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L’Italia è una minaccia più grande della Brexit?
mercoledì 23 maggio 2018, di
Il nuovo governo che sta finalmente prendendo forma in Italia rappresenta una delle più bizzarre coalizioni che si possano immaginare, ma anche una combinazione piuttosto efficace se l’obiettivo principale è quello di sabotare l’Unione europea.
È l’opinione descritta - non senza un pizzico di ironia - sul quotidiano economico statunitense Bloomberg, in un articolo a firma Clive Crook, che spiega che sebbene fare previsioni sulla direzione che prenderà il governo italiano e di rimando l’intero Paese sia difficile, è molto facile che l’Italia finisca per pesare di più sull’UE rispetto quanto non stia facendo la Brexit.
Le ambizioni del nuovo governo italiano secondo l’editorialista di Bloomberg
I partner della coalizione - il Movimento 5 stelle guidato da Luigi Di Maio e la Lega guidata da Matteo Salvini - sono diversi sotto molti aspetti, ma a unirli ci sono alcuni tratti comuni come il punto di vista radicale sull’immigrazione, il disprezzo per la politica tout court e, su tutti, la vecchia ostilità un tempo mostrata nei confronti dell’UE.
Il programma presentato dai partiti la scorsa settimana combina le alte ambizioni di spesa del M5s a quelle di una minore imposizione fiscale della Lega. Questo comporterà - secondo Crook - un’impennata del debito pubblico. I due partiti non si sono fatti scoraggiare dall’attuale indebitamento dell’Italia (130% del PIL) e sembrano essere addirittura ispirati dalle norme dell’UE sul risanamento del bilancio. Ma il loro programma non infrange solo quelle regole, le irride secondo Crook.
Questo è quello che si legge al punto numero 28 - dedicato all’Unione europea - del nuovo contratto di governo:
“Rivedere l’impianto di governance economica europea (politica monetaria, Patto di stabilità, fiscal compact). Correzione del funzionamento del mercato interno: riduzione e semplificazione delle regole, eliminazione dei fenomeni di dumping interno all’Ue, priorità al principio di precauzione per tutelare la salute prima di ogni interesse economico, abbandono di ogni decisione di politica commerciale lesiva delle piccole e medie imprese, lotta alla contraffazione, alla violazione dei marchi, al falso made in Italy. Impegno per il superamento degli effetti pregiudizievoli per gli interessi nazionali della Direttiva Bolkestein”.
Il nuovo governo vuole quindi che l’UE riformi il mercato unico; intende inoltre riconsiderare la politica in materia di immigrazione. E mette in discussione gli accordi dell’UE sulla riforma bancaria, che vede come responsabili dello stress finanziario patito dalle famiglie e dalle piccole imprese italiane. Punti che però si ridimensionano di fronte alla versione precedente di quello stesso programma, che chiedeva alla BCE di cancellare 250 miliardi di euro di debito e parlava di abbandono dell’euro.
Il rischio antieuropeista al governo: un’Italexit?
Di sicuro se il Belpaese non riuscisse a fare a modo suo, non è immaginabile che abbandoni l’UE come farà la Gran Bretagna il prossimo anno; ma è proprio questo che rende l’Italia più pericolosa in ottica Europea secondo Crook: la Gran Bretagna ha scelto di abbandonare l’UE senza un piano, svincolandosi dal potere contrattuale che aveva come membro, dando all’UE il sopravvento e lasciandole dettare i termini dell’uscita. Di conseguenza Michel Barnier, a capo delle negoziazioni della Brexit in Europa, può mostrare scarsa preoccupazione per l’abbandono del Regno Unito: l’UE proseguirà per la sua strada - ha detto Barnier - come se nulla fosse accaduto.
Ma questa è una reazione che non potrebbe replicarsi anche con il Belpaese secondo Crook, che ritiene la Penisola molto più integrata, parte della zona euro e membro chiave del progetto europeo. Tutti questi elementi fanno sì che l’Italia abbia le caratteristiche per “danneggiare il progetto dall’interno”.
A differenza della Grecia, l’Italia è un Paese troppo grande per essere ignorato o, per contro, costretto con la forza a seguire le direttive. Ha enormi problemi economici e finanziari irrisolti: peggioramento delle condizioni di vita, alta disoccupazione e un sistema bancario debole, oltre a un debito pubblico paralizzato - e se dovesse esserci una nuova crisi economica o finanziaria, il danno sarebbe difficile da limitare entro i confini nazionali.
C’è un altro aspetto da considerare. Mentre una delle difficoltà più evidenti della Gran Bretagna nei confronti dell’UE arrivava dalla sensazione che avrebbe dovuto seguire regole che non gli piacevano a meno che non potessero essere cambiate, il programma del nuovo governo italiano suggerisce una prospettiva diversa: la volontà di ignorare impegni che considera ingiustificati aumenta il potenziale distruttivo del Paese.
Certamente potrebbe anche non succedere nulla di tutto questo secondo Crook: la nuova coalizione potrebbe subito eclissarsi o il suo piano di governo potrebbe arrestarsi sul nascere per via di dissidi interni o interventi del Presidente della Repubblica. Ma occorre essere molto cauti secondo Crook, che aggiunge: “questo populismo male assortito non sarebbe mai dovuto arrivare così lontano, ma l’ha fatto”.
Dilagano le forze populiste in Europa: cosa deve cambiare nelle politiche UE?
In passato, la politica italiana ha sempre proposto alla popolazione di pensare positivamente all’UE, spiegando che un livello superiore di governo competente fosse comunque migliore rispetto a nessun governo. Questo rende più che mai sorprendente il nuovo disincanto del Paese nei confronti dell’Europa. L’opposizione populista a un fantomatico dominio tecnocratico dell’UE è in crescita anche altrove in Europa, ma in Italia ha preso il comando. E non è chiaro in che modo l’UE possa o debba rispondere.
L’Unione europea non è arrivata dove è oggi piegandosi ai dubbi del popolo sui suoi metodi o i suoi obiettivi. I Paesi europei non volevano la moneta unica, ma è stata introdotta comunque. Le fasi successive dell’integrazione politica hanno incontrato molta opposizione - occasionalmente respinta dai referendum - ma sono state tutte portate avanti comunque. Lo schema in tutti i paesi è sempre stato lo stesso: introdurre le politiche e farle funzionare, e le persone hanno accettato.
Anche se le grandi ambizioni di “un’unione sempre più stretta” sono state per il momento accantonate, lo schema è ancora lo stesso secondo l’editorialista di Bloomberg - nonostante la Brexit, nonostante l’Ungheria e la Polonia, nonostante l’ascesa del Fronte Nazionale in Francia e dell’AfD in Germania, e ora nonostante l’Italia. L’UE non ha altre opzioni.
Al vertice dei leader dell’UE del mese prossimo, l’agenda dovrebbe puntare a far luce sulla Brexit e andare avanti verso l’integrazione fiscale e finanziaria. Una maggiore integrazione in quelle aree è necessaria per far funzionare meglio la zona euro. Eppure quelle basi politiche necessarie al momento mancano, mentre sembrano farsi sempre più concrete le basi di quello che c’è ora in Italia e altrove.
La Brexit non ridimensionerà l’Unione Europea, ma l’Italia potrebbe, secondo l’analisi citata.