L’azienda agricola può fallire?

Claudio Garau

16 Giugno 2022 - 13:38

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Le regole sul fallimento valgono per le imprese commerciali, così come stabilito dalla legge. Ma che succede in caso di dissesto dell’azienda agricola?

L’azienda agricola può fallire?

Come forse già saprai, il fallimento di un’azienda si verifica quando quest’ultima si ritrova indebitata, e dunque quando il valore dei suoi beni - il suo attivo - non è più in grado di coprire l’ammontare dei debiti sommatisi nel corso del tempo. L’iter di fallimento serve al preciso fine di espropriare l’imprenditore per suddividerne il patrimonio tra i creditori.

Ebbene, se sei interessato a lavorare come imprenditore agricolo, potresti chiederti se anche in questo settore valgono le norme sul fallimento. Per dare una risposta alla domanda, precisiamo subito che la legge fallimentare indica che possono fallire gli imprenditori che svolgono un’attività commerciale. Potresti dunque pensare che, alla luce di ciò, le imprese agricole siano escluse a priori dal fallimento, a differenza delle imprese commerciali. In realtà la risposta non è lineare come potrebbe sembrare.

Infatti, la distinzione tra imprese commerciali e imprese agricole - con conseguente assoggettabilità al fallimento delle prime ed esclusione delle seconde - non è così netta ed, anzi, oggi anche le imprese agricole - a determinate condizioni - possono essere ricondotte all’interno delle procedure di natura fallimentare. Proprio di questo vogliamo occuparci nel corso di questo articolo: l’azienda agricola può fallire? Scopriamolo di seguito.

Azienda agricola e imprenditore agricolo: il contesto di riferimento

Al fine di rispondere precisamente al quesito di cui al titolo, dobbiamo in prima battuta ricordare chi è l’imprenditore agricolo. E lo faremo ovviamente tenendo conto di ciò che dice la legge in proposito. Ebbene, in base al Codice Civile (art. 2135) è considerato tale “chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”.

In particolare, le norme vigenti ci indicano che per coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali si deve intendere l’insieme delle attività mirate alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

La legge dà dunque una definizione piuttosto precisa di imprenditore agricolo, che ci aiuta a chiarire la questione del possibile fallimento dell’azienda agricola.

Le attività connesse

Con particolare riferimento alle attività connesse, sappi che, per potersi parlare di azienda agricola, queste debbono essere svolte dallo stesso imprenditore agricolo che compie l’attività principale di coltivazione del fondo, di selvicoltura o di allevamento di animali, e devono essere collegate con quest’ultima. In particolare, per attività connesse si intendono le attività:

  • di manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali:
  • mirate alla fornitura di beni o servizi con l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse di proprietà dell’azienda e da questa usate nell’esercizio dell’attività agricola.

Azienda agricola e requisito della prevalenza

In tema di attività connesse, rileva anche e soprattutto il requisito della prevalenza. Esso impone all’imprenditore agricolo l’esercizio delle attività connesse facendo uso in prevalenza di prodotti agricoli derivanti dall’attività principale. Attenzione però: ciò non vuol dire che all’imprenditore agricolo sia impedito di comprare prodotti da terzi, ma questi debbono per legge essere in numero inferiore rispetto a quelli provenienti dalla sua azienda agricola.

Ricorda anche che, ai fini di poter parlare di azienda agricola e non commerciale, la Cassazione ha chiarito che l’attività connessa deve inserirsi necessariamente nel ciclo dell’economia agricola, mentre ha carattere prettamente economico o industriale l’attività connessa che risponde a scopi commerciali o industriali, realizzando utilità del tutto slegate dall’impresa agricola - o prevalenti rispetto alle attività utili per soddisfare esigenze collegate alla produzione agricola.

Inoltre, imprenditore commerciale è colui che pratica esclusivamente le “attività connesse”, senza svolgere anche quelle principali (ad es. coltivare fondi). Ne consegue, nel caso, la sicura applicazione delle regole sul fallimento.

Impresa agricola e impresa commerciale: quando si applica la disciplina sul fallimento?

La regola generale fuga ogni dubbio in materia: una società agricola non può essere dichiarata fallita, a differenza di un’impresa che esercita attività commerciale. Quest’ultima, infatti, può sempre essere soggetta a procedura fallimentare.

In buona sostanza, gli imprenditori che svolgono solamente attività agricola rimangono quindi esclusi dalla disciplina sul fallimento. Di fatto si tratta di un regime speciale di favore, previsto per l’imprenditore agricolo, il quale però non vieta di chiedersi che succede nei casi in cui un’impresa agricola svolga attività commerciale - anche soltanto per un breve lasso di tempo. Ebbene, in circostanze come queste, potresti domandarti se vale o meno la procedura fallimentare.

Ricorda che l’impresa va intesa come attività commerciale - e dunque assoggettata alla regole sul fallimento - nelle circostanze in cui sia provato che le attività connesse - non in collegamento funzionale con la terra ma con finalità commerciali o industriali - sono svolte dalla stessa in modo prevalente rispetto all’attività principale di coltivazione del fondo, di selvicoltura o di allevamento di animali. Come abbiamo accennato sopra, è stata la Cassazione a chiarire che l’attività connessa, per qualificare l’azienda come agricola, deve invece inserirsi necessariamente nel ciclo dell’economia e della produzione agricola.

Tieni ben presente anche questo aspetto: ai fini dell’inclusione dell’azienda tra quelle che esercitano attività commerciali, non rileva il fatto che detta impresa si sia registrata presso il Registro delle Imprese come società agricola. E, per individuare la presenza o meno di un imprenditore agricolo, è del tutto irrilevante la cd. forma giuridica, ovvero se questo sia costituito come imprenditore individuale, società, consorzio o cooperativa. L’inclusione o meno dell’azienda tra quelle agricole andrà infatti valutata caso per caso.

Conclusioni

In base a quanto abbiamo visto nel corso di questo articolo, comprenderai a questo punto che l’imprenditore agricolo deve ritenersi sottratto al fallimento, ma ciò a patto che egli sia effettivamente tale - in particolare quando svolge le “attività connesse” a quella agricola principale.

In linea generale, l’imprenditore agricolo non è soggetto al fallimento, essendo procedura invece riguardante il solo imprenditore commerciale.

Ma attenzione: si è pur sempre in presenza di esercizio di un’attività commerciale in tutti i casi in cui l’impresa agricola svolga in misura prevalente attività connesse che non siano coerenti rispetto all’attività principale. Chiarito dunque che un’azienda agricola può, in certe circostanze, esercitare attività commerciale, ne consegue la possibilità di applicazione alla stessa delle regole sul fallimento.

In concreto, un’impresa agricola può perciò essere dichiarata fallita nel caso di esercizio prevalente di attività commerciale, e ciò anche nell’eventualità nella quale, all’atto del deposito della domanda di fallimento a suo carico, avesse cessato lo svolgimento di detta attività. Lo ribadiamo per chiarezza: non basta la mera iscrizione nel Registro delle Imprese con la qualifica di società agricola per sfuggire alla disciplina sul fallimento. Infatti occorre sempre analizzare, caso per caso, l’attività svolta quotidianamente dall’impresa, tenendo ben presente la definizione di imprenditore agricolo (art. 2135 Codice Civile).

Per fare un esempio pratico, le regole sul fallimento sono applicate all’imprenditore che, pur agricolo, compie le sue attività di coltivazione, allevamento e silvicoltura in maniera marginale rispetto ad altre attività, come quelle di compravendita di immobili rurali.

Invece, se l’azienda esercita effettivamente attività agricola e non ha dunque compiuto attività che comportano di includerla tra la aziende commerciali, nel malaugurato caso di un dissesto non ci sarà il fallimento. Tuttavia permarrà a carico del debitore l’obbligo di far fronte alle proprie pendenze.

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