L’Italia rischia di rimanere senza acqua: lo studio del WRI sugli effetti della siccità

Sara Nicosia

7 Agosto 2019 - 17:28

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Anche l’Italia tra i paesi che rischiano una crisi idrica senza ritorno. Questa la prospettiva allarmante emersa dalle analisi del World Resources Institute.

L’Italia rischia di rimanere senza acqua: lo studio del WRI sugli effetti della siccità

Secondo l’analisi del World Resources Institute (WRI), organizzazione non profit che si occupa di misurare le risorse naturali globali, l’Italia fa parte dei 44 paesi che, oltre ad ospitare un terzo della popolazione mondiale, rischiano di vivere delle gravi crisi idriche.
Secondo i dati del WRI, l’Italia appartiene infatti a quella lista di paesi che stanno prelevando troppa acqua dalle proprie falde acquifere, senza riuscire a conservarla in vista dei periodi di forte siccità.

Siccità in Italia: il caso romano

Qatar, Libano, Israele e Iran sono i paesi più a rischio, con un prelievo di acqua annuo dell’80% delle proprie risorse, sono vicini al cortocircuito.
Ma l’Italia non è da meno e l’analisi calcola che ogni anno il nostro Paese prelevi oltre il 40% di acqua delle proprie risorse. Con il suo 44esimo posto in classifica, il WRI calcola che l’Italia corre spedita verso il rischio di terminare definitivamente le proprie risorse d’acqua.

Storicamente parlando, dal 1960 a oggi, il prelievo di acqua è aumentato esponenzialmente e non dà segni di diminuzione.
Sono soprattutto i grandi centri abitati dove la domanda di acqua è maggiore, a subire ciclicamente crisi idriche che potrebbero culminare in quello che il WRI definisce come “Giorno Zero”. Tra queste, impossibile non ricordare la siccità che ha colpito Roma nel 2017, costringendola a razionare le proprie riserve d’acqua del Lago di Bracciano.

Un caso emblematico, a distanza di due anni dallo stop dei prelievi il lago non si è ancora ripreso e rimane fermo al -145,5 centimetri dallo zero idrometrico. Livelli ben al di sotto della soglia stabilita dalla Regione Lazio per utilizzare le sue acque in caso di necessità; se Roma dovesse ad oggi affrontare un’altra crisi idrica, non potrebbe contare sulla sua risorsa strategica.

Le cause

La siccità non è una novità ma un fenomeno che esiste da sempre. Anzi, caratterizza diversi paesi abituati a vivere interi mesi, nell’arco dell’anno, senza precipitazioni. Ma in altre parti del mondo, come in Italia, stiamo assistendo a cambiamenti particolari dovuti a cause di diversa natura.

Tra le cause principali che spingono a un consistente prelievo d’acqua, bisogna considerare in primo luogo il cambiamento climatico che ha portato a frequenti periodi di siccità, e di conseguenza ad un utilizzo maggiore delle risorse provenienti dalla falde acquifere. L’innalzamento delle temperature fa inoltre evaporare con più facilità l’acqua presente nei bacini idrici, dimezzando di fatto le risorse disponibili.

Se alcuni agenti responsabili della corsa alle risorse idriche sfuggono, in parte o del tutto, al nostro controllo, come ad esempio l’insistenza di alta pressione in alcuni periodi dell’anno o il riscaldamento marcato delle acque dovuto a cicli termici particolari, in alcuni casi, come la deforestazione o il surriscaldamento globale, si vede chiaramente la mano dell’uomo.

Crisi idrica: cosa si può fare?

Risparmiare acqua, non solo nei paesi più a rischio ma a livello globale, appare oggi una sfida non semplice. Eppure non sono poche le misure che si potrebbero adottare per cercare di limitare lo sfrenato prelievo d’acqua a cui siamo soggetti.

Un primo step potrebbe essere quello di rendere più efficiente l’agricoltura attraverso l’utilizzo di coltivazioni che richiedono meno acqua, migliorando nel contempo le tecniche di irrigazione per puntare a sfruttare al meglio le risorse idriche.
Interventi dovrebbero essere fatti anche livello di infrastrutture per il trattamento delle acque, incentivando l’utilizzo di bacini per la conservazione della pioggia. Le acque reflue non dovrebbero poi essere viste come uno scarto di cui liberarsi, ma come risorsa da utilizzare per pesare meno su quelle interne.

Infine, un cambiamento dovrebbe avvenire a livello di pensiero nei consumatori. Ridurre lo spreco di cibo, la cui produzione richiede almeno un quarto di tutta l’acqua usata in agricoltura, e contribuire alla riduzione dell’inquinamento, rappresentano già piccoli passi verso un cambiamento positivo.

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