Pensioni, i contributi versati valgono di più: l’annuncio del ministero del Lavoro

Simone Micocci

10/11/2022

Pensioni, ufficiale il tasso di capitalizzazione del montante contributivo. I contributi versati in carriera, dopo un anno di stop, tornano a crescere.

Pensioni, i contributi versati valgono di più: l’annuncio del ministero del Lavoro

Non solo aumento delle pensioni: anche il montante contributivo - ossia l’insieme dei contributi versati dal lavoratore nel corso della sua carriera - gode di una rivalutazione annua che ne aumenta il valore.

Il ministero del Lavoro, infatti, su indicazione dell’Istat, ha diffuso i valori relativi al tasso di capitalizzazione, ossia quel parametro da cui si calcola la percentuale che verrà applicata sui contributi versati dal lavoratore così da adeguarli all’andamento dell’indice dei prezzi.

Un passaggio importante, che porta ad accrescere il montante contributivo e di conseguenza anche la pensione futura. Ricordiamo, infatti, che con il sistema di calcolo contributivo, che si applica per la quota di contributi riferita al periodo successivo al 1° gennaio 1996, la pensione è calcolata applicando sul montante contributivo il cosiddetto coefficiente di trasformazione, il quale varia a seconda dell’età in cui avviene il pensionamento.

Quindi, tanto è maggiore il montante contributivo e tanto sarà più alta la pensione.

Va detto che lo scorso anno il montante contributivo non è stato oggetto di rivalutazione, visto che il tasso accertato era stato persino negativo. Questo non ha significato una svalutazione del montante contributivo, ma solo una rivalutazione pari a zero. Tuttavia con l’obbligo di recuperare la differenza, come imposto dal Dl. 65/2015, nella rivalutazione dell’anno successivo.

E così è stato, tant’è che per il 1° gennaio 2023 la rivalutazione, complice l’erosione per il suddetto recupero, sarà appena inferiore all’1%.

Rivalutazione del montante contributivo: la percentuale per il 2023

Questa notizia interesserà coloro che andranno in pensione nel 2023. Come detto sopra, infatti, riprende - seppur con una percentuale molto bassa - la rivalutazione dei montanti contributivi, in favore dei quali il ministero del Lavoro ha ufficializzato, su indicazione dell’Istat, una tasso di rivalutazione dello 0,9758%.

Come si è arrivati a questo valore? Semplicemente, il tasso medio annuo composto di variazione del prodotto interno lordo nominale, considerati i 5 anni precedenti al 2022, è risultato pari a 0,009973. Considerando che per calcolare il coefficiente di capitalizzazione basta aggiungere 1 al suddetto valore, ne risulta 1,009973.

Come anticipato, però, è stato necessario recuperare la mancata svalutazione dello scorso anno, quando è stato registrato un valore negativo pari a 0,000215 (dato fortemente influenzato dallo scoppio della pandemia).

Pertanto, il coefficiente di capitalizzazione effettivo sarà pari a 1,009758, ossia per una rivalutazione dello 0,9758%. Si tratta comunque di un valore inferiore rispetto agli anni scorsi: nel 2021 era infatti pari allo 1,9199%, mentre nel 2020 dello 1,8254%.

Quanto è importante la rivalutazione del montante contributivo

Come detto sopra, il montante contributivo è il parametro su cui si basa l’intero calcolo contributivo della pensione, introdotto il 1° gennaio 1996 per effetto di quanto disposto dalla riforma Dini.

Nel dettaglio, viene stabilito che dal 1° gennaio 1996 - o dal 1° gennaio 2012 per coloro che entro la data del 31 dicembre 1995 potevano vantare 18 anni di contributi - i contributi versati in favore del lavoratore, che nel caso dei dipendenti equivalgono al 33% della retribuzione imponibile lorda, vengono accumulati e rivalutati ogni anno in base all’andamento della crescita nominale del prodotto interno lordo degli ultimi 5 anni, il cosiddetto tasso di capitalizzazione.

Più è alto il tasso di rivalutazione e più i contributi versati in carriera vengono valorizzati, così da maturare un montante contributivo più elevato. Il tutto si traduce anche su una pensione più alta: nel sistema contributivo, infatti, l’assegno si calcola prendendo il montante contributivo e moltiplicandolo per il coefficiente di trasformazione, tanto più elevato quanto più si ritarda l’accesso alla pensione. Ad esempio, per chi va in pensione a 67 anni - età della pensione di vecchiaia - il coefficiente (valore 2021-2022) è pari al 5,575%, mentre a 71 anni è persino del 6,466%.

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