Come diventare tutore legale? Ecco procedura e requisiti necessari

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18 Luglio 2025 - 16:37

Ecco come si diventa tutore legale di un familiare incapace di intendere e di volere o di un minorenne, quando è possibile farlo e come.

Come diventare tutore legale? Ecco procedura e requisiti necessari

Chi si prende cura di chi non può farlo da solo? Oggi, il ruolo del tutore legale è più che mai centrale per garantire protezione e dignità a minori e persone fragili, come anziani non autosufficienti o individui con gravi disabilità mentali. Si tratta di una figura prevista dal Codice civile italiano (art. 357 e seguenti) e riconosciuta dalla Costituzione, nata per rappresentare e tutelare chi si trova in una condizione di vulnerabilità.

Ma essere tutore legale significa molto di più: vuol dire assumersi una responsabilità morale e giuridica nei confronti di chi non ha voce. Spesso è un familiare a ricevere questo incarico, ma sempre più frequentemente si tratta di volontari, soprattutto nel caso dei minori stranieri non accompagnati. Secondo l’ultimo rapporto dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, nel 2024 i tutori volontari in Italia hanno superato quota 4.200, con quasi 6.000 tutele attive, un dato in crescita costante negli ultimi anni.

Tale ruolo non si limita alla rappresentanza legale: il tutore deve agire nell’interesse esclusivo della persona affidata, curandone i bisogni, amministrandone i beni se necessario e relazionandosi con il giudice tutelare. La legge stabilisce che l’incarico sia gratuito, salvo diversa disposizione del tribunale, e che possa essere esercitato solo da chi è in grado di garantire equilibrio, onestà e senso di responsabilità. Oggi più che mai, diventare tutore legale non è solo una funzione giuridica: ecco, allora, come diventarlo in Italia.

Quando un soggetto è incapace di intendere e di volere e necessita di un tutore legale

Tra le categorie di persone che necessitano della tutela legale ci sono gli anziani, ma soltanto se interdetti. Questo significa che un giudice deve sancire l’incapacità di intendere e di volere del soggetto, tale da non riuscire a compiere in autonomia e consapevolezza alcun tipo di decisione.

In sintesi, affinché si possa confermare la necessità di tutela legale è richiesto che l’anziano abbia un’infermità o una menomazione (anche se passeggera) a livello fisico o mentale e che risulti incapace di provvedere a se stesso e ai propri bisogni in modo efficace.

Dopo i dovuti accertamenti, il giudice può confermare l’interdizione e dunque è possibile proporsi come tutore legale. Ovviamente, si esclude la tutela legale quando possibile, al fine di evitare una compressione della libertà personale immotivata.

Non necessariamente un anziano è incapace, nemmeno se malato, ma tutto dipende dalle sue condizioni specifiche. In caso di incapacità parziale (e quindi inabilitazione), oltretutto, è riconosciuto al soggetto un certo margine di autonomia e viene nominato un amministratore di sostegno, il quale non sostituisce l’anziano nelle sue scelte ma lo affianca in quelle più delicate. Viceversa, possono presentarsi gli elementi di incapacità in un genitore giovane a causa di malattie o patologie.

Chi è e cosa fa il tutore legale

La figura del tutore legale è prevista dalla legge per tutelare gli interessi patrimoniali e non patrimoniali di chi non è in grado di provvedere autonomamente a se stesso, in quanto privo della capacità di agire.

L’articolo 357 del Codice civile stabilisce chiaramente:

“Il tutore ha la cura della persona del minore, lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra i beni.”

Oltre alla rappresentanza legale e alla gestione patrimoniale, il tutore ha anche il compito di garantire istruzione, educazione e il soddisfacimento di ogni esigenza personale, spirituale e sanitaria del soggetto affidato alla sua tutela.

Di norma, la necessità di nominare un tutore sorge in due casi principali: quando un minore resta orfano o quando un adulto viene dichiarato interdetto - come accennato - a causa di gravi disturbi mentali che gli impediscono di gestire autonomamente i propri interessi.

Come diventare tutore legale di un genitore

A prescindere dall’identità del soggetto che ha richiesto l’accertamento riguardo all’interdizione (può essere anche l’anziano stesso), un figlio può richiedere la nomina a tutore legale del genitore. Per farlo, è sufficiente presentare un’istanza al tribunale di competenza, ovviamente con l’assistenza di un avvocato. Nel caso in cui non ci sia stato questo accertamento, il figlio è comunque legittimato a proporre un giudizio di interdizione, munito di documentazione medica.

A questo punto il tribunale dovrà valutare l’idoneità del figlio a svolgere la funzione di tutore, considerando che in mancanza di preferenze dell’interessato (anche se espresse con scrittura privata o atto pubblico) o del precedente tutore nel testamento, la scelta ottimale ricade comunque sui parenti, fra cui i figli sono ovviamente tra i primi chiamati. In caso di più figli idonei, possono anche essere considerate le loro preferenze, ma soltanto a parità di condizioni.

Affinché un figlio sia nominato tutore legale del genitore è comunque richiesta la sua maggiore età e la sua condotta ineccepibile. In particolare, non deve aver avuto conflitti di interessi o controversie con il genitore, né essere stato precisamente escluso dall’interessato (o dal precedente tutore), o revocato dall’incarico. Non possono comunque essere tutori legali:

  • minorenni;
  • interdetti;
  • inabilitati;
  • soggetti falliti.

Oltretutto, in caso di nomina da parte del giudice, non è possibile rifiutare l’incarico, a meno che si presenti uno di questi requisiti:

  • occuparsi già della tutela legale di un’altra persona;
  • avere più di 65 anni;
  • avere gravi patologie;
  • avere 3 o più figli minorenni.

L’incarico comunque termina nel caso in cui dovessero venire meno le cause di interdizione (ad esempio per condizioni patologiche temporanee), quando eccessivamente gravoso (se considerato tale dal giudice su richiesta dell’obbligato o per la revoca. Quest’ultima è predisposta in caso di negligenza, abuso di potere o comunque inadeguatezza rispetto al compito.

Si ricorda, comunque, che le funzioni del tutore sono pressoché limitate agli atti ordinari e alle primarie necessità del defunto - nei quali lo sostituisce a tutti gli effetti - mentre per gli atti straordinari è richiesta l’autorizzazione del giudice, su valutazione degli interessi dell’anziano.

Compiti del tutore legale: quando è necessaria l’autorizzazione del giudice

I compiti del tutore spaziano dalla gestione patrimoniale alla cura educativa e spirituale. Tuttavia, per compiere alcuni atti rilevanti, è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare, che ha il compito di vigilare sugli interessi del tutelato.

Serve l’autorizzazione del giudice per:

  • investimenti finanziari o assunzione di obbligazioni;
  • acquisto di beni (eccetto quelli mobili per bisogni quotidiani);
  • accettazione o rinuncia a eredità, donazioni o legati;
  • stipula di locazioni immobiliari superiori a nove anni;
  • avvio di cause legali, escluse le azioni possessorie o cautelari.

In altri casi, è invece richiesta l’autorizzazione del tribunale:

  • alienazione, anche gratuita, di beni del tutelato;
  • costituzione di ipoteche, pegni o divisioni ereditarie;
  • stipula di transazioni o compromessi.

Se questi atti vengono compiuti senza autorizzazione, possono essere annullati su richiesta del tutore stesso, del beneficiario, degli eredi o degli aventi causa.

Costi e compensi del tutore legale

L’incarico di tutore legale è, per legge, gratuito, salvo diversa disposizione. Tuttavia, in casi particolarmente complessi, il giudice può prevedere un’indennità, che viene corrisposta, se possibile, dal patrimonio del beneficiario della tutela.

Revoca del tutore legale

Il tutore può essere revocato in qualsiasi momento per gravi motivi, secondo quanto previsto dall’articolo 384 del Codice civile. Le principali cause di revoca sono:

  • grave negligenza nello svolgimento dei compiti;
  • abuso di poteri o comportamento non conforme all’interesse del tutelato;
  • immeritevolezza dell’ufficio, anche per fatti non direttamente legati alla tutela;
  • insolvenza economica.

In sostanza, la revoca può avvenire in caso di azioni illecite, ma anche di gravi omissioni o inadempienze. Prima di procedere, il giudice ha l’obbligo di ascoltare il tutore e valutare le sue ragioni.

Il decreto di revoca può essere impugnato: se il beneficiario è un minore, ci si rivolge al tribunale per i minorenni; se si tratta di un adulto interdetto, al tribunale ordinario in composizione collegiale.

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