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Perché l’Italia fa tremare i mercati? I 5 motivi del terrore internazionale
sabato 13 maggio 2017, di
L’Italia continua a terrorizzare i mercati internazionali e gli esperti continuano ad interrogarsi circa gli effetti che il Belpaese potrebbe avere su di essi, soprattutto in senso ribassista.
Gli elementi che spingono a preoccuparsi dell’Italia sono in realtà molti e vanno dal contesto economico a quello politico attraversando poi anche quello sociale. Già prima delle elezioni francesi, altro grande motivo di preoccupazione per i mercati, diverse voci si sono levate per affermare che né l’avanzata della Le Pen, né le prossime elezioni tedesche sono così rischiose per l’Unione Europea così come lo è l’Italia.
Ora che, almeno lo spettro delle presidenziali francesi è stato allontanato con la vittoria di Emmanuel Macron, i mercati sono tornati a cercare nuove fonti di incertezza all’orizzonte. I loro occhi, purtroppo, si sono posati proprio sull’Italia che potrebbe essere prossima fonte di incertezza e disordine.
Dalla politica alla finanza, dalla crescita all’economia, ecco quali sono i motivi principali che continuano a rendere i mercati internazionali spaventati dall’Italia e dal futuro della penisola.
1) La politica
Le preoccupazioni dei mercati nei confronti dell’Italia sono aumentate a dismisura nel momento in cui è stato convocato il referendum costituzionale di dicembre scorso. Dalle testate giornalistiche estere, fino ai governi europei e non, tutto il mondo ha guardato con timore alla consultazione che ha determinato le dimissioni di Matteo Renzi e la nascita del nuovo Governo Gentiloni.
A cinque mesi da quello storico 4 dicembre, i mercati guardano ora con ansia alle prossime elezioni politiche italiane. Per le testate estere queste si concluderanno con la vittoria del Movimento 5 Stelle che tuttavia non avrà i numeri necessari per governare. Il risultato? Nuova instabilità politica e nuova incertezza sui mercati internazionali.
2) Le banche
A rendere i mercati nervosi c’è anche la situazione delle banche italiane. Nonostante il ministro Padoan abbia parlato di una crisi ormai scongiurata, non tutti sono convinti della veridicità delle sue affermazioni, soprattutto con riferimento alla delicata partita per il salvataggio delle banche venete e di MPS.
Le deboli banche italiane sono ancora alle prese con lo smaltimento dei Non Performing Loans e con le conseguenze della recessione che hanno reso più volte necessari aumenti di capitale per far tornare gli istituti alla piena redditività. Pensiamo ad esempio al caso di UniCredit, esempio di successo, ma anche al caso di MPS, il cui fallito aumento di capitale ha aperto le porte all’intervento statale.
3) Il debito pubblico
A pesare sulla delicata situazione dell’Italia c’è anche lo stellare debito pubblico che, tuttavia, a febbraio ha mostrato segni di ridimensionamento. Nel 2016 il dato si assestava comunque al 132,3% del prodotto interno lordo del Belpaese. Il debito nazionale è 1.3 volte maggiore rispetto all’intero output economico annuo italiano.
La progressiva riduzione del debito a ritmi accettabili richiederà non soltanto un taglio epocale della spesa pubblica da parte dello Stato, ma anche una crescita economica maggiore rispetto ai costi di finanziamento della stessa penisola. Gli investitori non sono del tutto convinti che l’Italia riuscirà ad evitare livelli sempre più alti di debito, cosa che porterà maggiori costi legati al credito ottenuti tramite titoli di Stato. L’Italia sarà in grado di ridurre il debito? I mercati internazionali si dicono abbastanza dubbiosi.
4) L’economia
Come ha fatto notare una recente analisi del Financial Times, neanche l’economia dell’Italia se l’è cavata in modo ottimale negli ultimi anni. Secondo alcune statistiche di Bank of America Merrill Lynch, dal 2009 ad oggi l’Italia ha perso il 7% del Pil, il 12% del reddito disponibile e il 20% della sua produzione industriale. Per non parlare poi dell’azionario che vale meno della metà rispetto al 2007.
La percezione internazionale è che ogni tentativo di salvataggio dell’Italia si rivelerà poi come un ennesimo problema. Le riforme economiche potrebbero dar vita ad un’economia più vivace nel lungo periodo, ma tutto ciò sarà preceduto da difficoltà di breve periodo che potrebbero favorire movimenti populisti e indebolire le banche.
5) Il populismo e l’odio verso l’Euro
Come già accennato, anche il pericolo di derive populiste e anti-europeiste sta allarmando i mercati internazionali, anche se il fenomeno non appartiene soltanto al Belpaese come abbiamo potuto vedere ad esempio con il caso francese. Strettamente correlato al tema è il discorso relativo all’uscita dall’Euro, più volte identificata come la soluzione a tutti i mali che affliggono l’Italia (e l’Europa).
È proprio questo tema una delle maggiori fonti di preoccupazione per i mercati internazionali. Scongiurato il pericolo Frexit, gli esperti stanno ora prezzando le possibilità di Italexit, ossia l’uscita del Belpaese dal circuito della moneta unica. All’interno dei confini nazionali, però, gli esperti sembrano piuttosto concordi nel ritenere questa ipotesi come altamente improbabile.
L’abbandono dell’Euro potrebbe da un lato aiutare le esportazioni, a causa del deprezzamento della moneta unica, ma contemporaneamente potrebbe devastare le banche e le assicurazioni, e potrebbe dar vita ad una vera e propria fuga di capitali dall’Italia sul pericolo ridenominazione del debito. Ecco, insomma, perché l’Italia spaventa così tanto i mercati internazionali.