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Novità pensioni: Ape Social e lavoratori precoci, ecco cosa cambierà con la riforma
martedì 17 ottobre 2017, di
Novità pensioni: nella riforma ci sarà spazio per graduatorie più facili nell’Ape Social e misure in favore delle donne e dei lavoratori precoci, mentre per tutte le altre richieste dei sindacati al momento non sembrerebbe esserci traccia nella bozza di manovra Finanziaria presentata dal governo.
Chi si aspettava novità pensioni positive dall’incontro tra governo e sindacati sarà rimasto deluso. Alla fine infatti il bilancio è assai magro per le parti sociali che si sono viste cestinare gran parte delle undici proposte presenti nel documento unitario presentato nei giorni scorsi.
Come circolava da tempo nella riforma delle pensioni quindi ci sarà spazio per un allargamento dei requisiti per accedere all’Ape Social, degli sconti per le lavoratrici madri e degli sgravi per le aziende che assumono giovani.
Non ci sono novità pensioni nella manovra al momento invece per quanto riguarda una proroga di Opzione Donna, per il riconoscimento dei lavori di cura, per una riapertura dell’ottava salvaguardia e soprattutto per lo stop all’innalzamento dell’età pensionabile.
Novità pensioni: Ape Social e giovani ok
Le novità pensioni più interessanti che saranno presenti nella riforma, inglobata come spesso accade negli ultimi anni nella manovra Finanziaria che il governo a breve si appresterà a far approvare, riguardano soprattutto l’Ape Social e gli sgravi per chi assume i giovani.
Dopo che nei giorni scorsi era montata la polemica sul rumor che il 75% delle domande pervenute per accedere all’Ape Social fossero state respinte, il governo ha deciso di facilitare i requisiti d’accesso.
Via libera quindi anche a tutti quei lavoratori in stato di disoccupazione in quanto si sono visti scadere il loro contratto a termine, mentre prima per poter accedere occorreva che si era stati licenziati.
Presente nella riforma anche il pensionamento con 41 anni di contributi per i lavoratori precoci, mentre le donne potranno avere uno sconto sui requisiti contributivi di sei mesi per ogni figlio fino a un massimo di due anni.
Su questo punto i sindacati avevano a lungo cercato di raddoppiare i mesi di sconto per ogni figlio, chiedendo un anno per ogni figlio fino a un massimo di tre anni, ma alla fine il governo è rimasto fermo sulla sua posizione di partenza.
Semaforo verde poi anche per l’incentivo strutturale per l’occupazione giovanile. Dal 1 gennaio 2018 le aziende che assumeranno giovani con contratti a tutele crescenti potranno beneficiare di uno sconto triennale del 50% sui contributi previdenziali.
Per tutte le altre richieste dei sindacati invece al momento non sembrerebbe esserci traccia nella riforma delle pensioni imbastita dal governo, con le confederazioni che non hanno fatto nulla per celare tutto il loro disappunto.
Una riforma delle pensioni a metà
Chi sperava in un governo particolarmente benevolo per quanto riguarda le pensioni visto il clima già da campagna elettorale, con ogni probabilità sarà rimasto molto deluso dai pochi temi presenti nella riforma.
Provvedimenti che si pensavano potessero essere sicuri di un finanziamento come la proroga di Opzione Donna e gli sconti per chi si fosse adoperato in lavori di cura, alla fine invece sembrerebbero essere stati accantonati.
Nessuna novità poi neanche in merito agli esodati visto che non si parla per nulla dell’ottava salvaguardia, mentre pure la tanto invocata pensione di garanzia per quanto riguarda i giovani dovrebbe essere stata rimandata a tempi migliori.
Anche per lo stop all’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni a partire dal 2019 ci sarebbero poche speranze: ora si cercherà di puntare su un rinvio ma il governo a riguardo dovrà a breve presentare un emendamento che congeli di qualche mese ciò che previsto dalla riforma Fornero.
Più che scontenti i sindacati, che si sono sentiti come traditi dall’esecutivo che secondo loro non avrebbe rispettato i patti sulla cosiddetta fase due della riforma delle pensioni, tanto che già si parla di una grande mobilitazione nazionale per “far sentire la propria voce” contro questa riforma che oggettivamente ha deluso anche i più cauti sull’argomento.