Armi nucleari, sempre più Paesi le vogliono: quanto siamo vicini al punto di non ritorno?

Chiara Esposito

30/08/2023

31/08/2023 - 00:26

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Guerra nucleare tripolare e corsa agli armamenti sono i temi sul tavolo delle superpotenze; l’evoluzione delle tattiche internazionali non va sottovalutata.

Armi nucleari, sempre più Paesi le vogliono: quanto siamo vicini al punto di non ritorno?

L’uscita al cinema di Oppenheimer, il film sul padre della bomba atomica - e il suo finale dei toni volutamente profetici - sembrano allinearsi perfettamente al dibattito e agli eventi che punteggiano quella che molti analisti definiscono una nuova corsa agli armamenti nucleari.

Questo interessante parallelismo cinematografico ci arriva in particolare dallo sguardo del The Economist che ha illustrato in maniera tanto completa quanto esaustiva il nuovo clima di guerra fredda tripolare all’orizzonte con tanto di dati, ricostruzioni storiche ed evidenze tattiche odierne. Ne possiamo trarre un prezioso approccio interpretativo a fronte di un quadro dai contorni decisamente incerti e instabili.

Non il «classico» conflitto bipolare

Un nuovo conflitto nucleare sembra sempre più probabile, con Stati Uniti e Russia che abbandonano gli accordi di controllo degli armamenti. Questo processo si è avvicendato a fasi alterne negli ultimi anni con sensibili variazioni soprattutto dal punto di vista della strategia statunitense, influenzata dall’avvicendarsi alla presidenza di democratici e repubblicani e di presidenti - come Trump - con approcci tattici alla politica estera impetuosi e personalistici.

Il primo tassello storico considerevole in questo settore fu proprio il ritiro americano nel 2002 dal Trattato anti missili balistici ad opera dell’amministrazione Bush. Una mossa messa in campo citando la minaccia rappresentata da Corea del Nord e Iran. Un secondo passo sfavorevole degli States, come detto, avvenne in concomitanza con la presidenza trumpiana quando, nel 2019, si ufficializzò il ritiro dal Trattato sulle Forze Nucleari a Raggio Intermedio, accusando la Russia di frode e con forti preoccupazioni rispetto alla crescita cinese.

La principale concausa di questa situazione d’instabilità è l’invasione russa dell’Ucraina considerata la minaccia putiniana del ricorso all’uso di armi nucleari, dinamica che non ha fatto che aumentare le tensioni mettendo a rischio gli accordi di controllo degli armamenti. La notizia più sensibile in questa direzione è poi l’allarme polacco del maggio scorso rispetto allo spostamento di armi nucleari non tattiche russe in Bielorussia.

Equilibrio globale ed effetto nucleare a catena

Nel mondo post cortina di ferro però si prospetta un terzo polo. C’è infatti la Cina, che sta già correndo per rafforzare la propria forza nucleare. Il PCC sta infatti agendo liberamente, senza vincoli di trattati, e le stime dicono che potrebbe avere fino a 1.500 testate nucleari entro il 2035, avvicinandosi quindi ai limiti del NEW START. Questo avverrebbe dopo che per lungo tempo il Paese ha osservato una politica di “deterrenza minima” con poche centinaia di testate. La svolta è stata però registrata dal Pentagono che di recente sta esplorando soluzioni meno formali con Pechino per evitare una vera e propria crisi nucleare.

Gli altri attori dello scacchiere internazionale però sono disposti in quella che Christopher Nolan - citando eventi storici legati ai primi test dell’ordigno bellico - definiva il rischio di “una reazione a catena che distruggerebbe il mondo intero”.

Questo è infatti il ruolo delle cosiddette «incognite regionali» ovvero la dinamica effetto domino che vede l’India, in nome della disputa irrisolta sui confini cinesi, spinta ad aumentare le sue scorte ad oggi stimate a quota 160 testate. Un meccanismo che a sua volta rischia di spingere il Pakistan a rafforzarsi.
Senza contare le già attive e belligeranti Corea del Nord, con circa 30 testate e frequenti test di missili balistici intercontinentali, e l’Iran che si appresta a diventare una potenza nucleare.

La proliferazione insomma è questione di precari equilibri. Ancor di più tenendo conto che il NEW START scadrà nel febbraio 2026 e ci sono poche prospettive per un accordo successivo. Insomma - come scritto anche dal The Economist - «in meno di tre anni, l’ultima grande limitazione sulle scorte nucleari mondiali potrebbe essere rimossa» catapultandoci in un mondo senza confini in tal senso. Difficile in questo contesto articolato e interconnesso inoltre immaginare nuove strategie di deterrenza che coinvolgano su tre lati Stati Uniti, Russia e Cina in un accordo alla pari. Il piano inclinato della mancanza di misure internazionali per limitare le armi nucleari è però - inequivocabilmente - un elemento di cocente instabilità.

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