Earth Day 2020, cambiamento climatico e disastri naturali: quale futuro per la Terra?

Marta Tedesco

22/04/2020

22/04/2020 - 15:23

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Oggi è la Giornata Mondiale della Terra in cui si celebra l’ambiente e la salvaguardia del pianeta. Ma ci sarà davvero da festeggiare? I dati sul cambiamento climatico mettono in allarme.

Earth Day 2020, cambiamento climatico e disastri naturali: quale futuro per la Terra?

Oggi, 22 aprile, è l’Earth Day ovvero la Giornata Mondiale della Terra. Questa ricorrenza è arrivata a festeggiare il suo 50° anno da quando fu indetta nel 1970. L’iniziativa, nata come occasione per mettere sotto i riflettori la lotta contro l’inquinamento, è diventata poi appuntamento fisso per celebrare l’ambiente e la sua tutela.

Ma c’è davvero da festeggiare? Dopo 50 anni in realtà la salute della Terra è solo peggiorata e lo dimostrano alcuni dati allarmanti legati al cambiamento climatico e alle conseguenze a esso legate.

Disastri naturali e clima: le conseguenze delle azioni dell’uomo

Da sempre fenomeni come alluvioni, tempeste, inondazioni e ondate di calore colpiscono la popolazione mondiale. I disastri naturali però diventano ogni anno sempre più numerosi e dalle conseguenze terribili. Gli scienziati hanno provato che l’intensificazione di questi episodi è strettamente legata al cambiamento climatico.

Sono le attività dell’uomo ad alterare il clima: dall’emissione quotidiana di gas serra (tramite sistemi di riscaldamento, veicoli, industrie, ecc) ad azioni più d’impatto come disboscamenti e incendi. Pensiamo ad esempio alla deforestazione che si sta compiendo in Amazzonia.

Dai dati messi a disposizione dal progetto brasiliano PRODES, dal 2016 al 2018 emerge siano stati deforestati più di 21mila km chilometri quadrati di foresta. A questo si aggiunge il disastro di incendi boschivi in Australia, per il quale sono stati distrutti più di 5 milioni di ettari di foreste e un intero habitat naturale.

I Paesi più colpiti dal cambiamento climatico

GermanWatch, un’organizzazione tedesca, pubblica ogni anno il report Climate Risk Index che analizza in che misura i Paesi nel mondo siano colpiti da eventi naturali drammatici legati al cambiamento climatico.

Per ogni Stato viene calcolato un indice che serve a stimare il livello di rischio a cui un Paese è sottoposto. Quattro sono le variabili considerate: il numero di vittime attribuibili a fattori atmosferici, lo stesso numero riconsiderato su centomila abitanti, il totale di perdite in potere di acquisto e le perdite legate al prodotto interno lordo. Dai dati più recenti, pubblicati nel 2018, i 10 Paesi più colpiti dal cambiamento climatico sono:

  1. Giappone
  2. Filippine
  3. Germania
  4. Madagascar
  5. India
  6. Sri Lanka
  7. Kenya
  8. Ruanda
  9. Canada
  10. Isole Fiji

Germania, Giappone e India sono in vetta alla classifica perché più colpite dalle ondate di calore. Quest’ultime ormai sono diventate un grosso pericolo per molti Paesi, nonché anche fenomeno in costante crescita in questi ultimi anni. Si stima infatti che in Europa le ondate di caldo estremo si manifestano 100 volte di più rispetto a un secolo fa.

Disordini climatici: prospettive future

È evidente come sia proprio l’uomo la causa principale di molti disastri ambientali e le prospettive per il futuro, se la situazione non dovesse migliorare, non sono rosee. Nonostante in questo periodo di lockdown da coronavirus si sia registrata una riduzione delle emissioni di gas serra, l’allarme dei climatologi dell’ONU è ancora alto.

Servirebbe infatti un taglio drastico delle emissioni nocive entro i prossimi 10 anni perché sia ipotizzabile un freno all’aumento delle temperature globali di 1,5 gradi. Bisogna tenere presente inoltre il continuo aumento della popolazione mondiale.

Le stime prevedono un raggiungimento degli 8 miliardi di persone complessivi entro la metà del 2025 e dei 10 verso il 2083. Tali dati non sono certo incoraggianti se si assume che sia l’uomo la causa degli attuali disordini ambientali. Senza una buona strategia di tutela dell’ambiente e di razionalizzazione delle risorse alimentari disponibili, per il futuro si prevedono scenari di carestie e popolazioni ridotte alla fame.

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