Con la morte di Papa Francesco e l’avvicinarsi del Conclave, tornano i misteri vaticani. Chi sono i «corvi» e quale ruolo giocano nelle dinamiche di potere della Santa Sede?
Con la morte di Papa Francesco, il Vaticano entra nuovamente in una fase delicata e densa di attese.
Il Conclave per l’elezione del nuovo Pontefice è ormai imminente e, ancora una volta, le ombre del passato sembrano allungarsi sulle stanze del potere. Tra gli interrogativi che si rincorrono nei sacri palazzi e tra gli addetti ai lavori, uno in particolare riemerge con forza “I corvi si stanno già muovendo?” e per chi non li conoscesse la domanda sorge spontanea: chi sono i corvi del Vaticano?
Il termine “corvi” è entrato nel vocabolario comune durante lo scandalo Vatileaks, scoppiato nel 2012 durante il pontificato di Benedetto XVI. All’epoca, documenti riservati furono trafugati e consegnati alla stampa, svelando intrighi, lotte interne, e gravi disfunzioni nella gestione economica e morale della Curia romana. Inizialmente si pensava a un singolo informatore: Paolo Gabriele, il maggiordomo del Papa. Ma in seguito si scoprì che dietro di lui agiva un’intera rete di persone, coordinate e ben radicate dentro e fuori le mura papali.
Oggi, mentre il Vaticano si prepara a voltare pagina, i riflettori si accendono di nuovo su queste figure misteriose. Chi sono davvero? Agiscono per fare pulizia o per orientare il potere? E, soprattutto, hanno già iniziato a muoversi per influenzare il prossimo Conclave? Ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo.
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Chi sono i corvi
Il mito dei “corvi” è molto più di una leggenda vaticana. Secondo quanto rivelato dalle fonti interne, i corvi non sono figure isolate, ma una rete ampia e composita composta da oltre venti persone: laici, religiosi, funzionari, persino esperti informatici e giornalisti stranieri.
Alcuni di loro avevano accesso diretto agli appartamenti papali o lavoravano nei punti nevralgici della Curia, dalla Segreteria di Stato ai Musei Vaticani, dalla Biblioteca Apostolica fino allo Ior. Altri operavano in modo più defilato ma altrettanto strategico, come nel caso di alcuni dirigenti dei servizi segreti o della Presidenza del Consiglio italiana, coinvolti nell’indagine giornalistica raccontata da Marco Ansaldo.
Secondo una delle fonti che parteciparono attivamente alla fuga di notizie, l’operazione fu concepita come una forma estrema di trasparenza interna. “Abbiamo cercato di aiutare il Papa”, dichiarò un ex corvo, riferendosi a Benedetto XVI. Il gesto di Paolo Gabriele, che fisicamente prelevò i documenti dall’armadio di mons. Georg Gänswein, fu solo l’ultimo atto di una strategia più ampia e concertata. Alcuni corvi si erano dati obiettivi precisi: contrastare figure come il cardinale Tarcisio Bertone, considerato da molti come l’uomo da colpire per aprire la strada a un nuovo pontificato.
La rivelazione più inquietante? Che dietro il caso non ci fosse soltanto lo scandalo delle carte, ma un piano per mettere in discussione la leadership stessa di Ratzinger, accusato da alcuni ambienti interni di essere troppo debole per fronteggiare i giochi di potere nella Chiesa. E, in un certo senso, ci riuscirono: la pressione interna e le tensioni derivate da Vatileaks contribuirono al clima che portò il Papa alla storica decisione della rinuncia.
La storia dei corvi: lo scandalo Vatileaks
Il termine “corvi” esplose nella cronaca italiana e internazionale con Vatileaks 1, il primo grande scandalo interno al Vaticano dell’era moderna. Nel 2012, centinaia di documenti riservati vennero pubblicati nel libro “Sua Santità” del giornalista Gianluigi Nuzzi, portando alla luce contraddizioni profonde nella macchina vaticana. Le carte parlavano di lotte di potere, interessi economici opachi, e soprattutto dell’ostruzionismo subito da figure come monsignor Viganò e Ettore Gotti Tedeschi, impegnati in progetti di razionalizzazione e trasparenza economica.
La versione ufficiale attribuì la responsabilità a Paolo Gabriele, arrestato e condannato, ma le indagini dimostrarono che il maggiordomo era solo un ingranaggio di un meccanismo molto più vasto. Come raccontato da “Fonte Maria” – nome collettivo di una delle principali fonti dei media – l’operazione fu un atto di resistenza da parte di una lobby interna che voleva denunciare le storture della Curia.
Lo scandalo non si fermò lì: un secondo capitolo, Vatileaks 2, si aprì nel 2015 con nuovi documenti e nuove accuse, anche sotto il pontificato di Francesco. In quella fase, però, il Vaticano reagì con forza, portando a processo numerosi imputati e “disinnescando” quasi tutti i corvi. Quasi tutti, appunto. Come fa notare Marco Ansaldo, non è detto che siano scomparsi del tutto. Anzi, alcune figure potrebbero ancora agire sotto traccia.
Se le loro identità rimangono oscure, un’altra domanda rimane senza risposta: chissà se i corvi in Vaticano hanno già iniziato a muoversi per questo Conclave.
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