Opzione Donna 2024, i nuovi requisiti e regole spiegati dall’Inps

Simone Micocci

7 Maggio 2024 - 13:03

condividi

Opzione Donna 2024, l’Inps pubblica la guida aggiornata con i nuovi requisiti e regole. La platea si restringe ancora.

Opzione Donna 2024, i nuovi requisiti e regole spiegati dall’Inps

Con la circolare n. 59 del 3 maggio 2024 l’Inps ha aggiornato regole e requisiti per l’accesso alla pensione con Opzione Donna. Ricordiamo infatti che Opzione Donna è stata confermata dall’ultima legge di Bilancio, ma con modifiche rispetto a quanto era stato stabilito dall’articolo 16, comma 1-bis, del decreto legge n. 4 del 2019.

Un cambiamento peggiorativo: con le nuove regole, infatti, si riduce ulteriormente la platea delle lavoratrici potenzialmente beneficiare di questa misura di flessibilità, per la quale con le ultime due manovre di bilancio c’è stato un incremento di 3 anni per l’età pensionabile.

Basti pensare che secondo i dati aggiornati dell’Osservatorio Inps, nel primo trimestre dell’anno appena 1.276 lavoratrici hanno fatto ricorso a Opzione Donna per andare in pensione con qualche anno di anticipo.

Vediamo dunque come è cambiata Opzione Donna quest’anno, quali sono i nuovi requisiti e le regole da soddisfare per l’accesso anticipato.

Circolare Inps n. 59 del 2024
Clicca qui per scaricare il documento con tutte le informazioni su Opzione Donna.

Opzione Donna 2024, cambia l’età anagrafica

Il solo cambiamento rispetto allo scorso anno - e ciò come vedremo di seguito non rappresenta una buona notizia - riguarda l’età anagrafica. Nel dettaglio, per smettere di lavorare con largo anticipo non basteranno più 60 anni di età, bensì 61 anni con la possibilità di ridurli di 12 mesi per ogni figlio fino a un massimo di 59 anni.

Di fatto, dal momento che il requisito anagrafico (come quello contributivo) deve essere soddisfatto entro il 31 dicembre del 2023, vengono escluse le nate nel 1963 senza figli, le nate nel 1964 con un figlio e le nate nel 1965 con due o più figli.

Contributi

Nessuna variazione neppure per quanto riguarda i contributi: anche nel 2024 è richiesta una contribuzione di almeno 35 anni per andare in pensione con Opzione Donna.

A tal proposito, come ricordato dall’Inps nella suddetta circolare, ai fini della determinazione del requisito contributivo sono validi “anche i periodi assicurativi maturati all’estero in Paesi ai quali si applica la regolamentazione dell’Unione europea in materia di sicurezza sociale (Stati dell’UE, Svizzera e Paesi SEE) e in Paesi legati all’Italia da convenzioni bilaterali di sicurezza sociale, rispettando il minimale di contribuzione per l’accesso alla totalizzazione internazionale previsto dalla normativa comunitaria (52 settimane) o dalle singole convenzioni bilaterali”.

Inoltre, Possono essere totalizzati, inoltre, anche i periodi maturati nel Regno Unito sia antecedentemente che successivamente alla data del 31 dicembre 2020 (cfr. la circolare n. 53 del 6 aprile 2021).

Categorie

Qui la nota dolente: anche nel 2024 Opzione Donna resta riservata a coloro che fanno parte di una delle categorie già individuate dalla legge di Bilancio scorsa. Il che significa che vi potranno accedere coloro che soddisfano i suddetti requisiti e nel contempo appartengono a una delle seguenti categorie:

  • caregiver, ossia coloro che assistono, alla data di presentazione della domanda di pensione e da almeno 6 mesi, il coniuge o la parte dell’unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, legge 1992/104, o un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori, il coniuge o l’unito civilmente della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti oppure siano deceduti o mancanti;
  • invalide con riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74%;
  • sono lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il tavolo di confronto deve essere attivo alla data del 1° gennaio 2024 ovvero deve essere stato attivato in data successiva.

In quest’ultimo caso resta salva la possibilità di accedere a Opzione Donna con 59 anni di età indipendentemente dal numero dei figli a carico.

Non bisogna però commettere l’errore di pensare che tutte le lavoratrici dipendenti o licenziate possano accedere a Opzione Donna: il fatto che sia necessario un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale, infatti, riserva questa possibilità alle sole lavoratrici impiegate in grandi aziende, escludendo - la maggior parte - quelle che invece sono occupate per piccolo o medie imprese.

Inoltre, è importante specificare che:

  • per le lavoratrici dipendenti è necessario che il tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale risulti attivo al momento della presentazione della domanda di pensione;
  • per le lavoratrici licenziate occorre che il licenziamento sia stato intimato nel periodo compreso tra la data di apertura e di chiusura del tavolo e che le stesse non abbiano ripreso attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato successivamente al licenziamento.

Finestre mobili

Restano valide le finestre mobili per l’accesso a Opzione Donna. La pensione, quindi, decorre:

  • 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, nel caso in cui il trattamento pensionistico sia liquidato a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti;
  • 18 mesi dalla data di maturazione dei requisiti, nel caso in cui il trattamento sia liquidato a carico delle Gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi.

Ricalcolo contributivo

Confermata anche la penalizzazione in uscita per coloro che accedono a Opzione Donna: chi rientra nelle suddette categorie e soddisfa i requisiti per andare in pensione in anticipo, deve comunque accettare che anche i contributi accreditati nel regime retributivo vengano trasformati in pensione attraverso l’applicazione delle regole del contributivo. Un ricalcolo che inevitabilmente comporterà una penalizzazione dell’assegno percepito.

Iscriviti a Money.it