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Zona Euro: indici PMI in calo, lo stimolo BCE fallisce ancora. Serve flessibilità

lunedì 23 maggio 2016, di Livio Spadaro

L’indice PMI manifatturiero e dei servizi preliminare dell’Eurozona di maggio non ha dato segnali incoraggianti sulla crescita economica del Vecchio Continente. L’indicatore è rimasto tutto sommato piatto rispetto al dato precedente, sia sul piano dei servizi che della manifattura, e ha deluso le attese degli esperti che si aspettavano un, seppur minimo, rimbalzo.

Nonostante gli stimoli della BCE sembra quindi che l’Europa non riesca a migliorare la dinamica economica. Dando uno sguardo più da lontano, ci si può accorgere come i Paesi della zona Euro viaggino su dinamiche diverse. Il PMI manifatturiero della Francia segnala una fase recessiva del settore, nonostante il lieve rimbalzo di maggio. Lo stesso dato tedesco invece aumenta senza sosta, il che conferma che la Germania è l’economia sempre più prendorante in Europa.

Eurozona: PMI smentiscono crescita del primo trimestre

L’indice PMI manifatturiero e dei servizi preliminare dell’Eurozona ha dato conferma della scarsa crescita che si registra nelle economie della zona Euro. Nonostante gli ingenti stimoli messi in campo dalla BCE, nel Vecchio Continente la crescita economica stenta a decollare (in alcuni Paesi).

Lo stesso dato sulla Francia dà un’immagine preoccupante della dinamica del settore manifatturiero francese. L’indice è migliorato rispetto allo scorso mese di poco, rimanendo sempre su valori recessivi.

Buona invece la proiezione preliminare sul settore dei servizi che è migliorata rispetto al dato precedente e al consenso, portandosi al di sopra del valore soglia di 50.

La Germania cresce invece senza sosta visti i dati preliminari del PMI su manifattura e servizi. Il Paese guidato da Angela Merkel nel mese di maggio ha registrato una variazione positiva sia per la manifattura che per i servizi, dando così una buona immagine della dinamica di settore.

Eurozona: nonostante stimoli BCE l’economia stenta a ripartire - Markit

Markit ha commentato le rilevazioni prodotte spiegando che l’indice europeo segnala una fiacca crescite del PIL per il secondo trimestre dato che i PMI in genere anticipano le tendenze di crescita. Secondo gli esperti della casa di ricerche, l’anno prossimo la crescita economica dell’Eurozona si indebolirà ulteriormente.

I nuovi ordinativi ricevuti in Europa sono aumentati al ritmo più lento da quasi un anno e mezzo, sottolinea Markit, e il livello di ottimismo delle aziende sull’attività futura è sceso ai minimi del 2015.

Gli analisti di Markit fanno poi notare come gli stimoli della BCE non siano riusciti a migliorare la crescita della produzione e dei livelli occupazionali (che, aggiungiamo noi, non dipendono dalla BCE ma dalla “flessibilità”) nonostante il tasso di cambio favorevole e la contrazione dei prezzi di beni per la casa.

Eurozona: BCE potrebbe agire di nuovo entro la fine dell’anno - Commerzbank

Gli analisti di Commerzbank si uniscono al coro, spiegando che la robusta crescita economica vistasi nel primo trimestre 2016 dell’Eurozona non rappresenta l’inizio di una ripresa sostenuta dell’economia UE.

Gli esperti si aspettano dunque un ulteriore allentamento monetario da parte della BCE entro la fine dell’anno.

Eurozona: senza flessibilità del lavoro stimoli BCE non servono

Allentamento monetario che non servirebbe a molto probabilmente. Il problema dell’occupazione in Europa è rappresentato dalla scarsa flessibilità del mercato lavorativo a cui numerose nazioni europee stanno cercando di porre rimedio.

La Francia sta forzando la mano per introdurre il Jobs Act mentre in Italia questo passo è già stato fatto. Per essere competitivi in Europa è necessario avere un mercato lavorativo flessibile in modo da erodere i salari e aumentare la produttività vista l’assenza di flessibilità del tasso di cambio.

Questo meccanismo di competitività altro non è che l’austerity. L’austerity potrebbe diventare dilagante in Europa, tranne per qualcuno che a suo tempo sussidiò le proprie aziende puntando il dito sul debito altrui, facendo così in modo che la zona Euro resti in una sorta di stagnazione perpetua in pieno stile giapponese.

Il mandato della BCE, come ribadito più volte dal board e da Draghi stesso, è quello di stimolare l’inflazione ma non l’occupazione.

Questa tesi contrasta in pieno dato che senza occupazione difficilmente l’inflazione può essere stimolata. Prescindendo da fattori deflativi esterni, come possono essere i prezzi del petrolio o una possibile crisi delle economie emergenti (Cina in testa), resta ancora da capire come politici e banchieri centrali europei intendano stimolare la crescita in Europa.

Dicono di voler stimolare quest’ultima attraverso l’irrobustimento della domanda interna. La domanda interna però cresce nel momento in cui aumentano i salari e gli investimenti delle aziende cosa che al momento non solo non avviene ma è addirittura contrastata.

Per i Paesi periferici a questo ritmo la crescita non solo non ci sarà ma sparirà. Alcuni Stati potrebbero vedersi costretti a consegnarsi a chi invece in questa situazione ci gode, basti dare uno sguardo a cosa sta accadendo in Grecia.

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