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BCE: Grecia fuori dal QE, i bond ellenici non rappresentano più una garanzia

giovedì 5 febbraio 2015, di Simone Casavecchia

Il tour europeo di Tsipras e del suo ministro delle finanze Yanis Varoufakis sembra aver raggiunto ieri la sua tappa conclusiva. Ancor prima di arrivare all’epicentro del male, a quella Berlino dove ad aspettarli ci sono oggi Angela Merkel e Wolfgang Schaeuble, i due membri più importanti del nuovo esecutivo greco ricevono da Francoforte quello che, senza alcuna ombra di dubbio, può essere considerato un colpo mortale.

In una nota diffusa ieri nelle ultime ore della giornata la BCE ha fatto sapere che i finanziamenti alle Banche greche sono di fatto sospesi e che la Banca Centrale Europea non accetterà più bond greci a garanzia di nuovi prestiti. I titoli di stato greci che le banche elleniche offrirebbero in cambio di liquidità fresca non sono più considerati, quindi, una copertura abbastanza valida per concedere nuovi prestiti, dal momento che

«Non è al momento possibile assumere una conclusione con successo della revisione del programma»

Quel che Mario Draghi ha chiarito a Varoufakis è che la BCE non può concedere nuovi prestiti alla Grecia, in mancanza di un accordo politico con gli altri Paesi UE. Come si apprende da fonti web, Draghi avrebbe

«chiarito il mandato istituzionale della banca e sollecitato il nuovo Governo a confrontarsi in modo costruttivo e rapido con l’Eurogruppo per assicurare la continuazione della stabilità finanziaria»

Si tratta di fatto dell’attuazione di un vero e proprio ricatto che la BCE ha messo in campo a seguito delle dichiarazioni svolte dal nuovo governo Greco a proposito del prolungamento del programma di salvataggio del Troika. Tsipras e i suoi ministri, infatti, vorrebbero attendere la scandenza dell’attuale programma di salvataggio al momento in corso, il 28 Febbraio, per poi evitare di rinnovarlo o prolungarlo. Prolungare il piano di salvataggio sarebbe però l’unico modo per consentire alle Banche Greche di ottenere nuova liquidità attraverso quel Fondo di Emergenza (Ela) che, seppur gestito dalla Banca Centrale di ogni singolo Paese Europeo, può essere revocato dalla BCE che ne detiene i due terzi.

La BCE è giunta a questa decisione, dopo una riunione molto tormentata del proprio Consiglio direttivo, in cui i rappresentanti di molte banche centrali dei Paesi dell’Eurozona hanno preso una posizione netta a favore del provvedimento. La decisione è stata motivata con le stesse regole vigenti all’interno della BCE, che concede, di norma, prestiti alle banche europee accettando in cambio titoli di stato del Paese a cui appartengono nel solo caso in cui tali titoli di stato godano dell’investmente grade (corrispondente a BBB), ovvero vengano reputati titoli convenienti per un investimento da parte di un’agenzia di rating.

I titoli di Stato dei Paesi dell’Eurozona godono tutti dell’investment grade, tutti tranne i titoli di Grecia e Cipro ai quali, finora, è stata concessa una deroga, proprio in virtù del piano di risanamento avviato con la Troika.

Nel comunicato diffuso dalla BCE viene anche indicata la necessità di un collaterale di qualità delle banche greche, per poter accedere a nuovi prestiti da parte della BCE, in mancanza del quale, gli stessi istituti ellenici dovranno rivolgersi alla Banca centrale di riferimento che gestisce il fondo Ela.

Si tratta in realtà di una falsa alternativa, dal momento che, come abbiamo spiegato sopra, anche il fondo Ela è di fatto controllato dalla BCE, seppur gestito dalla Banca centrale del Paese di riferimento.

Una falsa alternativa dettata dal ruolo istituzionale della BCE e dalla regole a cui essa è soggetta nello scenario politico, quello scenario con cui la Grecia dovrà misurarsi se vorrà ottenere nuova liquidità. Le sedi del confronto sono quelle di Berlino, dove oggi si terrà lo scontro più netto tra Grecia e Europa, e dell’Eurogruppo che dovrà riunirsi la settimana prossima.

Solo sbloccando il fronte politico il QE recentemente varato dalla BCE potrà diventare fruibile anche per la Grecia, dal momento che è solo entro il recinto delle regole europee che il piano di acquisto dei titoli di stato della BCE può avvenire, anche per Paesi con un rating al di sotto della soglia minima di investimento.
Di questo è ben consapevole anche Varoufakis che pur avendo affermato che

«la Bce è la banca centrale della Grecia e farà tutto quello che è necessario per sostenere i membri dell’eurozona»

ha anche notato che

«Draghi ci ha spiegato quali sono i limiti della propria azione»

Si tratta di limiti che rendono, almeno al momento attuale, impraticabili sia proposte, come la cancellazione del debito pubblico greco, sia il piano di salvataggio messo a punto da Varoufakis, quel doppio Swap che prevederebbe di innalzare le emissioni di titoli di debito greco nell’immediato e di trasformare i titoli in scadenza da rimborsare alla BCE tra pochi mesi in titoli di debito perpetui su cui pagare i soli interessi.
A questo punto la strada per la Grecia è segnata: o sottostare alle richieste della Germania e dell’Eurogruppo, piano di salvataggio della Troika incluso oppure iniziare a contemplare la pericolosissima alternativa della Grexit.

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