In quali casi è obbligatorio aprire la partita Iva e quando invece è soltanto un’opzione? Ecco una guida completa.
Disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972 numero 633 l’Imposta sul Valore Aggiunto (Iva) grava sulle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nel territorio italiano da parte di quanti esercitano attività d’impresa, arte o professione. Ma quando è obbligatorio aprire la partita Iva?
Di fatto, perché si possa parlare di operazioni soggette ad Iva, sono necessari tre requisiti:
- oggettivo, in quanto deve trattasi di servizi prestati o beni ceduti;
- territoriale, dal momento che le operazioni devono essere effettuate in Italia;
- soggettivo, nell’ottica di operazioni effettuate da imprese, artisti e professionisti.
Sotto quest’ultimo aspetto, l’apertura di una posizione fiscale attraverso la cosiddetta «partita Iva» è obbligatoria da parte di quanti stanno svolgendo attività suscettibili di essere soggette all’imposta, nel rispetto del D.p.r. numero 633/1972.
Accanto a questo regime di obbligatorietà, in cui è necessaria e non procrastinabile l’apertura di una partita Iva, esistono tutta una serie di condizioni dove, prima di trovarsi in questa situazione di «obbligo», conviene, comunque, valutare seriamente l’opportunità di aprire una posizione fiscale.
Analizziamo la fattispecie in dettaglio.
Aprire la partita Iva: quando è obbligatorio e quando invece solo consigliato
- Partita Iva obbligatoria per gli imprenditori
- Partita Iva obbligatoria per gli imprenditori individuali
- Partita Iva obbligatoria per le società
- Partita Iva obbligatoria: arti e professioni
- Quando conviene aprire la partita Iva: in caso del secondo lavoro
- Quando conviene aprire la partita Iva: in caso dei lavoratori autonomi occasionali
Partita Iva obbligatoria: gli imprenditori
Sono tenuti ad aprire la partita Iva quanti stanno esercitando un’attività commerciale o agricola in maniera abituale, ancorché non esclusiva. Questo avviene quando si svolge con ripetitività, regolarità e sistematicità un insieme di atti economici coordinati e finalizzati al conseguimento di un determinato scopo.
Si considerano come attività «commerciali»:
- attività industriali dirette alla produzione di beni o servizi;
- attività di intermediazione nella circolazione dei beni;
- attività di trasporto di persone e merci;
- attività bancaria e assicurativa;
- altre attività ausiliare a quelle appena citate.
Sono al contrario qualificate come attività «agricole», quelle dirette:
- alla coltivazione del fondo;
- alla selvicoltura;
- all’allevamento di animali;
- alla trasformazione o all’alienazione di prodotti agricoli.
Rientrano nella platea di quanti sono obbligati ad aprire la partita Iva coloro che svolgono un’attività non commerciale, ma organizzata in forma di impresa.
Partita Iva obbligatoria: gli imprenditori individuali
Gli imprenditori individuali sono tenuti ad aprire una partita Iva se stanno svolgendo un’attività commerciale o agricola. L’obbligo in parola non opera invece se le operazioni sono svolte esclusivamente a titolo privato.
Partita Iva obbligatoria: le società
Le società che attualmente svolgono cessioni di beni e prestazioni di servizi in favore di soci o terzi, sono tenute ad aprire la partita Iva. Ci riferiamo nello specifico a:
- società di persone e assimilate, come società in nome collettivo (s.n.c.), società in accomandita semplice (s.a.s.), società di fatto e d’armamento;
- società di capitali, quali società per azioni (s.p.a.), società in accomandita per azioni (s.a.p.a.), società a responsabilità limitata (s.r.l.), società di mutua assicurazione e cooperative;
- società costituitesi all’estero.
Fanno eccezione le società di comodo, le quali svolgono, ai fini elusivi, attività non rivolte al mercato ma finalizzate al mero godimento di beni e servizi da parte dei loro titolari diretti (o indiretti).
Partita Iva obbligatoria: arti e professioni
Coloro che stanno operando nell’esercizio di arti e professioni sono obbligati ad aprire una partita Iva. Si fa riferimento, in particolare, a quanti svolgono un’attività che è contemporaneamente:
- di lavoro autonomo, priva di vincoli di subordinazione con il committente, nel compimento di un’opera o di un servizio;
- esercitata con professionalità (in modo abituale e continuativo), prevalente in termini di tempo e compensi percepiti rispetto ad altre attività, principalmente di lavoro dipendente.
Lo svolgimento di collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.) è comunque assoggettato a Iva se rientra nell’oggetto dell’attività svolta per professione abituale.
Il caso tipico è quello di chi percepisce un compenso da co.co.co.in veste di amministratore, sindaco o revisore di società.
Pur non essendo una prestazione autonoma, la stessa è «attratta» tra quelle che scontano l’Iva se, ad esempio, svolta da dottori commercialisti o ragionieri iscritti nell’apposito albo. Al contrario, sono esenti dall’Imposta sul Valore Aggiunto le collaborazioni rese da:
- soggetti che non esercitano, per professione abituale, altre attività di lavoro autonomo;
- soggetti che svolgono un’attività di lavoro autonomo in maniera professionale, a patto che il rapporto di co.co.co. non sia inerente a tale attività.
Quando conviene aprire la partita Iva: il caso del secondo lavoro
Un’ipotesi tipica in cui è opportuno valutare di aprire la partita Iva è quella di chi svolge un’attività che, al momento, è esente dall’Imposta sul Valore Aggiunto ma, nelle intenzioni del singolo, potrebbe assumere i caratteri dell’abitualità e della prevalenza rispetto, ad esempio, alle prestazioni di lavoro dipendente.
È il caso di quanti sono assunti con contratto di lavoro subordinato e iniziano, in parallelo, un’attività autonoma collaterale e continuativa ma di rilevanza economica modesta.
Col tempo il lavoro secondario assume un’importanza sempre maggiore in termini di ore dedicate e compensi ricevuti, tanto da spingere l’interessato a valutare di ridurre l’impegno come lavoratore dipendente.
In tal caso, in presenza di un’attività autonoma che progressivamente diventa abituale, non occasionale e altresì prevalente, in termini di compensi e orari, rispetto a quella da lavoro dipendente, conviene (anche se ancora non obbligatorio) considerare l’apertura della partita Iva.
Quando conviene aprire la partita Iva: il caso dei lavoratori autonomi occasionali
Le prestazioni di lavoro autonomo occasionali, grazie al loro carattere episodico, non sono equiparabili alle attività che obbligano ad aprire la partita Iva.
Pur non essendoci alcuna forma di subordinazione tra committente e lavoratore, quest’ultimo svolge la prestazione in maniera del tutto occasionale, senza i requisiti della professionalità e della prevalenza. Si pensi, ad esempio, alla situazione di chi, assunto come addetto alle vendite in un supermercato, viene incaricato, in quanto appassionato di informatica, di creare un sito internet per un’azienda diversa da quella presso cui lavora come operaio.
La prestazione in parola è caratterizzata da:
- autonomia;
- occasionalità;
- non prevalenza, in termini di tempo dedicato e compenso, rispetto a quella da lavoro dipendente.
Il successo del sito internet porta, grazie al passaparola, altri clienti tanto da spingere l’addetto alle vendite a considerare l’ipotesi di dedicarsi a tempo pieno al lavoro da informatico. In tal caso, prima che l’attività diventi di lavoro autonomo abituale e prevalente, conviene considerare l’apertura di una partita Iva.
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