Perché secondo il presidente di Confindustria produrre in Italia è diventato antieconomico

Stefano Rizzuti

5 Aprile 2022 - 16:24

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Per il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, produrre in Italia è diventato antieconomico. Vediamo cosa intende e quali possono essere le conseguenze per le imprese.

Perché secondo il presidente di Confindustria produrre in Italia è diventato antieconomico

Produrre è diventato antieconomico”. Le parole sono di Carlo Bonomi, presidente di Confindustria. Che non nasconde la sua preoccupazione per l’attuale situazione economica italiana, dopo la previsione di una recessione tecnica paventata proprio dal centro studi dell’associazione degli industriali.

Bonomi sottolinea come il 16% delle imprese italiane abbia già ridotto o addirittura interrotto le produzioni: “Se continuiamo così si aggiungerà un altro 30% nei prossimi mesi. Se andiamo a scartamento ridotto è un problema per il Paese”, afferma al termine di un convegno organizzato da Confindustria Piemonte e Intesa Sanpaolo.

Perché per Bonomi produrre è diventato antieconomico

Bonomi spiega che il problema in questo momento riguarda i dati economici, partendo da quelli sull’inflazione. Il presidente di Confindustria sottolinea che oggi l’inflazione in Italia è all’1,7% mentre in Europa sale al 3%: questa differenza si spiegherebbe, a suo giudizio, con un assorbimento da parte delle filiere italiane degli aumenti delle materie prime e dell’energia: incrementi legati sia al post-Covid che, di recente, al conflitto in Ucraina.

Bonomi spiega che le imprese italiane attualmente stanno cercando di tenersi dentro questi aumenti, ma ora “non possono più reggere: produrre è diventato antieconomico”. Se le condizioni non dovessero cambiare nei prossimi tre mesi, prosegue il presidente di Confindustria, la crescita italiana quest’anno sarà meno della metà rispetto a quella prevista del 4%. Non a caso Bonomi parla di rischio di recessione tecnica nel primo semestre.

Bonomi non risparmia critiche alla politica e al governo, tanto da sostenere che la crescita dovrebbe essere il faro verso cui puntare, ma che le decisioni non sempre vengono prese in questa direzione. “Molte volte sono indirizzate al dividendo elettorale e poiché l’industria non vota, ha meno attenzione. Per decenni si è deciso di spingere sulla spesa corrente e non sugli investimenti perché la spesa corrente vale per il dividendo elettorale”, attacca il presidente degli industriali.

Da qui la sua richiesta al governo di attuare grandi riforme per sanare ciò che è successo negli ultimi 20 anni. E il Pnrr, a suo giudizio non basta: “Abbiamo ritardi di logistica in tutto il mondo, oggi c’è bisogno di una guida politica seria, precisa”.

Per Confindustria rischio recessione tecnica

Solo pochissimi giorni fa Bonomi aveva sottolineato come oggi, anche nel più ottimistico degli scenari previsti dal Centro studi di Confindustria, l’Italia andrebbe incontro a una crescita del Pil nel 2022 inferiore al 2%, ben lontana dal 4% stimato. Quella che si verrebbe a configurare sarebbe quindi una recessione tecnica nei primi due trimestri dell’anno, secondo il leader degli industriali.

Per far tornare l’Italia ai livelli pre-pandemia, quindi, bisognerà aspettare il primo trimestre del 2023, stando alle stime di Confindustria: stando alle attese questo recupero era invece previsto per il secondo trimestre del 2022. La recessione tecnica, comunque, sarebbe di dimensioni limitate, ma non sarebbe compensata dalla ripresa attesa per il secondo semestre dell’anno in corso.

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