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Assegno di divorzio negato ai docenti: confermate le nuove regole sul mantenimento

mercoledì 30 agosto 2017, di Simone Micocci

Niente assegno divorzile per l’insegnante che divorzia dal marito: lo ha affermato la Corte di Cassazione nell’ordinanza pubblicata il 29 agosto.

La suprema Corte quindi conferma quanto stabilito dalla storica sentenza n. 11504/17 emanata lo scorso 10 maggio, ovvero che l’assegno di divorzio deve essere riconosciuto solamente quando il coniuge debole - che nel caso di specie è la moglie - sia incapace di provvedere a sé stesso in maniera del tutto autonoma.

Insomma, non ci sono più dubbi sul fatto che le regole per il riconoscimento dell’assegno di divorzio sono cambiate. Se il coniuge ha un lavoro fisso non avrà diritto a nessun contributo dall’altro; cade quindi il presupposto per cui al coniuge debole bisognava garantire lo stesso tenore di vita del matrimonio una volta sopraggiunto il divorzio.

Insegnanti, avvocati, infermieri, dipendenti delle Forze dell’Ordine e tutte le persone che grazie al proprio lavoro sono in grado di provvedere autonomamente loro stesse non potranno chiedere il riconoscimento dell’assegno di divorzio, dal momento che le vecchie regole appartengono al passato.

Assegno di divorzio: cosa succedeva prima?

La sentenza n°11504 pubblicata lo scorso 10 maggio rappresenta un importante spartiacque per l’assegno di divorzio. Prima di questa, infatti, il giudice nel calcolare l’assegno di divorzio effettuava le seguenti operazioni:

  • sommava il reddito del coniuge “forte” (dal punto di vista economico) al reddito di quello “debole”, così da individuare il tenore di vita della coppia durante il matrimonio.
  • divideva per due il tenore di vita;
  • dal reddito del coniuge forte venivano sottratte le spese derivanti dalla separazione (mutuo, bollette, eventuale assegno di mantenimento per i figli);
  • il risultato viene diviso a metà e detratto dal reddito della moglie;
  • il risultato di questa operazione costituiva l’importo dell’assegno divorzile che il coniuge forte avrebbe dovuto versare nelle tasche dell’altro ogni mese.

La recente sentenza della Cassazione però ha ristretto la platea dei beneficiari dell’assegno di divorzio, eliminando la conservazione dello stesso tenore di vita del matrimonio dai parametri utili ai fini del calcolo.

Assegno di divorzio: cosa succede adesso?

Per la Corte di Cassazione con il divorzio viene meno il vincolo di matrimonio e con questo anche l’obbligo del coniuge forte di garantire all’altro lo stesso tenore di vita tenuto da sposati.

L’assegno di divorzio assume quindi uno scopo differente: garantire la sopravvivenza ai coniugi che non sono in grado di mantenersi da soli.

L’importo dell’assegno sarà utile per i soli bisogni essenziali del coniuge e sarà riconosciuto solamente nel caso in cui questo non riesca a provvedere a sé stesso per una causa a lui non imputabile.

Non ha diritto all’assegno, quindi, chi ha un lavoro e coloro che non lo hanno e non fanno nulla per cercarlo.

Le nuove disposizioni sono state confermate dalla Corte di Cassazione nella recente ordinanza n°20525 pubblicata il 29 agosto 2017, con la quale è stato negato il mantenimento ad un’insegnante divorziata.

Stipendi superiori ai 1.000 euro, infatti, sono sufficienti per provvedere alle spese quotidiane e per questo non si ha diritto ad un contributo extra versato dall’ex marito.

Questo naturalmente non vale solamente per gli insegnanti ma per tutti coloro che hanno un lavoro fisso con uno stipendio pari ad almeno 1.000 euro.

Cosa cambia per l’assegno di mantenimento?

Le nuove regole dettate dalla Corte di Cassazione valgono solamente per l’assegno di divorzio e non per quello di mantenimento riconosciuto nel periodo della separazione.

L’assegno di mantenimento, infatti, si basa sul dovere di solidarietà morale e materiale a carico degli sposi, il quale non viene meno durante la separazione ma solamente in caso di divorzio.

A differenza di quanto accade per l’assegno divorzile, quindi, nel periodo della separazione il coniuge forte è dovuto a garantire all’altro lo stesso tenore di vita del matrimonio e di conseguenza l’importo dell’assegno dovrà essere commisurato.

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