Home > Altro > Archivio > Grecia, BCE e UE corcordi: niente sconti sul debito solo un allungamento (…)
Grecia, BCE e UE corcordi: niente sconti sul debito solo un allungamento delle scadenze
martedì 27 gennaio 2015, di
Il nuovo governo greco ha già iniziato a muovere i primi, incerti passi. Nella giornata di ieri Alexis Tsipras ha giurato come premier e ha annunciato che la compagine di governo sarà formata da Syriza e dalla formazione dei "Greci Indipendenti".
Una prima mossa quanto meno equivoca dal punto di vista politico, dal momento che quest’ultima formazione appartiene alla destra ma pienamente coerente dal punto di vista delle politiche economiche perché Syriza e i Greci Indipendenti (che detengono i 13 seggi che consentiranno alla coalizione di raggiungere la maggioranza assoluta nel Parlamento Greco) sono accomunati dalla netta opposizione al piano di salvataggio imposto alla Grecia dalla Troika, un piano che ha concesso alla Grecia un totale di 240 miliardi di euro di aiuti in cambio dell’attuazione di quelle politiche di austerità (tagli alla spesa pubblica e al welfare, aumento delle tasse, stretta al credito) che hanno ridotto in stato di povertà buona parte della popolazione greca.
Mentre si attende la definizione (prevista per oggi) del gabinetto del nuovo Governo greco, in cui il ruolo chiave di ministro delle Finanze dovrebbe essere assegnato all’economista Yanis Varoufakis che si è sempre opposto alle misure di austerità imposte al suo Paese, BCE e UE non sono rimasti di certo a guardare.
A margine dell’incontro tenutosi ieri tra Mario Draghi (BCE), Jean Claude Juncker (Commissioe Europea), Donald Tusk (Consiglio Europeo) e Jeroen Dijsselbloem (Eurogruppo) sono subito arrivate le prime reazioni alle richieste di ristrutturazione del debito avanzate da Tsipras, già durante la campagna elettorale.
Proprio Dijsselbloem ha fatto notare che
"Gli accordi vanno rispettati, la prima cosa da discutere è l’estensione del piano di aiuti (...) Abbiamo già concesso tanto, no alla cancellazione del debito"
Sulla stessa linea anche Jean-Claude Juncker che, con il suo consueto savoire faire, ha spiegato che la riduzione del debito greco
"non è sullo schermo radar della Commissione (...)non vi è alcuna necessità urgente di agire sul debito greco (...) non credo ci sia una maggioranza nell’Eurogruppo, in particolare nella zona euro, a favore della riduzione del debito"
Insomma la soluzione della crisi greca attraverso la rinegoziazione del debito pubblico - elemento su cui Tsipras, in campagna elettorale aveva battuto molto, pur arrivando nelle ultime settimane a limare le sue posizioni, circa la permanenza della Grecia nell’euro - sembra non essere una soluzione gradita all’Europa.
Da queste prime dichiarazioni una strada che appare più percorribile è la rinegoziazione delle scadenze sia del piano di salvataggio che della restituzione dei debiti contratti dalla Grecia con i creditori internazionali. A tal proposito è opportuno ricordare che la Grecia è tenuta a restituire 10 miliardi di euro entro questa estate e che l’ultima trance di aiuti europei, da 7 miliardi - prevista dal piano di salvataggio in scadenza il prossimo 28 febbraio - è subordinata al giudizio della Troika riguardo ai progressi dell’economia greca.
Le considerazioni di Dijsselbloem e Jean-Claude Juncker hanno ricevuto il plauso del ministro delle Finanze tedesco Schaeuble e anche di Pier Carlo Padoan e sulla stessa linea di pensiero si è attestato anche Mario Draghi del quale è stata resa pubblica ieri, la risposta rilasciata lo scorso 15 Gennaio a un’interrogazione dell’Europarlamentare greco Kostas Chrysogonos nella quale il Presidente della Banca Centrale Europea scriveva che
"l’incidenza del peso fiscale sul Pil in grecia, inclusi i contributi sociali, al 34,2 per cento nel 2013 resta ben inferiore sia alle media dell’area euro sia a quella dell’Ue a 28, nonostante alcuni aumenti negli ultimi anni"
Nello stesso documento Draghi notava che in Grecia era ancora molto diffusa la pratica dell’evasione fiscale e che il programma concordato dalla Troika, a cui la stessa BCE contribuisce offrendo consulenze in materia finanziaria, includeva diverse riforme che puntano a migliorare l’efficienza del fisco.
L’Europa sembra, quindi, aver innalzato un muro insormontabile contro le richieste di rinegoziazione del debito pubblico avanzate da Tsipras e lo confermano anche recenti dichiarazioni in merito rilasciate da Benoit Coeuré (membro del comitato esecutivo della BCE) e da Guenther Oettinger (Commissario Europeo) che ha paventato anche il pericolo di una reazione a catena in tutti gli altri PIIGS interessati da piani di salvataggio (Portogallo, Irlanda, Cipro e Spagna) che potrebbero sentirsi autorizzati a richiedere una rinegoziazione del loro debito pubblico qualora questo scenario dovesse concretizzarsi per la Grecia.
Anche se si attende l’esito dell’Ecofin (riunione dei ministri Economici dell’Eurozona) previsto per oggi, la strada di un allungamento delle scadenze dei prestiti concessi alla Grecia, sembra l’unica praticabile per permettere a Tsipras di raggiungere un accordo con le isitituzioni internazionali.
