Cancel culture: cos’è e perché se ne parla tanto

Isabella Policarpio

14/05/2021

17/05/2021 - 08:13

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Che significa cancel culture, come e dove nasce? Un approfondimento su una delle espressioni più utilizzate del momento, traduzione ed esempi in Italia e nel mondo. Ecco di cosa si tratta.

Cancel culture: cos’è e perché se ne parla tanto

Cancel culture, se ne parla ovunque specie dopo la “condanna” di alcune delle pellicole Disney più amate da generazioni. Ma cos’è esattamente e che significa?

Questo è un fenomeno diffuso soprattutto negli Stati Uniti ma che sta prendendo piede anche in Italia, caso emblematico quanto accaduto alla statua di Indro Montanelli, accusato per aver sposato una bambina in Eritrea ai tempi della guerra coloniale durante il Ventennio fascista.

La cancel culture è un’ideologia vasta e in espansione che va a demolire valori, ideali e comportamenti ammessi in passato che non trovano più collocazione nel contesto odierno. L’espressione si è diffusa agli inizi del 2010 guadagnando fama internazionale a partire dal 2017 con il #MeToo delle attiviste afroamericane.

Ecco cosa vuol dire davvero.

Cancel culture: cos’è, significato e traduzione

Per capire cos’è la cancel culture dobbiamo partire dal suo significato e in questo ci viene in aiuto il vocabolario della lingua italiana Treccani:

“Atteggiamento di colpevolizzazione, di solito espresso tramite i social media, nei confronti di personaggi pubblici o aziende che avrebbero detto o fatto qualcosa di offensivo o politicamente scorretto e ai quali vengono pertanto tolti sostegno e gradimento.”

Da ciò si evince che la cancel culture comprende quello che viene comunemente definito “politicamente corretto” ovvero l’ atteggiamento sociale di chi rispetta in modo estremo la correttezza formale di atti e comportamenti (verbali e non) per scongiurare ogni tipo di offesa verso determinate categorie di persone, soprattutto minoranze linguistiche, etiche e omosessuali.

L’espressione anglosassone cancel culture, quindi, indica un insieme di comportamenti che possono manifestarsi sui Social media, sui giornali, in televisione o altro mezzo di comunicazione o, nei casi più estremi, in gesti ai limiti del legalmente consentito come imbrattare o abbattere monumenti di rilevanza storica. Questo atteggiamento mira ad “eliminare” e quindi cancellare le tracce di un passato caratterizzato da valori e ideali anacronistici per i nostri tempi, in particolare la cultura patriarcale e l’odio razziale.

Si tratta di un fenomeno assai complesso in continua evoluzione che non conosce confini geografici - ne vedremo diversi esempi in Italia - che accomuna per lo più le nuove generazioni, le quali faticano ad accettare che la cultura del passato fosse profondamente diversa da quella attuale ma che, non per questo, merita la “damnatio memoriae”.

Cancel culture in Italia

Il fenomeno globale del cancel culture ha colpito anche l’Italia e non soltanto sui Social network. Esempio lampante di come questo orientamento si sia radicato nel nostro Paese è quanto accaduto a Milano alla statua del giornalista Indro Montanelli, imbrattata perché emblema di un “maschilismo tossico”.

Per molti è assimilabile alla cancel culture anche la performance dell’artista Ivan Tresoldi il quale, in occasione della festa della donna, ha colorato di fucsia l’unghia del famoso dito di Cattelan in Piazza Affari a Milano. Lo scopo del gesto sensibilizzare contro la violenza di genere richiamando il colore simbolo dell’associazione femminista NUDM – NON UNA DI MENO a cui l’opera è dedicata.

Casi ed esempi di cancel culture

Questo lungo anno di pandemia ha offerto diversi esempi di cancel culture, in Europa e non solo. Nel mirino sono finiti soprattutto i grandi classici della Disney, accusati di essere portatori di luoghi comuni superati ed offensivi: “Gli Aristogatti” perché offendono le etnie orientali con gli occhi a mandorla, “Dumbo” per un numero musicale riguardante gli schiavi afroamericani, “Peter Pan” per la scena degli indiani dell’Isola che non c’è e, per ultimo, “Biancaneve e i sette nani” per il bacio non consenziente strappato alla fanciulla mentre è svenuta.

Ma, oltre alle pellicole Disney, sono finite al centro della cancel culture anche alcuni grandi classici del cinema. Tra questi “Via col vento”, eliminato dal catalogo HBO a causa delle proteste anti-razziste. Il portavoce della piattaforma si è impegnato a inserire il film soltanto con una contestualizzazione delle idee in esso presenti e un’adeguata presentazione del periodo storico di ambientazione.

Sono esempi di cancel culture anche gli episodi di vandalismo verso le statue dei leader confederati negli Stati Uniti, specie dopo la scia di proteste per la morte di George Floyd: sono caduti Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci ed anche i padri fondatori Thomas Jefferson, George Washington e Theodore Roosevelt, “colpevoli” di appartenere ad una cultura patriarcale e razzista.

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