L’Italia guarda con preoccupazione il declino di questo Paese. Dal 1945 ha perso circa 340 navi da guerra

Alessandro Nuzzo

19 Luglio 2025 - 20:12

Per anni la Royal Navy era considerata un mito, simbolo di eccellenza nella marina. Oggi sta vivendo un lento declino.

L’Italia guarda con preoccupazione il declino di questo Paese. Dal 1945 ha perso circa 340 navi da guerra

Inghilterra e mare, un connubio che va avanti da secoli, sin dai tempi del mercantilismo, poi proseguito con lo sviluppo della mitica Royal Navy, la marina britannica che ha incarnato la potenza, fiore all’occhiello delle marine mondiali e simbolo indiscusso di forza.

Ma quel mito ora sembra essersi incrinato. La flotta britannica appare oggi in declino, in caduta dopo le politiche di spending review dei vari governi. Dopo la seconda guerra mondiale, la Royal Navy contava 400 navi; oggi, nel 2025, ne ha appena 62. Un declino sorprendente e preoccupante. Fregate obsolete, scarso appeal per le nuove reclute e una crescente dipendenza dagli alleati per le operazioni di protezione, fanno della Royal Navy non più un simbolo di dominio oceanico, ma una marina che si adatta come può.

I motivi del declino della marina britannica

È stato un declino lento e inesorabile. Dalla fine della guerra fredda, i governi che si sono susseguiti hanno dovuto fare scelte restrittive per motivi di bilancio. Hanno spostato investimenti della Difesa verso altre aree e, di conseguenza, risorse intermedie come fregate, pattugliatori e navi logistiche sono state sacrificate.

L’industria navale nazionale sta vivendo una fase difficile, segnata da ritardi nelle consegne, continui sforamenti di budget e una marcata carenza di manodopera specializzata. In particolare, il programma delle fregate Type 26, pensato per sostituire le unità obsolete, sta accumulando ritardi significativi rispetto ai piani iniziali.

C’è poi scarsità di personale qualificato, ingegneri e tecnici navali, accompagnata da una più ampia crisi nel reclutamento militare. Gli stipendi calano, le prospettive di carriera appaiono meno interessanti e le opportunità di formazione si riducono drasticamente, rendendo il settore sempre meno attrattivo per i giovani e per chi cerca crescita professionale.

Il Regno Unito continua a definirsi potenza globale dal punto di vista marittimo e mantiene una presenza soprattutto nei mari asiatici, estendendo la propria influenza da Singapore a Sydney. In realtà, si tratta di una presenza più simbolica che deterrente. Senza il supporto di flotte alleate adeguate, la Royal Navy non riuscirebbe a reggere. Ufficialmente si parla di rinascita marittima, ma dietro le quinte c’è molta preoccupazione. L’ex Capo di Stato Maggiore della Marina, Lord West, ha definito la situazione attuale «pericolosa per la sicurezza nazionale». Secondo lui, oggi il Regno Unito faticherebbe a sostenere anche una sola operazione su larga scala e, comunque, potrebbe farlo soltanto con il sostegno degli Stati Uniti.

Preoccupazione arriva anche dagli alleati. I paesi guardano con crescente apprensione all’indebolimento di uno dei pilastri storici della NATO. Di fronte a una Russia sempre più assertiva nel Nord Atlantico, la deterrenza marittima nella regione si regge ormai più sull’impegno di altri paesi, come la Francia, che su quello di Londra, segnando un cambio di equilibrio significativo all’interno dell’Alleanza.

La marina francese prosegue nella modernizzazione, puntando su fregate stealth, sottomarini aggiornati e una forza di proiezione ben strutturata. Anche l’Italia sta investendo con decisione sulla propria flotta e oggi ha 62 navi da guerra, mentre Spagna e Germania alzano le loro ambizioni navali, rivedendo piani e obiettivi per rafforzare la presenza marittima europea. A livello globale, l’ascesa della Cina è fulminea e l’India investe massicciamente nelle sue capacità navali. Insomma, la leadership britannica sembra oggi in pericolo.

Ma non tutto è perduto. Il programma Type 26, se riuscirà finalmente a mantenere le aspettative, potrebbe restituire coerenza e solidità alla flotta. Le nuove alleanze strategiche nel Pacifico, in particolare con Giappone e Australia, rappresentano un’importante leva geopolitica, mentre la capacità nucleare del Regno Unito resta intatta e la Royal Navy mantiene una reputazione di eccellenza operativa.

Tuttavia, per superare l’attuale stallo, Londra dovrà fare molto più che salvaguardare la propria immagine: serviranno investimenti concreti, nuovi arruolamenti, il rilancio dell’industria navale e, soprattutto, il recupero di una reale capacità di resistenza della sua marina.

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