Giulia Cecchettin, ritrovato il corpo: chi è la ragazza uccisa e il punto delle indagini

Alessandro Cipolla - Luna Luciano

18 Novembre 2023 - 14:40

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È stato ritrovato il corpo di Giulia Cecchettin, la ragazza di Vigonovo che era scomparsa dall’11 novembre dopo aver incontrato l’ex fidanzato Filippo Turetta, di cui non si hanno tracce

Giulia Cecchettin, ritrovato il corpo: chi è la ragazza uccisa e il punto delle indagini

Una tragedia annunciata di cui purtroppo si conosceva l’epilogo: è stato ritrovato il corpo di Giulia Cecchettin, la ragazza di 22 anni scomparsa da sabato 11 novembre, dopo essersi data appuntamento con l’ex ragazzo Filippo Turetta, scomparso anche lui e indagato per tentato omicidio solo da venerdì 17 novembre.

A inchiodare Turetta un video che ritrae il ragazzo aggredire a mani nude Giulia e caricarla sanguinante sulla macchina, facendo perdere le sue tracce.

Giulia è la 103esima vittima di femminicidio e davanti a questo numero, chi nega l’esistenza di un problema di violenza sulle donne in Italia, mente sapendo di mentire.

Dopo che le indagini delle Forze dell’ordine si erano concentrate sul lago di Barcis questa mattina a 12.30 è stato rinvenuto il corpo di una giovane donna, e pochi minuti è stata confermata l’identità: Giulia Cecchetin indossava ancora i vestiti con cui era uscita l’11 novembre con Turetta.

Il papà di Giulia, Gino Cecchettin, il quale fin da subito aveva escluso la possibilità che la figlia si fosse allontanata spontaneamente, ha lasciato la sua casa di Vigonovo ed è salito a bordo di una macchina dei Carabinieri per andare sul lago di Barcis dove è stato ritrovato il corpo della figlia, che in questi giorni avrebbe dovuto laurearsi in Ingegneria Biomedica. Ecco chi era Giulia, a che punto sono le indagini.

Chi era Giulia Cecchettin: la sua storia

Giulia Cecchettin è la 103esima vittima di Femminicidio, aveva 22 anni ed era nativa di Vigonovo, un Paese di 10.000 anime in provincia di Venezia ma non distante da Padova dove la ragazza studiava Ingegneria Biomedica.

Lo scorso anno Giulia ha dovuto affrontare la morte della madre a seguito di una malattia, stringendosi ancora di più al padre Gino e alla sorella Elena: nonostante il lutto la ragazza è riuscita a portare avanti gli esami e a preparare una tesi di laurea

Proprio giovedì scorso Giulia avrebbe dovuto laurearsi e nei giorni precedenti alla sua scomparsa si era impegnata nell’organizzare la festa di laurea, elementi questi che hanno portato il padre e la sorella a escludere immediatamente l’ipotesi della fuga volontaria.

Giulia Cecchettin ha conosciuto il suo aggressore Filippo Turetta, anche lui 22enne e di un paese del padovano, all’Università. Avevano intrapreso una storia d’amore, conclusasi lo scorso agosto. Giulia sarebbe comunque rimasta vicino all’ex per superare la separazione.

Ma non bisogna cedere a quella narrazione misogina che vede nella rottura il movente di un’aggressione, questa visione alimenta quel sistema di cultura patriarcale di cui nessun uomo ha intenzione di assumersi le responsabilità.

Lo sviluppo delle indagini di Giulia Cecchettin

Fin dal momento della scomparsa, il padre e la sorella Elena di Giulia Cecchetin hanno escluso a priori che la ragazza potesse essersi allontanata di sua spontanea volontà, menzionando fin da subito la gelosia dell’ex ragazzo Turetta.

La sera della scomparsa Giulia Cecchettin è stata vista in compagnia di Filippo Turetta - il suo ex ragazzo - prima intorno alle ore 20.00 in un centro commerciale a Marghera in provincia di Venezia e poi poco dopo le 23.00 in un parcheggio a Vigonovo, non distante dalla casa della ragazza. Nel mentre Giulia avrebbe scambiato dei messaggi con la sorella.

Un vicino di casa della ragazza avrebbe dichiarato di aver sentito litigare, allertando la Polizia, ma a inchiodare il ragazzo spunta un video di un sistema di videosorveglianza che avrebbe ripreso Turetta nel momento esatto in cui aggrediva a mani nude Giulia, per poi forzarla a salire sulla sua macchina Fiat Grande Punto mentre era sanguinante. Sul posto sono stati rinvenute tracce di sangue e alcuni capelli.

Le Forze dell’Ordine hanno tracciato gli spostamenti della Fiat nera del ragazzo al confine tra il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia, poi non distante dalla provincia di Pordenone e infine lungo la statale Alemagna in direzione Cortina.

Eppure ci sono due buchi temporali nella corsa della Punto nera di Filippo Turetta. Il primo, sabato notte: perché Filippo Turetta ha impiegato venti minuti in più a percorrere il tratto tra Fossò, in provincia di Venezia e Zero branco? Ancora domenica mattina, tra la Diga del Vajont e Pecol, l’auto ha impiegato due ore in più rispetto al tragitto normale.

Inoltre il fatto che da giorni non risultino prelievi bancomat da parte di Turetta adombra l’ipotesi che il suo sia stato un gesto premeditato. In Austria infatti Filippo era stato due mesi fa ad un concerto: i biglietti erano stati acquistati insieme a Giulia quando ancora i due erano fidanzati. Poi si erano lasciati e all’evento Filippo era andato in macchina, mentre Giulia aveva raggiunto il concerto in treno con la sorella Elena.

Adesso non resta che attendere lo sviluppo delle indagini.

Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio: le colpe dello Stato

Giulia Cecchettin è l’ultima vittima di una lunga lista di femminicidi che si sono consumati quest’anno e negli anni passati. È inutile negarlo l’Italia ha un problema sistemico con la violenza di genere e il femminicidio, complice una politica che non si fa carico della responsabilità di adottare politiche di prevenzione.

I discorsi dei mesi precedenti non sono valsi a nulla, non è valso a nulla la protesta di chi faceva notare alla premier Giorgia Meloni che non si deve istruire le ragazze a difendersi, ma educare gli uomini.

Lo si urla da anni nelle piazze italiane: finché la politica non adotterà politiche di prevenzione, la violenza sulle donne sarà responsabilità dello Stato e anche di quel giornalismo complice di una narrazione che vuole la violenza come fatto episodico, come uno “shock”: in Italia dal 1° gennaio 2023 sono state uccise 103 donne, non si può più parlare di casi sporadici e isolati.

La retorica di “non tutti gli uomini” dimostra ancora una volta una platea maschile disposta a scansare la colpa invece che assumersi le responsabilità di decostruire insieme ad attiviste, donne, persone non binary un sistema patriarcale che ogni giorno produce violenza.

Finché non ci si prenderà la responsabilità di non minimizzare la violenza, di abborrire narrazioni che prevedano la retorica del “era solo uno scherzo”, “sono solo ragazzi”, “era solo geloso”, “è stato un raptus”, “l’uomo che amava troppo”, si continuerà a normalizzare un sistema che porterà ad altre vittime di femminicidio: in Italia ogni 72 ore una donna muore.

Ancora una volta il Governo dovrebbe comprendere quanto sia necessario educare alla cultura del consenso tramite programmi di educazione sessuo-affettiva e decostruire la piramide della rape culture al cui vertice c’è il femminicidio. Eppure quegli stessi programmi spesso sono ancora ostacolati nelle scuole ed è qui la responsabilità dello Stato. Come si urla nelle piazze:

Se domani tocca a me
se domani non torno
distruggi tutto

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