Approvato ieri dalla BCE il Quantitative Easing, l’intervento di politica economica che immetterà più di 1000 miliardi di Euro nei mercati europei: ecco quali sono gli effetti per cittadini e imprese.
Il tanto sospirato Quantitative Easing è arrivato ieri, grazie alle decisioni del Consiglio Direttivo della BCE che ha messo in campo un intervento molto apprezzato dai mercati, dal momento che è andato ben oltre le aspettative e le indiscrezioni circolate nelle ore immediatamente precedenti. Sostanzialmente con questo programma di politica economica la BCE rileva titoli di varia natura, soprattutto, titoli di stato, dalle banche europee a cui assegna in cambio nuova liquidità da utilizzare, almeno teoricamente, per scopi alternativi come il credito.
Le principali misure dell’intervento
- Con il quantitative easing la Banca Centrale Europea acquisterà essenzialmente quattro tipologie di titoli: i titoli di stato propriamente detti, titoli emessi da istituzioni sovranazionali europee, covered bond e ABS, ovvero titoli cartolarizzati che impacchettano prestiti (queste ultime due tipologie di titoli erano già state acquistate dalla BCE in precedenza). Saranno interessati titoli di tutte le durate, dai 2 ai 30 anni;
- Gli acquisti avverranno a un ritmo di 60 miliardi di euro al mese, dal 1 marzo 2015 fino alla fine di settembre 2016, in totale saranno messi in campo 1140 miliardi di euro. Il programma potrà comunque essere prolungato qualora non si verifichino significative correzioni dell’andamento dell’inflazione;
- Gli acquisti di titoli pubblici e sovranazionali saranno proporzionali alle quote di capitale BCE detenute da ogni singolo stato. Ciò significa che all’Italia spetterà ogni mese il 12,3% degli acquisti, ovvero il 12,3% dei 60 miliardi messi in campo;
- Non potranno essere acquistati più del 33% dei titoli emessi da un singolo emittente (ad esempio i titoli pubblici emessi da un singolo stato), né potrà essere acquistato più del 25% delle singole emissioni;
- Per tutte le emissioni dovranno essere indicato un investment grade (generalmente rilasciato dalle agenzie di rating), anche se i Paesi in difficoltà non dovranno presentare requisiti aggiuntivi;
- Passa la linea del risk sharing in base alla quale i rischi (e gli eventuali profitti) derivanti dalla detenzione di titoli di stato dei singoli Paesi vengono condivisin tra la BCE e le singole banche centrali del Paesi UE. Nello specifico la BCE si farà carico dei rischi derivanti dal 20% degli asset acquistati, così ripartiti: 12% dei titoli emessi da istituzioni sovranazionali europee (come la Bei o l’Esm) e 8% dei titoli acquistati dalle singole nazioni. Il restante 80% dei titoli di ogni Paese rimane completo appannaggio delle banche centrali;
Effetti su mercati, famiglie e imprese
- I tassi sui mutui ipotecari subiranno una decisiva riduzione, dal momento che il varo del quantitative easing ha avuto l’effetto di far abbassare notevolmente lo spread ma anche i tassi interbancari. Non a caso l’Eurirs a 20 anni (il tasso che si aggiunge allo spread per determinare il tasso totale che si applica a un mutuo a tasso fisso) ieri era quotato all’1,2%, un valore pari alla metà di quello in vigore tre anni fa. Stesso discorso vale per i mutui a tasso variabile di cui già ieri avevamo segnalato il segno negativo dell’Euribor a 1 mese. Ciò significa che i mutui a tasso fisso di durata più lunga potrebbero presto arrivare a un tasso che viaggia intorno a 3% mentre quelli a tasso variabile potrebbero arrivare a un tasso di circa il 2%.
- Il tasso d’interesse applicato sui conti correnti bancari potrebbe scendere ancora rispetto ai livelli attuali, già molto ridotti. La riduzione dei tassi potrebbe interessare poco o per nulla i tassi di punta che, appunto sono già ai minimi, per questo, si potrebbe creare un mercato con due generi di depositi: dei prodotti nuovi, creati per attrarre clienti che potrebbero ancora garantire un tasso di circa il 2% e altre banche che continueranno a offrire tassi inferiori all’1,5% deterranno quote sempre minori del mercato dei conti di deposito.
- I BoT per investitoti privati diventeranno talmente poco appetibili da non essere quasi più venduti. I BoT con durata minore, ad esempio a tre mesi, se acquistati sul mercato secondario dove il rendimento non è stabilito in partenza, potrebbero addirittura arrivare ad avere un rendimento negativo con l’effetto di determinare una perdita netta per chi li ha acquistati;
- Anche i BTp a 10 anni, pur continuando a essere, al momento attuale un investimento ancora appetibile per il consumatore, sebbene ieri il loro rendimento abbia toccato il nuovo minimo storico di 1,57%, potrebbero diventare una forma di investimento negativo, qualora l’inflazione dovesse rialzarsi;
- Per effetto della svalutazione dell’euro che si otterrà senz’altro a seguito dell’immissione di nuova liquidità nel sistema bancario, le esportazioni diventeranno un settore a cui guardare con grande interesse per le aziende italiane che potrebbero in tal modo compensare il crollo della domanda interna;
- Anche le aziende che importano materie prime e altri beni, pur non subendo vantaggi diretti non saranno penalizzate. Ciò perché, sebbene per effetto dell’euro debole i beni importati diventeranno più costosi, tale rincaro dei costi sarà controbilanciato dall’attuale ribasso del petrolio, dal momento che l’energia è una delle voci di spesa maggiori tra i beni importati;
- La partita più importante adesso la devono giocare le banche: dal momento che otterranno maggiore liquidità cedendo titoli alla BCE, spetterà far ripartire quella macchina del credito che è ferma in Italia come in molti altri Paesi europei. Per favorire tale azione di cui dovrebbero beneficiare cittadini e imprese la BCE ha messo in campo anche un’ulteriore riduzione del tasso d’interesse dei TLtro, i prestiti a lungo termine concessi dalla BCE alle banche, al fine di concedere credito alle imprese;
- Far ripartire il credito alle imprese è anche l’unico modo per invertire la dinamica degli investimenti fissi lordi delle imprese, ovvero la spesa che le imprese destinano a macchinari e costruzioni, uno dei parametri che vanno a formare il PIL e che è crollato negli ultimi anni.
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