Cosa fare se la badante non rientra dalle ferie?

Claudio Garau

11 Ottobre 2022 - 13:02

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Non sono affatto rari i casi in cui la badante, colf o baby sitter non fa rientro a lavoro, al termine del periodo di ferie. Quali iniziative adottare in risposta a questa violazione del contratto?

Cosa fare se la badante non rientra dalle ferie?

Secondo dati resi noti quest’anno da parte di Domina, l’associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico, nel nostro paese sono più di due milioni le persone che lavorano come colf, badanti o assistenti familiari. Questo emerge nel Terzo Rapporto Annuale sul lavoro domestico pubblicato dall’Osservatorio Domina: si tratta di attività svolte in larga parte da donne e in cui il tasso di irregolarità legato alla forte diffusione del lavoro nero resta molto alto.

Di seguito però vogliamo considerare il rapporto di lavoro domestico sotto uno specifico punto di vista, quello delle ferie previste dal contratto collettivo di settore. E in particolare: cosa fare e come comportarsi se la badante non torna dalle ferie? Quali iniziative adottare per controbattere alla scelta della colf o badante di non fare ritorno all’abitazione che è anche sede del suo lavoro, per riprendere lo svolgimento delle mansioni di cui al contratto di lavoro domestico? Facciamo chiarezza.

Contratto di lavoro domestico colf e badanti: cos’è e come funziona in generale

Prima di vedere da vicino la questione della colf o della badante che non torna dalle ferie, spendiamo qualche parola sul contratto di lavoro domestico, in modo da aver un po’ più chiaro il contesto di riferimento. Il contratto di lavoro domestico ha la funzione di regolare il rapporto tra un collaboratore familiare e un datore di lavoro, che decide quelli che saranno gli orari delle prestazioni e le mansioni da compiere giornalmente. Ovviamente il collaboratore sarà colui o colei che svolge la prestazione lavorativa. Con il contratto in oggetto, le parti potranno mettere nero su bianco gli aspetti più rilevanti del rapporto di lavoro, e tra gli altri la retribuzione e le ferie.

Finalità del contratto di lavoro domestico è individuare una persona che si occupi di curare le esigenze della famiglia. La figura di riferimento è infatti quella dell’assistente familiare, che dà il proprio aiuto per le faccende tipiche degli ambienti domestici o che assiste i familiari stessi nelle attività quotidiane. Pensiamo ai casi tipici dell’addetto alle pulizie e alla lavanderia o al caso di chi aiuta in cucina o gli anziani presenti in casa.

Peculiarità del contratto di lavoro domestico di colf e badante è che può essere stipulato soltanto tra persone fisiche: il datore di lavoro deve essere un soggetto privato e non un’azienda (es. Srl o Spa), mentre il collaboratore può vivere nell’abitazione del datore di lavoro (convivente) o anche andare nell’appartamento del datore esclusivamente negli orari di lavoro (non convivente).

Dal punto di vista della durata temporale, il contratto di lavoro domestico può prevedere sia un’assunzione a tempo determinato sia a tempo indeterminato. Nella prima ipotesi le parti determinano fin dall’inizio quando il rapporto di lavoro ha termine. Pensiamo al classico caso di un collaboratore domestico che viene assunto a tempo determinato soltanto per la stagione estiva, magari nella casa delle vacanze. Invece nelle circostanze dell’assunzione a tempo indeterminato, la parti non indicano una data finale del rapporto di lavoro.

Ferie della colf o badante: alcune precisazioni

Per quanto riguarda l’assenza retribuita delle ferie, la fonte di riferimento non può che essere il contratto collettivo nazionale dei domestici. Per ciascun anno di servizio presso l’identico datore, la badante o colf può sfruttare un periodo di ferie corrispondente a 26 giorni lavorativi, indipendentemente dalla durata e della distribuzione dell’orario di lavoro.

Sulla scorta di quanto previsto in Costituzione, il diritto al godimento delle ferie è in ogni caso irrinunciabile e di solito i riposi hanno carattere continuativo. Il datore, in rapporto alle proprie esigenze sue e a quelle del lavoratore, deve stabilire il periodo di ferie tra giugno e settembre, tenuto comunque conto che le parti del contratto di lavoro domestico possono accordarsi diversamente.

Di regola, la fruizione delle ferie deve aver luogo per almeno due settimane nell’anno di maturazione e, per almeno due supplementari settimane, entro i 18 mesi posteriori all’anno di maturazione.

L’assenza del collaboratore domestico deve essere giustificata

Come accennato all’inizio, il punto che vogliamo affrontare qui attiene alla spiacevole situazione della badante o colf che, partita per le ferie, non fa ritorno nell’abitazione in cui svolge le proprie mansioni, nei tempi previsti. Cosa fare in queste circostanze?

Ebbene, a chiarire come comportarsi in veste di datore di lavoro è il Ccnl del settore, il quale prevede che:

  • le assenze del lavoratore debbono essere comunque tempestivamente giustificate al datore di lavoro;
  • le assenze non giustificate entro il quinto giorno, se non sussistono cause di forza maggiore (ad es. malattia sopravvenuta) che impediscono il pronto ritorno al lavoro, sono da ritenersi giusta causa di licenziamento da parte del datore di lavoro.

In considerazione di ciò, la strada da percorrere è ben delineata: se la colf o badante non ritorna in servizio dopo il periodo previsto e concordato di ferie, non rispetta i propri obblighi contrattuali in modo palese - e tanto basta per incrinare in modo irreparabile il rapporto di fiducia con il datore e per costituire una ragione di licenziamento per giusta causa.

Licenziamento della colf o badante che non fa ritorno a lavoro: le tappe da seguire

Prevenire il problema è sempre meglio che affrontarlo direttamente: ecco perché è sempre opportuno far previamente firmare alla lavoratrice o lavoratore domestico una lettera nella quale è indicato il periodo di ferie richiesto - e specificato chiaramente il giorno di rientro al lavoro. Con l’avvertimento che il mancato rientro sarà considerato assenza non giustificata e potrà portare al licenziamento per non aver rispettato i propri obblighi contrattuali.

Laddove si verifichi un caso di mancato rientro sul luogo di lavoro, il datore dovrà comunque seguire la procedura di cui al Ccnl per il lavoro domestico, che si divide in queste essenziali tappe:

  • spedire una lettera di contestazione dell’assenza alla colf o badante, presso il domicilio eletto nella lettera di assunzione (nella lettera di assunzione è molto utile, sia per il lavoratore che per il datore di lavoro, inserire con chiarezza la residenza e il domicilio eletto per le comunicazioni in tema di rapporto di lavoro, al di là dell’effettiva presenza);
  • far passare i cinque giorni previsti per dare giustificazione dell’assenza o della causa di forza maggiore;
  • optare per il licenziamento per giusta causa - possibile dal sesto giorno di assenza o silenzio della colf o badante - da rendere noto alla lavoratrice per iscritto, al domicilio eletto di cui si trova traccia nella lettera di assunzione.

Il rapporto di lavoro potrà considerarsi cessato in automatico ed alla famiglia non resterà che trovare una nuova colf o badante in sostituzione.

Licenziare la badante o la colf è obbligatorio in caso di mancato rientro dalle ferie?

Peraltro in materia c’è una regola che gioca a favore del datore stesso ed è il fatto che, in queste circostanze, in caso di licenziamento non c’è obbligo di rispetto del periodo di preavviso, e neanche di indennizzo. Questo perché il comportamento del lavoratore è da ritenersi così grave da impedire la continuazione, anche temporanea, del rapporto di lavoro.

Ricordiamo infine che licenziare non è un obbligo, ma una possibilità o esigenza della famiglia, che però potrebbe anche scegliere di non procedere in questa direzione e aspettare il ritorno del domestico o della domestica. Ovviamente questo dipenderà dalla discrezionalità del datore di lavoro e dalle sue scelte di opportunità. Ma attenzione: in dette circostanze i giorni di assenza ingiustificata della colf o badante non dovranno essere pagati al lavoratore, ma ritenuti un permesso non retribuito (così come previsto dal Ccnl di settore).

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