100% dell’inflazione. Poi iniziano i tagli via via sempre più alti man mano che aumenta l’importo dell’assegno mensile. Secondo le stime dello Spi Cgil, questi pensionati perderanno fino a 1.200 euro all’anno di potere d’acquisto.

Perché il governo ha deciso di tagliare il meccanismo di perequazione?

Per far cassa e finanziare le misure di uscita anticipata dal lavoro come Quota 103, Opzione donna e l’Ape sociale. Il primo caso prevede l’entrata in pensione con 62 anni d’età e 42 di contributi ma c’è comunque un tranello che il pensionato deve valutare bene. L’importo del suo assegno sarà infatti tagliato fino a quando non raggiungerà i requisiti pieni per la pensione, ovvero 67 anni di età o 42 e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi le donne. Per Opzione donna viene innalzato il requisito minimo d’età da 59 a 60 anni ma si introduce uno sconto di un anno per le lavoratrici con un solo figlio e di due anni per chi ha due o più figli.

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