Diritto all’oblio ampliato dalla Corte UE

Dario Colombo

09/12/2022

09/12/2022 - 14:54

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Grazie a una sentenza della Corte di Giustizia UE su Google diventa più facile esercitare il diritto all’oblio e chiedere di deindicizzare contenuti senza attendere la decisione di un giudice

Diritto all’oblio ampliato dalla Corte UE

Il diritto all’oblio esce ampliato da una decisione della Corte di Giustizia UE, con sentenza nella causa contro Google (C-460/20 - Deindicizzazione di contenuti asseritamente inesatti), che stabilisce che non è necessaria una sentenza per rimuovere dei contenuti dal motore di ricerca.

In base alla decisione presa sul diritto all’oblio (diritto alla cancellazione dei dati personali per la tutela della propria reputazione) dalla Corte Ue il gestore di un motore di ricerca deve deindicizzare le informazioni quando il richiedente dimostri che sono manifestamente inesatte e la prova non deve necessariamente risultare da una decisione giudiziaria.

Viene così ampliato il diritto all’oblio, estendendolo alla possibilità di chiedere a Google o ad altri motori di ricerca di non far più apparire alcuni risultati che riguardano la propria persona.
In seguito alla richiesta Google o gli altri motori di ricerca dovranno in primis accettare la richiesta e conseguentemente deindicizzare le pagine web che contengono le informazioni in modo tale da nasconderle.

Diritto all’oblio: la richiesta fatta a Google

La sentenza della Corte Ue è relativa al caso di due dirigenti di un gruppo di società di investimenti che avevano chiesto a Google di deindicizzare i risultati di una ricerca effettuata a partire dai loro nomi, che contenevano link verso alcuni articoli che presentavano in modo critico il modello di investimento del gruppo di società.
Per i due ricorrenti gli articoli contenevano affermazioni inesatte.

I due ricorrenti avevano anche chiesto a Google che le loro fotografie sotto forma di miniature venissero eliminate dall’elenco dei risultati di una ricerca di immagini effettuata a partire dal loro nomi. L’elenco, infatti, visualizzava unicamente le miniature, senza riportare gli elementi del contesto della pubblicazione delle foto nella pagina Internet indicizzata. In altri termini il contesto iniziale della pubblicazione delle immagini non era indicato o visibile al momento della visualizzazione delle miniature.

Google si è rifiutata di accogliere le domande spiegando che ignorava se le informazioni contenute in tali articoli fossero esatte o meno.

La Corte federale di giustizia tedesca, a cui si erano rivolti i due ricorrenti, ha allora chiesto alla Corte di Giustizia UE di interpretare il regolamento generale sulla protezione dei dati, che disciplina in particolare il diritto all’oblio e la direttiva relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, letti alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

La sentenza della Corte Ue che potenzia il diritto all’oblio

Nella sua sentenza la Corte UE ricorda che il diritto alla protezione dei dati personali non è un diritto assoluto, ma deve essere considerato in relazione alla sua funzione sociale ed essere bilanciato con altri diritti fondamentali, conformemente al principio di proporzionalità.

Il regolamento generale sulla protezione dei dati prevede che sia escluso il diritto all’oblio se il trattamento è necessario all’esercizio del diritto relativo, ossia alla libertà di informazione. I diritti dell’interessato alla protezione della vita privata e alla protezione dei dati personali prevalgono, di regola, sul legittimo interesse degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso all’informazione in questione.

L’equilibrio può dipendere dalle circostanze rilevanti di ciascun caso, in particolare dalla natura dell’informazione, dal suo carattere sensibile per la vita privata dell’interessato, dall’interesse del pubblico a disporre dell’informazione, che può variare a seconda del ruolo che tale persona riveste nella vita pubblica. Ma il diritto alla libertà d’espressione e di informazione non può essere preso in considerazione se questa è inesatta.

Per quanto concerne la richiesta di deindicizzazione per l’inesattezza di un contenuto indicizzato, la Corte UE dice che spetta a chi fa richiesta dimostrare l’inesattezza delle informazioni. La persona è tenuta solo a fornire gli elementi di prova che le si può ragionevolmente richiedere di ricercare. Cioè non è tenuta a produrre una decisione giurisdizionale ottenuta contro l’editore del sito Internet in questione, fosse pure in forma di decisione adottata in sede di procedimento sommario.

Diritto all’oblio: gli obblighi per il motore di ricerca

Per quanto riguarda gli obblighi e le responsabilità del gestore del motore di ricerca, la Corte UE considera che quest’ultimo, al fine di verificare, a seguito di una richiesta di deindicizzazione, se un contenuto possa continuare a essere incluso nell’elenco dei risultati delle ricerche effettuate mediante il suo motore di ricerca, deve fondarsi sull’insieme dei diritti e degli interessi in gioco e su tutte le circostanze del caso di specie.

Se la persona che richiede la deindicizzazione presenta elementi di prova pertinenti e sufficienti, idonei a sostenere la sua richiesta e atti a dimostrare il carattere inesatto delle informazioni incluse nel contenuto indicizzato, il gestore del motore di ricerca è tenuto ad accogliere la domanda.

Ma se l’inesattezza delle informazioni incluse nel contenuto indicizzato non appaia in modo manifesto alla luce degli elementi di prova forniti dalla persona che ha presentato la richiesta, il gestore del motore di ricerca, se non c’è una decisione giudiziaria, non è tenuto ad accoglierla.

Il richiedente può comunque sempre ricorrere all’autorità di controllo o all’autorità giudiziaria perché queste effettuino le verifiche necessarie e ingiungano a tale gestore di adottare le misure che ne conseguono.

Diritto all’oblio e rimozione delle immagini in miniatura

Per quanto riguarda le foto in forma di miniature, la Corte UE sottolinea che la loro visualizzazione a seguito di una ricerca per nome costituisce un’ingerenza particolarmente significativa nei diritti alla tutela della vita privata e dei dati personali di tale persona.

Pertanto quando il gestore di un motore di ricerca riceve una richiesta di deindicizzazione riguardante foto visualizzate sotto forma di miniature, deve verificare se la visualizzazione delle fotografie in questione sia necessaria per l’esercizio del diritto alla libertà di informazione degli utenti di Internet potenzialmente interessati a vedere a tali foto.

Per la Corte UE c’è un bilanciamento distinto dei diritti e degli interessi concorrenti. Da un lato, quando si tratta di articoli corredati di fotografie che, inserite nel loro contesto originale, illustrano le informazioni e le opinioni espresse e, d’altro lato, quando si tratta di foto visualizzate in forma di miniature nell’elenco di risultati di un motore di ricerca, al di fuori del contesto nel quale esse sono state pubblicate.

Per la Corte UE, quindi, va tenuto conto del loro valore informativo senza prendere in considerazione il contesto della loro pubblicazione nella pagina Internet dalla quale sono estratte.

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