Il gasdotto della discordia: in Siria è una guerra per le risorse?

Alessandro Cipolla

16 Aprile 2018 - 17:09

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La guerra in Siria si basa sul controllo e il transito delle risorse naturali? Ecco la storia del gasdotto dal Qatar alla Turchia a cui Assad si oppone.

Il gasdotto della discordia: in Siria è una guerra per le risorse?

Guerra per fermare bombardamenti con armi chimiche oppure soltanto un mezzo per realizzare uno dei più importanti progetti di politica economica internazionale? Come sempre, quando c’è di mezzo il Medio Oriente, è difficile districarsi tra emergenze umanitarie e lotta per il controllo delle risorse naturali.

Perché quindi c’è la guerra in Siria? Una domanda questa che appare essere più una sciarada. Di sicuro però c’è che Assad e l’Occidente da anni stanno litigando per un gasdotto che dovrebbe collegare il Qatar alla Turchia.

Per diversi esperti come Pepe Escobar della Strategic Cultura Foundation, questa pipeline finora non realizzata per il rifiuto da parte della Siria di farla passare per il suo territorio sarebbe il vero motivo della recente escalation bellica.

Il gasdotto e la Siria

Non ha dubbi Pepe Escobar nel parlare di “energy war” a riguardo di quello che sta accadendo dal 2012 in Siria. Alla base di tutto ci sarebbero tre pipeline in progetto che hanno lo stesso scopo: portare gas naturali in Europa.

Attualmente il Vecchio Continente dipende quasi totalmente dalla Russia per la fornitura di gas naturali. Vista anche la recente crisi in Ucraina e un fabbisogno che aumenterà esponenzialmente nei prossimi anni, l’Europa ha bisogno di altri canali di approvvigionamento.

Il primo progetto denominato Nabucco fu pensato per portare il gas dall’Azerbaigian fino all’Austria. Alla fine però l’Unione nel 2013 ha scelto di non far passare più il condotto una volta arrivato in Turchia per i Balcani, ma di andare dritto fino l’Italia attraversando lo Ionio e l’Adriatico.

Si tratta del famoso Trans Adriatic Pipeline, da noi meglio noto come TAP. Un progetto questo che dovrebbe portare nei prossimi anni 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno in Europa. Nonostante questo accordo ci sarà comunque bisogno di altre forniture.

Ecco dunque che entra in ballo il Medio Oriente. Nel 2009 nacque il progetto del Qatar-Turkey Pipeline, un condotto che dovrebbe unire i due paesi per portare il gas nel Vecchio Continente passando per la Bulgaria.

Il problema però è che il condotto andrebbe ad attraversare la Siria, con Assad che non ha mai dato il permesso per la sua realizzazione. Il motivo del rifiuto divenne lampante nel 2011, quando venne annunciato il progetto dell’Islamic Pipeline.

Partendo dall’Iraq, questa volta il gas passerebbe prima per l’Iran e poi per la Siria. Utilizzando il Mar Mediterraneo, questa volta non servirebbe neanche far giungere il condotto in Turchia per farlo arrivare in Grecia.

La situazione al momento sarebbe questa: l’Islamic Pipeline e la Qatar-Turkey Pipeline sarebbero competitor della già avviata TAP, ma i due condotti sono alternativi tra di loro. In sostanza, soltanto uno dei due vedrà mai la luce.

Una guerra per il gas

L’Islamic Pipeline e la Qatar-Turkey Pipeline sono due progetti che rappresentano gli interessi di due blocchi contrapposti. Il primo infatti fa gola all’asse Russia-Iran-Siria, con questi ultimi due che sono governati da sciiti, mentre il secondo aumenterebbe il potere dei paesi sunniti Qatar e Arabia Saudita.

Sullo sfondo ci sono gli Stati Uniti e Israele, che sponsorizzano gli alleati sauditi e qatarioti soprattutto per non far accrescere il potere dei rivali in Medio Oriente. A seconda di quale condotto verrà fatto, potrebbero cambiare i rapporti di forza nell’area visti i tanti bilioni di dollari in ballo.

L’inizio delle proteste nel 2011 contro il regime di Assad in Siria coincidono con la nascita del progetto Islamic Pipeline. C’è da dire comunque che quelli erano i mesi della Primavera Araba, con le manifestazioni che andarono a interessare molti altri paesi.

Quando però nel 2012 scoppiò la guerra civile tra i ribelli di fede sunnita e l’esercito regolare di Damasco, non è un mistero che gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita abbiano sostenuto e finanziato gli oppositori di un Assad che comunque è riuscito a resistere grazie all’appoggio, anche militare, di Iran e Russia.

Nonostante il fatto che viviamo in un’epoca dove riusciamo ad avere immagini anche in diretta praticamente di qualsiasi evento, le notizie che ci arrivano per quanto riguarda la guerra in Siria sono sempre confuse e spesso tendenziose.

Reali però sono i tanti morti, molti dei quali civili, in questi sette anni di conflitto. Si parla di mezzo milione di vittime, ma c’è da dire che l’Onu in pratica ha smesso di contarle in pratica dal 2014 visto i scarsi documenti che arrivano.

La guerra in Siria è uno scontro tra due blocchi di potere, ognuno dei quali si pone come obiettivo l’egemonia sull’intero Medio Oriente. Migliaia di bombe alimentate da fiumi di gas, petrolio, dollari e tensioni religiose, che hanno dilaniato in questi anni il paese senza che al momento si possa intravedere una via d’uscita.

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