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Elezioni, cosa succede dopo il 4 marzo?

sabato 3 marzo 2018, di Alessandro Cipolla

Si stanno per aprire le urne per queste elezioni politiche di domenica 4 marzo ma già si pensa a cosa potrà avvenire post voto. A dire il vero, in questa campagna elettorale lo sguardo dei principali partiti è stato più rivolto al futuro piuttosto che all’immediato presente.

Cosa succederà quindi a livello politico dopo domenica 4 marzo? Se per quanto riguarda l’esito del voto sono quasi tutti concordi nell’indicare il pareggio elettorale come il risultato più scontato, il post elezioni invece appare come una autentica sciarada.

Proviamo allora a fare un po’ di chiarezza e a ipotizzare tutti i vari scenari che potrebbero verificarsi una volta chiusi i seggi.

Tutte le ipotesi per il dopo elezioni

Anche se le elezioni possono sempre riservare sorprese, con l’incognita affluenza che aleggia sul voto, vista la legge elettorale in vigore soltanto la coalizione del Centrodestra sembrerebbe poter ambire a un pieno successo elettorale.

Anche qui però il sentore è che Berlusconi e Salvini siano ancora lontani dalle percentuali necessarie per governare. Con ogni probabilità, tutti i vari partiti dopo il voto dovranno cercare di trovare un accordo per dare vita a un esecutivo. Ecco allora cosa può succedere dopo il 4 marzo.

Vince il Centrodestra

Non ce ne vogliano il Movimento 5 Stelle o il Centrosinistra, ma al momento soltanto il Centrodestra sembrerebbe poter essere in grado di vincere le elezioni. Per poter stappare le proverbiali bottiglie riposte in fresco, la coalizione dovrebbe ottenere circa il 40% dei voti nella parte proporzionale e vincere in almeno il 70% dei collegi uninominali.

QUI UN FOCUS SUI VOTI NECESSARI PER VINCERE LE ELEZIONI

Se dovessero riuscire ad arrivare a tali soglie, avrebbero i numeri per governare. Nonostante questo, non mancano comunque gli interrogativi visto che i quattro partiti che compongono il Centrodestra stanno vivendo questa campagna elettorale come da separati in casa.

Anche in caso di vittoria, non è detto dunque che possa arrivare un accordo soprattutto riguardo il nome dell’eventuale premier: non è un mistero l’ostracismo di Berlusconi verso Salvini e quello del segretario del carroccio nei riguardi di chiunque sta proponendo il leader di Forza Italia in questi giorni per Palazzo Chigi.

La coalizione quindi si potrebbe dissolvere ancor prima di dar vita a un governo.

Governo del Movimento 5 Stelle

Se dovesse risultare essere il primo partito alle elezioni, anche senza una propria maggioranza il Movimento 5 Stelle ha da tempo annunciato che chiederà alle altre forze politiche di appoggiare un loro esecutivo con alla base il programma elettorale pentastellato.

Sarà tutto da vedere però se le altre forze politiche raccoglieranno poi questa sorta di appello: difficile che i vari partiti possano sostenere un governo senza avere in cambio non solo delle poltrone, ma anche la possibilità di poter incidere sul programma da sottoporre al Parlamento.

Larghe intese

Quella delle larghe intese è l’opzione che più viene respinta in questo momento dai vari leader di partito ma che, paradossalmente, in fondo appare essere la conclusione più scontata per queste elezioni.

Chiuse le urne, se non dovesse uscire nessun vincitore ogni coalizione si scioglierà come neve al sole, con ogni partito che inizierà a pesare la propria forza parlamentare dando vita al gran ballo delle trattative post voto.

Gli unici schieramenti che potrebbero avere i numeri per governare sembrerebbero essere Movimento 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia, magari anche CasaPound nel caso dovesse superare la soglia di sbarramento, oppure Partito Democratico, Forza Italia, Noi con l’Italia e le altre liste di Centrosinistra.

Vista la grande frammentazione politica e i tanti partiti in ballo, non è da escludere che neanche per un governo di larghe intese si possa riuscire a trovare i numeri necessari. Il rischio di quello che gli anglosassoni chiamano Hung Parliament, letteralmente Parlamento appeso e quindi bloccato, è in questo momento molto alto.

Governo di scopo

Ultimamente si parla anche di un possibile governo di scopo. In caso di una situazione di completo stallo, alcune forze politiche potrebbero decidere di dare vita a un esecutivo che abbia un solo preciso compito.

Nello specifico vista l’attuale situazione nostrana la mission sarebbe quella di modificare la legge elettorale. Un paradosso bello e buono questo visto che il sistema di voto in vigore è stato approvato, a larga maggioranza, appena pochi mesi fa.

Una volta poi che questo governo avrà completato quello che era il proprio mandato, si tornerebbe alle urne con la prossima legislatura che di conseguenza avrebbe una durata molto breve.

Visto il particolare attaccamento dei nostri politici al loro seggio parlamentare, difficile che questi rinuncino al loro mandato dopo soli pochi mesi passati a Roma.

Un governo di scopo che segua letteralmente il proprio mandato sarà di conseguenza di difficile attuazione, visto che i tanti peones si potrebbero mettere di traverso spaventati dall’idea di un nuovo voto.

Governo tecnico

Per evitare quindi di rimanere imbrigliati in un esecutivo con i giorni contati, dopo il voto potrebbe nascere un governo tecnico che vedrebbe alla guida una personalità esterna al mondo politico, un po’ come successe con Monti nel 2011 o Ciampi nel 1993.

Dei tecnici quindi andrebbero a guidare il paese, sorretti sempre da una chiara maggioranza parlamentare, traghettando con più calma l’Italia verso nuove elezioni. A differenza quindi di quello di scopo, il governo tecnico potrebbe avere una durata maggiore anche se difficilmente si potrebbe arrivare al compimento di un’intera legislatura.

Nuove elezioni immediate

Se dopo le elezioni dovesse verificarsi una situazione di impasse totale, la soluzione più logica sarebbe quella di tornare subito al voto magari già in autunno. Visto che comunque Gentiloni non ha rassegnato le dimissioni, rimarrebbe lui e il suo esecutivo in carica in questo lasso di tempo per sbrigare l’ordinaria amministrazione.

Il problema però sarebbe solo uno: che senso avrebbe fare nuove elezioni nel breve, quindi con lo stesso scenario politico, senza cambiare una legge elettorale che tutto garantisce tranne che una governabilità?

Il rischio concreto sarebbe quello di tornare al voto per trovarsi poi nella stessa situazione della tornata precedente. Anche questa ipotesi quindi appare improbabile e a noi di conseguenza non rimane che aspettare il 4 marzo per capire quali di questi scenari possono avere più chance di vedersi concretizzare.

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