Donetsk Lugansk come la Crimea? Forse no. In un referendum colmo di ombre stranvince l’indipendenza, ma Putin potrebbe fare marcia indietro
Il referendum separatista delle regioni filorusse dell’Ucraina dell’Est di Donetsk e Lugansk si è svolto ieri da tra fucili e barricate.
Stamattina è stato reso pubblico il risultato preliminare: il 95,98% dei votanti ha detto sì all’indipendenza. L’affluenza ha superato il 70%, nonostante le numerose difficoltà in cui si è svolto il tutto, è la “dichiarata inutilità” del voto.
Perché come preannunciato il blocco occidentale si è già espresso unanimemente: Ucraina, Stati Uniti e Unione Europea considerano il referendum illegale. Duro, durissimo il commento del presidente francese Francois Hollande che ha definito le consultazioni “veramente fasulle, nulle e non valide”.
Ancora più pesante il commento di Kiev:
“Una farsa criminale. Il referendum di oggi, ispirato, organizzato e finanziato dal Cremlino è giuridicamente nullo e non avrà alcuna conseguenza giuridica per l’integrità territoriale”
Questo quanto scritto in una nota governativa diramata ieri sera.
Il Plebiscito del dubbio
La reazione internazionale non è certo stata una sorpresa per i filorussi di Donetsk e Lugansk. Stati Uniti e UE avevano già espresso la loro opinione sul referendum giorni prima che esso avesse luogo. Anche le migliaia di persone che ieri hanno riempito i seggi delle varie città non si attendevano nulla di diverso:
È un modo per far sentire la voce del Donbass contro i fascisti di Kiev, ormai è troppo tardi per tornare indietro»
Il loro voto è contro i “fascisti di Kiev”, contro un governo che non li rappresenta e contro un’unità territoriale che considerano una farsa.
Nel frattempo cominciano a nascere i primi dubbi sul referendum: l’affluenza reale è impossibile da verificare, data l’assenza di osservatori indipendenti. La Guardia nazionale ha cercato in più occasione di impedire la consegna delle schede.
La CNN racconta che diversi elettori hanno votato più volte nello stesso seggio data l’assenza di un sistema di controllo. Le liste sono in mano ai ribelli (il governo ha bloccato i database) e non c’è nessun modo di verificare.
Altri giornalisti parlano di passaporti appartenenti ad altri, di pacchi di schede già votate. La stampa ucraina riporta infatti che un gruppo di ribelli filorussi è stato fermato con oltre 100mila schede elettorali sulle quali era già stata espresso il voto a favore dell’indipendenza per la cosiddetta Repubblica di Donetsk.
Insomma, la trasparenza sembra essere stata l’ultima delle linee guida da seguire.
La reazione russa
Sono in molti oggi ad attendere cosa deciderà di fare Vladimir Putin. I filorussi sperano di “fare la fine della Crimea”. Kiev ha paura che Donestk e Lugansk siano oggetto di un altro colpo di mano del Cremlino.
Ma Mosca stavolta deve stare attenta. Un’altra annessione potrebbe far crollare definitivamente la situazione.
Putin lo sa. Forse per questo alcuni giorni fa ha stupito tutti dichiarando che sarebbe stato meglio posticipare il referendum per non alimentare le tensioni.
Stati Uniti e UE sono pronte a intraprendere nuove, sempre più dure sanzioni. La Russia potrebbe quindi decidere diversamente, attendendo stavolta che sia la diplomazia a fare il suo corso. Il rischio, in caso contrario lo conosciamo tutti: la guerra.
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