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Uscire dall’euro? Questione politica. Brexit non è tragedia - Sir. King, ex gov. BoE

lunedì 10 aprile 2017, di Daniele Morritti

Abbandonare l’euro presenta più benefici che rischi e la Brexit, non di certo un processo privo di “incognite”, si rivelerà comunque gestibile e, in definitiva, poco distorsiva degli attuali equilibri. Lo ha detto Sir. Mervyn King, ex governatore della Bank of England, in occasione di un’intervista esclusiva rilasciata la scorsa settimana al Fatto Quotidiano.

King, non di certo un soggetto facilmente liquidabile come abietto euroscettico - sotto la sua gestione la BoE ha risolto la crisi importata dagli USA nel giro di sei mesi, senza che l’economia ne risentisse particolarmente - torna a parlare apertamente di Europa e Brexit, invitando alla calma quanti da mesi evocano sventure indicibili in caso di crollo dell’euro da un lato e hard Brexit dall’altro.

In poche parole, liquida la questione di una fine dell’euro come una precisa questione politica (i cui risvolti economici sono comunque meno preoccupanti di quanto non sia il mantenimento dello status quo) non mancando di sottolineare l’avventatezza del progetto di un’unione monetaria europea. Quanto alla Brexit, l’ex governatore della BoE ritiene che il recesso - sicuramente colmo di incognite indecifrabili - non inficerà la posizione internazionale della Gran Bretagna, essendo questa “la quinta economia mondiale”, soggetta come tutte le altre economie economie europee alle regole del WTO.

King: abbandonare l’euro? Una questione politica

Sir. Mervyn King, ex governatore della BoE (sostituito nel 2013 da Mark Carney), incarna perfettamente i connotati del civil servant britannico ponderatamente euro-critico, immune alle trame mielose del “più Europa” come panacea di tutti i mali di cui soffre l’Europa.

In occasione di una recente intervista rilasciata al Fatto Quotidiano, King è tornato sull’annosa questione dell’uscita (di massa) dall’euro. In primo luogo, l’ex governatore della BoE ha compendiato come “prematura” l’istituzione di un’unione monetaria europea tra Paesi la cui convergenza verso comuni “tassi di inflazione” rappresentava una scommessa onerosa più che una ovvia eventualità. Uno dei motivi che spinse la Gran Bretagna a chiamarsi fuori dal progetto.

Naturalmente, King è perfettamente consapevole del fatto che la convergenza dei tassi di interesse, nonché la creazione di un meccanismo di cambio fisso non aggiustabile abbiano definitivamente distorto il livello di competitività nell’Eurozona, relegando i Paesi del Sud al ruolo di consumatori di prodotti provenienti dal nord (senza alcuna reale possibilità di invertire la direzione dei flussi di capitale).

Stando a quanto rilasciato da King al Fatto Quotidiano, è proprio l’impossibilità (connessa alla cessione di sovranità monetaria) di svalutare il cambio che ha innescato quel perverso meccanismo di aggiustamento salariale (riforme strutturali) che in fila indiana i Paesi dell’Europa del Sud hanno imparato a perseguire come la strada maestra per uscire dalla crisi. In pratica, se la disoccupazione è così alta in Spagna e Italia lo si deve essenzialmente a questo. King rammenta che se gli USA e la Gran Bretagna presentano livelli di disoccupazione nell’ordine del 5% lo devono anche alle prerogative di indipendenza monetaria di cui i Paesi dell’Eurozona non godono.

Quindi, secondo King l’eurozona si trova di fronte ad un bivio: mantenere l’euro, e quindi tassi di disoccupazione molto alti (e destinati ad aumentare), oppure fare un passo indietro sul viatico dell’Integrazione europea ripristinando le valute nazionali (tornando così a promuovere politiche di occupazione attive). Si tratta di una semplice “decisione politica”. La teoria economica (che ha già sentenziato l’inconsistenza economica dell’euro), in questo senso, non aggiunge nulla al dibattito.

Brexit: per King nessuna tragedia. La Gran Bretagna può uscirne a testa alta

L’ex governatore della BoE ha parlato anche della Brexit, teme sul quale stanno da mesi scaldandosi gli animi. Anche in questo caso, King appare cauto nell’evocare le Cassandre: la Brexit - la cui eventualità politica ha sorpreso chiunque, persino i più informati come lui - certo porta con sé delle incognite, ma sarebbe un errore viverla come un distaccamento dal mondo o come la peggiore delle prospettive economiche che attendono il Regno di Sua Maestà.

Egli ritiene che il recesso dall’UE possa avvenire anche senza un accordo ben definito con la Commissione. Qualora una tale eventualità dovesse verificarsi, la Gran Bretagna manterrebbe con ciascun Paese dell’UE rapporti commerciali sulla base delle regole previste dal WTO (Organizzazione mondiale del commercio).

Anche in questa circostanza, la questione della sovranità gioca (e ha storicamente giocato) un ruolo fondamentale. Per King (che comunque ritiene quella della Brexit “la campagna peggiore” a cui abbia mai assistito) i propositi negativi del leave sono stati ampiamente “esagerati”, nel senso che intorno alla Brexit è stata montata una storia di basso revanscismo nazionalista, quando invece il voto di giugno rappresenta, molto semplicemente, il risultato di un processo di Integrazione europea da i membri dell’establishment britannico raccontato come pieno di opportunità ma che in definitiva si è rivelato del tutto oneroso. Da un recente reportage condotto per il settimanale Internazionale è emerso che i fattori economici hanno giocato un ruolo preponderante nel definire l’esito del referendum.

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