Quanti soldi si possono tenere in casa?

Ilena D’Errico

7 Novembre 2022 - 18:40

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Quanti soldi si possono tenere in casa in modo legale senza correre rischi, tenendo conto del limite ai contanti e alle operazioni sui conti correnti?

Quanti soldi si possono tenere in casa?

Gli ultimi governi hanno previsto alcune misure per ridurre la circolazione di denaro contante e, allo stesso tempo, incentivare l’utilizzo di metodi di pagamento tracciabili. I limiti riguardano prevalentemente i pagamenti, ma non definiscono quanti soldi si possono tenere in casa.

Porre un limite all’utilizzo dei contanti è la strategia più efficace per disincentivare i pagamenti in nero, l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro. Quando, tuttavia, si parla di prelievi o versamenti sul conto, questa regola non si applica, in quanto il denaro rimane in proprietà dello stesso soggetto.

Così, anche per quanto riguarda i soldi tenuti in casa la legge non prevede una normativa specifica. In linea teorica sarebbe infatti possibile conservare in casa una quantità illimitata di denaro contante, ma è comunque opportuno tenere conto di eventuali controlli da parte delle forze dell’ordine.

Tenere soldi in casa in modo legale

Conservare i propri soldi in casa, indipendentemente dalla cifra, non costituisce un illecito e tanto meno un reato. Nonostante questo, e soprattutto in alcuni casi particolari, la somma deve essere giustificata e motivata in maniera corretta.

I soggetti già sottoposti a particolari controlli, o comunque che hanno in precedenza ricevuto delle segnalazioni per un utilizzo sospetto del contante o per la presunzione di attività illecite, potrebbero essere sottoposti a una perquisizione del domicilio.

La perquisizione, che in assenza di condizioni di urgenza deve essere stata preventivamente autorizzata dal giudice, rileva e accerta la presenza di denaro contante, indipendentemente dalla motivazione che l’ha originata.

Appurato che non esiste un limite legale e che la perquisizione è riservata ad alcune situazioni specifiche, per non trovarsi in situazioni scomode è utile riuscire a spiegare la provenienza del denaro conservato nell’abitazione.

La documentazione, anche se non è obbligatoria, è tanto più necessaria quanto l’importo è ingente e non può essere giustificato come provenienza del normale reddito familiare. Il fattore fondamentale è proprio l’origine del denaro, mentre il motivo per cui viene conservato è rilevante soltanto in minima parte.

Nulla vieta, infatti, di risparmiare il denaro in forma contante, cosa che peraltro era piuttosto abituale fino a qualche anno fa. Il limite posto ai pagamenti in contanti, in questo caso, gioca a favore anche dei risparmiatori tradizionali che sono in qualche modo risparmiati da un controllo eccessivo.

I pagamenti che superano il tetto massimo, attualmente di 2.000 euro ma che il governo Meloni intende aumentare almeno fino a 5.000 euro, possono essere effettuati esclusivamente in forma tracciabile, anche quando proventi dei risparmi. Questi ultimi dovranno quindi essere debitamente versati su un conto corrente, prima di essere utilizzati. Questo meccanismo assicura di conseguenza la trasparenza della transazione, e rende quindi più semplice dimostrare la finalità prevista per il denaro.

Limite ai contanti: versare e prelevare

Dal momento in cui la legge non fissa una soglia massima per il denaro tenuto in casa e nemmeno per le operazioni di versamento o prelievo sul proprio conto corrente, è facile pensare che non ci siano rischi connessi a queste operazioni. Non è esattamente così, in quanto l’istituto di credito è autorizzato a fare delle segnalazioni.

Questo fattore incide direttamente sulla possibilità di conservare il denaro in casa, perché potrebbe sorgere la necessità di versarlo sul conto, oppure al contrario potrebbe provenire proprio dai prelievi effettuati nel tempo.

I versamenti, così come i bonifici in entrata peraltro, sono di competenze dell’Agenzia delle Entrate, allo scopo di contrastare l’evasione fiscale. Per non incorrere in problematiche è possibile utilizzare due differenti metodi, ossia:

  • Inserire il denaro ricevuto e/o versato nella dichiarazione dei redditi, mostrando quindi che si tratta di un compenso ricevuto e accedendo alla tassazione dovuta.
  • Dimostrare, all’evenienza, che si tratta di somme non soggette a tassazione come donazioni o ricavi da vendite di oggetti usati.

I prelievi, invece, per quanto riguarda i privati non sono controllati dal fisco bensì dallo stesso istituto di credito che è legalmente obbligato a segnalare all’Unità di informazione finanziaria prelievi oltre i 10.000 euro avvenuti nell’arco di un mese.

L’Uif provvederà poi ad accertare la regolarità della situazione, e soltanto nel caso in cui le ragioni del soggetto non risultassero convincenti riporterà la segnalazione alla Procura della Repubblica, che inizierà le indagini per individuare reati di riciclaggio.

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