Valute legate alle materie prime ancora in forte calo: ecco le motivazioni

Nelle ultime settimane stiamo assistendo a un brusco e inaspettato declino delle quotazioni delle valute legate all’andamento delle materie prime, note anche come commodity currencies. Fino a qualche tempo fa erano considerate delle "valute pregiate", una rarità sui mercati valutari. D’altronde, le banche centrali di questi paesi attiravano flussi di denaro con rendimenti molto alti sulle proprie valute, mentre gli altri paesi occidentali si affrettavano a tagliare i tassi a zero e a lanciare imponenti programmi di stimoli monetari. Ora qualcosa è cambiato.

In primis c’è il flop delle materie prime, che hanno perso appeal nonostante il boom dell’azionario. La decorrelazione equity-commodity ha relegato molte materie prime nel dimenticatoio, con gli investitori che si sono concentrati quasi esclusivamente su azioni e bond creando tra l’altro i presupposti di una bolla speculativa. Valute come il dollaro australiano, neozelandese, canadese, corona norvegese, rand sudafricano, real brasiliano e peso cileno hanno costruito i propri successi con il boom dei prezzi delle commodity. Ora questo presupposto è venuto a mancare.

Poi c’è l’aspettativa di riduzione del piano di quantitative easing della Fed, che potrebbe riportare in auge il dollaro americano nei confronti di queste valute. Ad ogni modo le banche centrali di questi paesi, molto sensibili all’andamento delle commodity, sono sempre più orientate a perseguire politiche monetarie espansive per rilanciare la propria economia e per ridurre l’importanza dell’export di commodity. Il processo in corso potrebbe rappresentare una svolta epocale, ma nel frattempo mette k.o. valute come il dollaro australiano, il dollaro neozelandese o il rand sudafricano.