Myanmar, frasi shock dall’esercito: “Manifestanti morti? Colpa loro”

Marco Ciotola

09/04/2021

22/06/2021 - 16:51

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L’esercito nega ogni responsabilità per le morti di oltre 600 manifestanti che hanno insanguinato il Paese. E gela sulle elezioni: “Entro due anni da oggi”

Myanmar, frasi shock dall’esercito: “Manifestanti morti? Colpa loro”

I morti? Colpa dei “manifestanti ribelli”. Ne sono convinti i militari a capo di uno dei periodi più caotici e sanguinolenti nella storia del Myanmar.

Sono più di 600 le persone morte finora, o meglio da quando l’esercito del generale Zaw Min Tun ha estromesso il governo eletto della leader Suu Kyi, si è preso con la forza la leadership e ha installato una giunta militare.

Una situazione alla quale ha fatto seguito l’insorgere della popolazione, in marcia nelle piazze per chiedere democrazia e il ritorno dell’esecutivo regolarmente eletto. Ma come purtroppo ben noto, le reazioni alle proteste sono state violentissime, e tra i decessi si contano anche quelli di diversi bambini.

Una situazione che per il portavoce militare non è altro che una “salvaguardia del Paese”, così come dichiarato nelle ultime ore, e i decessi solo una conseguenza della ribellione dei manifestanti.

Myanmar, frasi shock dall’esercito: “Manifestanti morti? Colpa loro”

È la CNN a riportare lo scioccante punto di vista del governo militare al potere in Myanmar.

Dalla lunga intervista con il generale Zaw Min Tun - pesantemente condizionata da controlli e censure subìti dai giornalisti USA - emerge comunque una panoramica di dinamiche violente e obiettivi di conquista disposti a passare sopra a chiunque.

Quello che ha sconvolto maggiormente è poi la posizione dell’esercito sulla questione elezioni: a febbraio il generale Min Aung Hlaing aveva annunciato lo stato di emergenza per un anno, dopodiché - prometteva - si sarebbero svolte “libere elezioni”.

Ma per Zaw Min Tun lo stato di emergenza potrebbe essere prorogato per “altri sei mesi o più”, e alle urne si potrebbe arrivare entro due anni da ora.

Ma sono molti gli osservatori a interrogarsi riguardo l’effettiva libertà di nuove elezioni in Myanmar, evidenziando le stringate possibilità che i militari - che hanno governato il Myanmar per mezzo secolo tra il 1962 e il 2011 - si mostrino disposti a cedere nuovamente il potere.

Resta purtroppo una costituzione - modificata nel 2008 - che consente ai militari di mantenere il potere malgrado la presenza di un governo civile. In più va aggiunto come nel Paese i generali abbiano praticamente sempre mantenuto il controllo di tre dei principali ministeri: difesa, esteri e affari interni.

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