Giovanna D’Esposito, Uber: come avere successo nel Web3

Dario Colombo

12/10/2022

13/10/2022 - 11:33

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Giovanna D’Esposito è GM Southern Europe di Uber ma anche Ceo & co-founder del progetto di Web3 e NFT, The Sports Club. L’abbiamo intervistata in occasione dei Digital Innovation Days

Giovanna D’Esposito, Uber: come avere successo nel Web3

Giovanna D’Esposito è una senior executive con esperienza trentennale in campo internazionale in settori che spaziano dall’industria all’e-commerce alla mobilità.
Laureata in Ingegneria Meccanica, MBA presso INSEAD, per anni a Londra ha ricoperto ruoli strategici e operativi principalmente in settori rivolti al consumo. Nel 2011 è rientrata in Italia per guidare la prima espansione internazionale di due piattaforme di giochi online.

Dal 2019 gestisce la regione del Sud Europa per Uber Technologies, dove si occupa di progetti innovativi in ambito sostenibilità e smart mobility.
Giovanna D’Esposito è anche co-founder di The Sports Club, un progetto Web3 che ha la missione di creare un ecosistema decentralizzato e su blockchain, incentrato sull’amore per lo sport.

Ai Digital Innovativon Days 2022 Giovanna D’Esposito parlerà proprio di Web3, NFT, smart contract, per far capire cosa c’entrano con l’arte, la musica e il mondo del fashion, perché dovrebbero essere una rivoluzione e come cambiano i modelli di business di startup e aziende che trasformano industrie come l’arte, lo sport e i media più tradizionali.

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Giovanna D’Esposito, Lei ha una grandissima esperienza internazionale. Cosa serve di più alle imprese italiane per svoltare rapidamente all’economia digitale, fra mentalità, conoscenze, risorse economiche o una burocrazia più fluida?
 
La mentalità trascina tutto il resto, ovvero crea conoscenza, sblocca risorse, e interviene sulla burocrazia tanto nel pubblico quanto nel privato. Credo però che la mentalità non debba essere solo quella delle imprese. È anche e forse soprattutto quella infrastrutturale e di sistema.
 
Il modello Uber si è dapprima dimostrato vincente sul mercato esistente e poi ha anche contribuito a creare un nuovo sistema di regole di business globale. Cosa deve e può ancora cambiare?
 
Nell’ambito della mobilità occorre senza dubbio una migliore collaborazione fra pubblico e privato. La mobilità e vivibilità delle nostre città sono fondamentali per la nostra qualità di vita e c’è purtroppo davvero tanto che lascia a desiderare.
Le vecchie soluzioni per i nuovi problemi non aiutano nessuno e c’è bisogno di amministratori illuminati e di progettualità a lungo termine che comprendano pianificazione urbanistica, adozione di tecnologie adeguate e una decisa digitalizzazione e snellimento dei processi operativi e dei servizi.
Per fare tutto questo, gli imprenditori e le tecnologie esistono, e quelli italiani hanno un elevatissimo tasso di resilienza. Bisogna dargli spazio
La stessa cosa si può dire del Web3 e delle tecnologie emergenti, tra l’altro. 
 
Quando e perché le nasce l’idea di The Sports Club, come e in quanto tempo viene messa a terra?
 
L’idea nasce a marzo di quest’anno e viene messa a terra ad aprile.
Il team dietro The Sports Club ha una storia pregressa di collaborazione. Molti di noi erano parte della squadra che lanciò qualche anno fa due piattaforme di giochi e scommesse sportive online. 
Abbiamo messo insieme il forte desiderio di ricreare la squadra, la volontà di misurarsi con la tecnologia e l’innovazione che sono il nostro pane quotidiano, e le opportunità create dall’intersezione del Web3 con lo sport, che è una delle verticali più affini a questo mondo.
A settembre abbiamo creato la nostra collezione di NFT che abbiamo chiamato MVP (Most Valuable Player), con un sell out immediato di cui siamo molto soddisfatti. 
 
Che cosa può concretamente rappresentare il Web3 per la crescita economica italiana? Che forze può sprigionare? E come si porta sul tavolo del regolamentatore, che poi è quello della politica governante?
 
Come tutte le nuove tecnologie, può rappresentare un’opportunità per non essere lasciati indietro, ovvero fare un balzo in avanti e colmare parte del gap tecnologico e di competenze che ci trasciniamo nel digitale.
Poi bisogna fare una distinzione fra le varie tecnologie ed applicazioni alle quali ci si riferisce genericamente quando si parla di Web3.
La tecnologia blockchain ha delle applicazioni di grande impatto in tutti quegli ambiti dove il nostro paese eccelle: i comparti manifatturiero, dell’alimentazione, dell’agricoltura solo per citarne alcuni. Inoltre potrebbe dare una spallata notevole per l’alleggerimento della burocrazia. 
Il Web3 inteso come ecosistema di ownership diffusa e partecipazione attiva dovrà a mio avviso vivere un’ulteriore evoluzione prima di giocare un ruolo significativo nel contesto italiano, e non solo in quello italiano, e mi auguro che ci facciamo trovare pronti. 
Il Web3 è terra di creazione, di iniziative imprenditoriali e di forte senso di comunità, tutte cose radicate nella nostra storia e nella nostra cultura, e che in Italia potrebbero realmente sprigionare delle forze positive e di ispirazione per molti altri. 
Quando parla di politica governante e di regolamentazione, temo metta un po’ il dito nella piaga. Il mio timore è che l’approccio del regolatore si concentri esclusivamente o quasi sulle barriere e le salvaguardie per impedire comportamenti fraudolenti senza farsi troppe domande su quali siano invece le opportunità.
L’effetto finirebbe per essere quello che conosciamo, ovvero di scoraggiamento per la maggioranza volenterosa e di scarsa deterrenza per la minoranza che cerca scorciatoie.
Sul come lo si porti sul tavolo del regolatore io non ho dubbi: bisogna dare spazio e voce veri e concreti a giovani imprenditori che hanno dimostrato abilità di creazione e gestione, e che magari hanno esperienza internazionale.
I nuovi modelli organizzativi del Web3 e gli schemi mentali che li accompagnano, non possono essere compresi facilmente dalla mia generazione per non parlare di quella precedente, e qualunque tentativo di regolamentare una materia che non si comprende è destinato a fallire. 
Occorre essere chiari su questo punto: quando dico di dare spazio e voce, mi riferisco al tavolo decisionale, non basta fare un’udienza parlamentare o un tavolo di lavoro estemporaneo che produca un white paper. 

Coinbar Fabrick

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