I licenziamenti collettivi e la procedura di mobilità

Federico Migliorini

25 Agosto 2014 - 14:31

condividi

Molto spesso sentiamo parlare della procedura di mobilità, ma dobbiamo fare attenzione a non confonderla con il licenziamento. Ecco tutte le caratteristiche della “mobilità” ex L. 223/91.

I licenziamenti collettivi e la procedura di mobilità

La disciplina dei licenziamenti causati da una ingente riduzione del personale impiegato nell’impresa è stata introdotta nel nostro ordinamento con la Legge n. 223/91. Tale disciplina è intervenuta in materia di licenziamenti collettivi colmando una lacuna legislativa perdurante da tempo e fornendo una definizione dei licenziamenti per riduzione del personale distinguendoli dai licenziamenti individuali.

Il legislatore con la suddetta disciplina distingue, due casi, strettamente connessi tra loro:

  • Il collocamento in mobilità;
  • Il licenziamento collettivo per riduzione del personale.

Il collocamento in mobilità
Il collocamento in mobilità si verifica quando è in atto un programma rivolto a fronteggiare la crisi dell’impresa, o meglio ancora un processo di ristrutturazione aziendale o di crisi aziendale. Il tali casi il collocamento in mobilità interviene nell’ambito di un programma di Cassa integrazione guadagni straordinaria già autorizzato e finanziato dai competenti organi amministrativi, ma esclusivamente in aziende che occupano più di 15 dipendenti. L’art. 4 della L. 223/91 stabilisce che l’impresa che è stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora nel corso di attuazione del programma ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare le procedure di mobilità. Con la riforma del lavoro, L. n. 92/2012 il legislatore ha previsto che il datore di lavoro che ritenga di non poter garantire il reintegro proceda al licenziamento collettivo dei lavoratori eccedenti. La procedura di mobilità e la relativa indennità, infatti, progressivamente non verranno più applicate, per cui si arriverà alla completa abrogazione alla data dell’01/01/2016 ed alla progressiva sostituzione dell’indennità di mobilità con l’Assicurazione Sociale per l’impiego (ASPI).

Iscrizione nelle liste di mobilità
I lavoratori nei cui confronti il datore di lavoro abbia esercitato il recesso vengono iscritti nelle liste di mobilità che altro non sono se non delle speciali liste di collocamento. Agli stessi lavoratori è inoltre attribuito un diritto di precedenza nelle assunzioni che, entro 6 mesi dal licenziamento, dovessero essere effettuate dallo stesso datore di lavoro e possono essere assunti mediante contratti a tempo determinato che, anch’essi, prevedono forme di incentivi da parte dello Stato e non devono sottostare alle causali normalmente previste per tale tipologia contrattuale.

L’indennità di mobilità
L’iscrizione nelle liste di mobilità, inoltre, attribuisce al lavoratore il diritto di accedere ad una particolare forma di sostegno del reddito, denominata appunto indennità di mobilità. Tale indennità non può essere usufruita dai lavoratori che non abbiano accumulato 12 mesi di anzianità di servizio presso l’azienda che ha operato il recesso. Il periodo massimo di fruizione dell’indennità è stabilito in 12 mesi. Lo stesso può essere esteso a 24 mesi per i lavoratori ultraquarantenni ed a 36 per i lavoratori ultracinquantenni. La misura dell’indennità è variabile con il tempo di fruizione della stessa ed è pari al trattamento di Cassa integrazione guadagni spettante o effettivamente goduto, per i primi 12 mesi, mentre l’80% dello stesso per i successivi periodi.

Il licenziamento collettivo per riduzione del personale
Il licenziamento collettivo per riduzione del personale, invece, si verifica quando imprese con più di 15 dipendenti – indipendentemente dall’esistenza di programmi di integrazione salariale straordinaria, in conseguenza di una ristrutturazione o di crisi aziendale – intendano effettuale almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia. A questa ipotesi si affianca quella del licenziamento collettivo derivante dalla cessione dell’attività aziendale.
E’ rilevante e necessario il nesso logico tra la riduzione o trasformazione dell’attività produttiva ed il licenziamento collettivo. In tale ipotesi sono applicabili quasi integralmente le disposizioni sulla mobilità. I lavoratori licenziati vengono così iscritti nelle liste di mobilità, tuttavia, per questi lavoratori non è previsto il percepimento dell’indennità di mobilità.

Iscriviti a Money.it