Patto commissorio, cos’è e come funziona

Caterina Gastaldi

16 Novembre 2022 - 11:36

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Il patto commissorio è una tipologia di accordo vietata in Italia. Il motivo è la necessità di tutelare gli interessi del debitore, oltre che del creditore.

Patto commissorio, cos’è e come funziona

Quando si chiede un prestito tramite pegno o ipoteca viene utilizzato un oggetto (mobile o immobile) come garanzia. Questo serve per la sicurezza del creditore. In tali situazioni si può sentir parlare di patto commissorio e patto marciano. Il secondo è una tipologia di patto consentita dalla legge. Il patto commissorio, invece, è vietato.

Il motivo principale è semplice. Attraverso l’uso del patto commissorio non vengono tutelati gli interessi del debitore. Al contrario, nel caso in cui venisse utilizzato, il creditore potrebbe scegliere di approfittarsi del momento di difficoltà di chi sta chiedendo il prestito.

Se è vero che la legge italiana mette a disposizione diversi mezzi perché la parte creditrice possa proteggere i propri interessi, questo vale anche per i debitori. Ma come funziona di preciso il patto commissorio, e quali sono le differenze con quello marciano? Quali conseguenze può avere quando viene utilizzato in un prestito?

Cos’è il patto commissorio

Come abbiamo accennato, quando si chiede un prestito attraverso pegno o ipoteca, si utilizzano dei beni come garanzia. Questi beni, che possono essere mobili (nel caso del pegno) o immobili (per l’ipoteca), servono proprio per garantire alla parte creditrice la possibilità di rientrare in possesso di quanto prestato.

Nel caso in cui il debitore non riuscisse a pagare i suoi debiti, il creditore potrebbe rivalersi sugli oggetti in questione. Tuttavia, per poter rientrare in possesso del denaro prestato, il creditore dovrà vendere all’asta i beni dati in pegno o in ipoteca. Saranno i ricavi ottenuti attraverso l’asta giudiziaria a ripagare il debito, e non direttamente gli oggetti. Non solo, il creditore, attraverso l’asta, può rientrare in possesso solo di ciò che ha prestato.

Il patto commissorio funziona in modo opposto: nel momento in cui il debitore non può pagare, la parte creditrice diventa direttamente proprietaria del bene.

In pratica, verrebbe evitata la vendita all’asta dell’oggetto. Il problema sta nel fatto che l’oggetto in questione può avere un valore maggiore rispetto al valore del prestito. Quindi il creditore potrebbe diventare proprietario di un bene molto prezioso, a discapito del debitore.

Patto commissorio: perché è vietato?

Il creditore nel momento in cui il debitore non paga non può semplicemente vendere i beni ricevuti come garanzia all’asta.

Il procedimento previsto di solito si suddivide in diverse fasi. Si passa all’invio di solleciti di pagamento, fino alla richiesta di un decreto ingiuntivo. Questo impone al debitore di saldare il suo debito entro una certa data. Nel momento in cui non dovesse accadere, il creditore potrà procedere con l’esecuzione forzata.

Non è previsto che il creditore possa diventare proprietario dei beni ricevuti come garanzia, senza che ne sia stato valutato il valore effettivo e l’eventuale differenza con il debito accumulato. Situazione che si avrebbe nel caso in cui venisse utilizzato il patto commissorio. Ma perché?

Ci sono diverse ragioni dietro al motivo di questo divieto:

  • il debitore, tramite l’utilizzo del patto commissorio, non è tutelato. Una persona potrebbe approfittarsi della situazione di difficoltà e chiedere come garanzia un bene di maggior valore rispetto alla cifra prestata. In seguito, il creditore diventerebbe proprietario diretto del bene in questione, senza che il debitore possa far nulla al riguardo;
  • l’utilizzo del patto commissorio è considerato “farsi giustizia da solo”. Questo è vietato dalla legislatura italiana. Il creditore ha il diritto di venire pagato, ma seguendo quanto previsto dall’ordinamento giuridico;
  • non tutela la “par condicio creditorum”. Non sarebbero tutelate le esigenze dei diversi creditori coinvolti. In questo caso solo un creditore verrebbe preferito agli altri.

Differenze tra patto marciano e commissorio

Oltre al patto commissorio esiste anche il patto marciano. Questo viene utilizzato nello stesso contesto (quello dei prestiti con pegno o ipoteca), ed è molto simile al commissorio. La differenza fondamentale sta nel fatto che il patto marciano è legale. Come mai?

Quando viene utilizzato questo tipo di patto, nel caso in cui il debitore non pagasse il creditore, i beni dati in pegno o ipotecati passerebbero direttamente al creditore. A differenza del patto commissorio però, in questo caso, il creditore deve pagare al debitore la differenza di valore tra il debito e il bene ricevuto.

In questo caso vengono protetti gli interessi di entrambe le parti. Il creditore potrà rientrare delle cifre prestate, mentre il debitore non andrà a perdere più di quanto abbia ricevuto. Proprio per questo motivo il patto marciano è consentito dalla legge.

È anche prevista la possibilità che il creditore entri in possesso del bene, lo venda, e poi consegni al debitore la differenza dovuta. Non è necessario che la restituzione della differenza avvenga immediatamente.

Conseguenze e nullità del patto commissorio

Nel caso in cui il patto commissorio venisse utilizzato, quali sono le conseguenze per il contratto?

Ci si troverebbe in una situazione di nullità del patto, ma non del contratto stesso. Questo significa che il patto commissorio, anche se viene scritto in un contratto, non ha valore legale. Quindi il creditore non può legalmente diventare direttamente proprietario dell’oggetto dato in garanzia.

La nullità del patto, in ogni caso, riguarda solo questa parte del contratto. Il debitore deve comunque restituire quanto preso in prestito, e il bene dato in pegno o in ipoteca continuerà a svolgere il suo ruolo di garanzia. Questo significa che il creditore potrà seguire il normale procedimento previsto, ed eventualmente venderlo all’asta per rifarsi del prestito. In pratica, il contratto non viene annullato totalmente per utilizzo del patto commissorio.

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