20 milioni di tonnellate di oro trovati in mare, ma non conviene estrarle

Luna Luciano

1 Giugno 2025 - 13:27

Scoperti 20 milioni di tonnellate d’oro disciolti negli Oceani e nel Mediterraneo. Un tesoro da oltre 1.000.000 di miliardi (o biliardo) di dollari, ma troppo costoso da recuperare.

20 milioni di tonnellate di oro trovati in mare, ma non conviene estrarle

20 milioni di tonnellate d’oro sono disciolte negli Oceani e nel Mare Mediterraneo. Lo hanno rivelato diversi studi scientifici internazionali, tra cui ricerche supportate dalla NOAA, la National Oceanic and Atmospheric Administration statunitense.

Questo oro non si trova sotto forma di pepite o lingotti nascosti sul fondale, bensì disciolto nell’acqua marina, in quantità minuscole ma distribuite ovunque nel globo. Secondo le stime più accreditate, il valore complessivo di questo metallo prezioso raggiungerebbe circa 1.000.000 miliardi di dollari (quadrillions in scala americana), una cifra che supera qualsiasi ricchezza mai calcolata sulla Terra.

Eppure, nonostante questo potenziale economico rivoluzionario, nessuno si è ancora lanciato in operazioni di estrazione. La ragione è semplice quanto sorprendente: non conviene. Scopriamo insieme perché.

20 milioni di tonnellate d’oro in mare: la scoperta

La rivelazione della presenza di enormi quantità d’oro disciolto nelle acque marine non è nuova, ma solo recentemente gli studi hanno raggiunto un livello di precisione tale da permettere una stima globale. Le analisi più dettagliate sono state condotte dalla NOAA, l’agenzia meteorologica e oceanografica degli Stati Uniti. Secondo i dati, in media si trova circa un grammo d’oro ogni 100 milioni di tonnellate d’acqua. A prima vista può sembrare una quantità irrisoria, ma moltiplicata per l’immensità degli oceani e dei mari del pianeta, il risultato è straordinario: 20 milioni di tonnellate.

Le zone più ricche, secondo le stime attuali, sarebbero l’Oceano Atlantico, il Pacifico settentrionale e, in modo particolare, il Mar Mediterraneo. Tuttavia, queste concentrazioni sono puramente teoriche, dato che non esistono ancora progetti sperimentali o industriali capaci di confermarle direttamente tramite estrazione. Dal punto di vista scientifico, però, la scoperta è eccezionale. Indica non solo la diffusione di elementi preziosi in ambienti naturali, ma apre la strada a nuove ipotesi sulla composizione chimica dei mari e sulla possibilità futura di sfruttare risorse non convenzionali.

Gli scienziati vedono in questa ricchezza sommersa un’opportunità per sviluppare tecnologie avanzate e più sostenibili. L’oro disciolto potrebbe, in teoria, essere estratto con processi chimici di filtraggio molecolare o mediante nanotecnologie. Tuttavia, si tratta ancora di ipotesi futuristiche, non supportate da soluzioni operative. La complessità e il costo di questi processi frenano qualsiasi tentativo su larga scala. In questo senso, l’oro marino diventa quasi una “ricchezza fantasma”: presente ma inaccessibile.

20 milioni di tonnellate d’oro in mare: perché non si possono estrarre

Nonostante il fascino esercitato da un tesoro di proporzioni epiche, la realtà è che estrarre l’oro disciolto nell’acqua marina è, ad oggi, antieconomico. Il principale ostacolo non è la tecnologia in sé, ma il suo rapporto costi/benefici. Attualmente, non esiste un sistema di filtraggio capace di isolare l’oro in modo selettivo, rapido ed economico. Le concentrazioni sono così basse che, per recuperare anche solo un grammo, bisognerebbe trattare centinaia di milioni di litri d’acqua.

Inoltre, il processo richiederebbe infrastrutture gigantesche, impatti energetici elevatissimi e, inevitabilmente, conseguenze ambientali potenzialmente devastanti. Qualsiasi tentativo di estrazione su scala industriale comporterebbe un’interferenza massiccia con gli ecosistemi marini, già oggi sottoposti a forti pressioni da pesca intensiva, inquinamento e cambiamenti climatici.

A ciò si aggiunge la variabilità delle concentrazioni di oro nelle diverse aree marine. Anche se il Mar Mediterraneo viene indicato come una delle zone più ricche, non esiste una mappatura precisa né un metodo per sapere dove convenga intervenire. In assenza di dati certi, ogni tentativo di estrazione rischierebbe di trasformarsi in un investimento a fondo perduto.

In conclusione, i 20 milioni di tonnellate d’oro presenti negli oceani restano per ora un’impressionante curiosità scientifica, più che una vera risorsa.

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