Il punto di vista della GenZ sulla politica

Il punto di vista della GenZ sulla politica

di Paolo Di Falco

Perché la sinistra occidentale continua a ignorare il grido di libertà che viene da Cuba?

Paolo Di Falco

22 luglio 2021

Perché la sinistra occidentale continua a ignorare il grido di libertà che viene da Cuba?

Nel silenzio della sinistra continuano le proteste a Cuba contro la dittatura del presidente Miguel Díaz-Canel colpevole di una cattiva gestione della pandemia e di una crisi economica.

Da diversi giorni continuano a Cuba, al grido di “Patria Y Vida”, le proteste contro il governo del presidente Miguel Díaz-Canel di cui a gran voce se ne invocano le dimissioni. Queste proteste, le più ampie e partecipate da quelle del 1959 dove i rivoluzionari sotto la guida di Fidel Castro conquistarono il Paese, sono scaturite soprattutto dalla grande crisi economica che attanaglia l’isola da cui deriva anche la mancanza di cibo, dei generi di prima necessità che si intreccia con una gestione molto ambigua della pandemia.

Quest’ultime però, nella Cuba vagheggiata dagli occidentali orfani della sinistra del passato, sono state represse con un massiccio intervento dell’esercito, con gli arresti di centinaia di manifestanti e con un blocco della connessione internet in modo da impedire la diffusione online di video e di immagini delle proteste. A questo blocco si è aggiunto dopo anche quello dei principali social come Facebook, Twitter e Instagram. In tutto questo tempo forse qualcosa è cambiato anche a Cuba…

Le condizioni in cui versa Cuba: tra crisi economica, sanitaria e l’embargo americano

Sotto le immagini e i manifesti di Fidel e Che Guevara nella Cuba di oggi, tra i vari blackout quotidiani, si estendono le lunghe file davanti ai supermercati approvati dal governo: a mancare oltre alla libertà è soprattutto il cibo dato che anche i prezzi del mercato nero sono diventanti troppo alti. Basti pensare che secondo l’ex economista della banca centrale cubana, Pavel Vidal Alejandro, negli ultimi mesi a Cuba l’inflazione è aumentata del 500 %. Ma perché a mancare sono proprio i generi alimentari?

Cuba importa il 70 % del cibo che consuma e così a causa dell’emergenza sanitaria i prezzi sono cresciuti in tutto il mondo (nell’aprile del 2020 un litro di succo d’arancia valeva poco più di 2 dollari mentre un litro di petrolio meno di 8 centesimi), gli aiuti del Venezuela sono diminuiti e nell’isola il raccolto annuale della canna da zucchero è andato quasi del tutto rovinato. Elementi che si vanno a inserire nel modello economico statale di Cuba dove la politica macroeconomica quotidiana consiste nel controllo centralizzato delle carenze indotte sistematicamente.

Quindi, al modello russo centralizzato simile a quello delle dittature ormai scomparse dell’Europa orientale, in questo quadro già molto delicato si va ad aggiungere anche la crisi sanitaria scaturita dalla pandemia. Nonostante quello cubano sia uno dei migliori sistemi sanitari delle Americhe, il governo cubano non è riuscito a garantire le cure adatte dato che, come sostenevano alcuni manifestanti in un video diffuso sui social, “è inutile che ci siano i medici se a mancare sono le medicine.” Critica legata anche all’uso propagandistico, seppur utile, dei medici cubani inviati in vari Paesi del mondo (tra cui l’Italia) durante la pandemia.

Buona parte della situazione del Paese è però riconducibile anche all’embargo americano che dal 2001 vieta qualsiasi metodo di finanziamento degli acquisti di derrate alimentari e consente a Cuba di comprare cibo soltanto in contanti e in dollari. Gli stessi americani che hanno da sempre cercato di influenzare il Paese in maniera negativa rifiutandosi di promuovere e seguire la strada della democrazia.

Quel che resta dopo 70 anni di dittatura: tra socialismo e povertà

Dopo ben 70 anni di dittatura nel Paese è forse giunto il momento, anche per la sinistra di casa nostra, di aprire gli occhi sulla situazione cubana: isola dove a dominare sono la povertà e il sogno di emigrare che però viene inghiottito dal quel modello politico ed economico di matrice sovietica. Nell’utopica isola infatti, non esistono sindacati indipendenti, c’è ancora un giornale ufficiale (Granma) gestito dal Partito Comunista e continuano a esistere i Comitati per la Difesa della Rivoluzione (CDR) per, come disse una volta Fidel Castro: “sapere chi sono tutti, cosa fa ogni persona che vive nel blocco, che rapporti ha avuto con la tirannia, a cosa si dedica, chi incontra e quali attività segue”.

Sembrerà banale, ma non lo è affatto: sapevate che possedere un cellulare a Cuba è diventato legale solamente nel 2008? Non solo: soltanto dal 2018 è stata abilitato il traffico dati sugli smartphone, prima i cubani dovevano collegarsi a costose Wi-Fi pubbliche dove il caricamento di foto o video era quasi impossibile. In quest’ottica si inquadra anche il blocco della connessione internet fatto dalle forze governative durante l’inizio delle proteste.

Situazione di vita non certo utopica dove la Cuba di un tempo, baluardo contro l’aggressività degli Stati Uniti, ha lasciato il posto a un presidente che durante le sue bizzarre comparse televisive ha persino accusato l’ex pornostar Mia Khalifa di lavorare in tandem con il governo degli Stati Uniti per cercare d’incoraggiare le proteste nel Paese.

Da tutto questo risulta chiaro ed evidente come la sinistra occidentale e in particolar modo quella nostrana che, ultimamente, non ha aperto bocca sui fatti di Cuba dovrebbe schierarsi a fianco degli 11 milioni di cubani che hanno aspettato 70 anni per il diritto d’interferire negli affari interni del loro Paese in balia di una dittatura ormai decrepita.

Paolo Di Falco

18 anni, di Siracusa. Ho creato La Politica Del Popolo, un sito di news gestito da giovani.

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