Babcock Ranch: la comunità energetica resiste all’uragano Ian

Redazione LifeGate

10/10/2022

10/10/2022 - 12:41

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La comunità energetica di Babcock Ranch è autosufficiente grazie al fotovoltaico. La struttura del luogo è in grado di resistere agli uragani.

Babcock Ranch: la comunità energetica resiste all’uragano Ian

A circa venti chilometri dalla costa, nell’area di Fort Myers in Florida, sorge una piccola comunità di circa un migliaio di abitazioni di diverse dimensioni. Babcock Ranch, così il nome del complesso residenziale, non ha subito danni una volta che l’uragano Ian ha toccato la costa, ormai una settimana fa. Mentre oltre 2,5 milioni di cittadini sono rimasti senza elettricità e circa un milione senza acqua potabile, gli abitanti di Babcock Ranch non sono mai stati disconnessi dalla rete elettrica, internet ha continuato a funzionare, così come l’accesso all’acqua.

Tutto ciò grazie all’intuizione di un ex giocatore di football, che ritiratosi dai campi, decise circa 16 anni di fa di realizzare una cittadina a prova di uragano, alimentata quasi esclusivamente con l’energia fotovoltaica, e resiliente ai cambiamenti climatici. L’intuizione arriva nel 2006 a Syd Kitson, che acquista i quasi 38mila ettari dell’area a pochi chilometri dal Golfo del Messico, proprio per realizzare un progetto residenziale di quella che oggi definiremmo come una comunità energetica. Così già nel 2020 la “cittadina” finì nei media internazionali come la prima città americana interamente alimentata da fonti rinnovabili.

Babcock Ranch, fotovoltaico e adattamento ai cambiamenti climatici

Ma come funziona in pratica Babcock Ranch? Per prima cosa Kitson vendette circa 30mila ettari allo Stato della Florida per realizzare una riserva naturale, dopodiché mise a disposizione altri 178 ettari alla Florida Power & Light per la realizzazione di un parco fotovoltaico composto da più di 700mila pannelli, capaci di produrre più energia di quanto necessitasse il complesso.

Nei primi anni di sviluppo del complesso i costi per gli accumuli erano ancora troppo elevati, di conseguenza lo scambio di elettricità funzionava un po’ come “lo scambio sul posto” qui in Italia, in modo tale da compensare l’energia prodotta in un certo momento della giornata, con quella prelevata dalla rete (quando non c’è il sole o quando la nuvolosità è piuttosto accentuata) in un momento differente da quanto viene prodotta.

Oggi però, come riporta CleanTechnica, la società energetica ha già installato le prime unità per lo stoccaggio, realizzando delle vere e proprie microgrid. Ma l’intera area non è solo energeticamente autosufficiente, ma è stata progettata proprio per resistere agli eventi estremi, o comunque ridurne gli effetti. Sorge infatti ad un’altitudine di circa sette metri sul livello del mare più alta rispetto alle città sulla costa, mentre tutto il sistema di gestione delle acque superficiali è stato progettato per sfruttare i sistemi naturali, come canali e reticoli minori, per contenere i flussi; l’elevata naturalità delle zone circostanti permette inoltre di drenare e ridurre il flusso delle acque in caso di inondazione. Anche alberi e arbusti sono stati scelti in modo tale da resistere a tempeste e incendi, tanto che dai testimoni del posto si legge che sia caduto solamente “qualche albero qua e là”.

Non basta più lavorare in emergenza, e serve comprendere come aree urbane e rurali siano intrinsecamente collegate tra loro. Ne è un esempio il piano a lungo termine messo a punto dalla città di Copenaghen, denominato Cloudburst, che prevede la creazione di circa 300 aree che possono fungere da spazi ricreativi quando non piove e come collettori d’acqua in caso di eventi estremi.

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