Scoperto nel linguaggio un sintomo del declino cognitivo

Giorgia Bonamoneta

17 Marzo 2024 - 19:00

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Uno studio ha scoperto un possibile sintomo del declino cognitivo. Sviluppando un sistema di riconoscimento sarà possibile, attraverso il linguaggio, diagnosticare preventivamente patologie.

Scoperto nel linguaggio un sintomo del declino cognitivo

La difficoltà nel trovare le parole (WFD) è un disturbo cognitivo comune nell’invecchiamento. Questo si manifesta sia nel linguaggio naturale che nei test di laboratorio controllati. È proprio da qui che è partita la ricerca dell’Università di Toronto che ha scoperto come nel linguaggio esistono i sintomi per riconoscere un declino cognitivo. Non è tanto il dimenticare le parole, come si può credere, quanto più la velocità con la quale si elaborano i processi di riconoscimento e formulazione della parola. Si può chiamare anche “guasto nel recupero delle forme delle parole”.

Per arrivare a formulare l’ipotesi sulla velocità, i ricercatori hanno selezionato 125 adulti sani tra i 18 e gli 85 anni. Questi dovevano eseguire una serie di compiti, come il riconoscimento di oggetti a schermo, anche con presenza di interferenze sonore.

La conclusione dello studio ha suggerito che la velocità di elaborazione è un fattore chiave e che il tempo di reazione verbale può essere un’importante misura clinica.

Ipotesi per misurare il declino cognitivo: teoria della velocità di elaborazione

Una delle teorie più note legate al declino cognitivo vede la diminuzione della velocità di elaborazione con l’avanzare dell’età. Il rallentamento è più evidente e compromettente quando il fallimento avviene per l’assenza di simultaneità o entro un tempo limitato. In passato è però è stato osservato che il rallentamento legato all’età è più forte nei compiti non lessicali rispetto ai compiti lessicali.

Ci sono infatti alcune certezze in questo specifico campo di ricerca:

  • gli anziani sono significativamente più lenti dei giovani nel completare vari compiti cognitivi, compresi compiti di produzione di parole come nominare immagini, rispondere a domande o leggere parole scritte;
  • gli anziani tendono anche a produrre più disfluenze come pause riempite e vuote (ad esempio, «uh» e «um») tra un discorso;
  • gli anziani hanno una velocità di linguaggio generalmente più lenta.

Le difficoltà nel trovare le parole non sono sempre legate all’età, ma il rallentamento che si verifica nel completamento dei compiti è da intendersi come un rallentamento generale nell’attivazione dei processi, tra qui i sottoprocessi mentali richiesti per il recupero delle parole.

Come la teoria della velocità di recupero può aiutare nella diagnosi preventiva di declino cognitivo

Il test di fluidità verbale coinvolge varie regioni del cervello disposte al linguaggio, nella memoria e nel funzionamento esecutivo. Per questo può offrire informazioni su quali regioni del cervello sono colpite dal declino cognitivo. Tuttavia, questo studio offre spunti interessanti per la ricerca futura più che arrivare a una conclusione netta. I ricercatori hanno infatti dimostrato che non è solo ciò che diciamo, ma anche la velocità con cui lo diciamo, a rivelare cambiamenti cognitivi.

Rispetto a leggere i segnali dopo una diagnosi di demenza, lo studio fornisce un approccio che suggerisce sintomi per una diagnosi precoce. Riuscire a rilevare in maniera automatica - per esempio attraverso l’uso di una tecnologia di elaborazione del linguaggio naturale (una tipologia di intelligenza artificiale applicata in medicina) - il rallentamento della velocità del parlato potrebbe definire un indicatore per la salute cognitiva e aiutare a identificare le persone a rischio.

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