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Mercati internazionali: si riaffacciano le tensioni geopolitiche?

mercoledì 30 maggio 2018, di Marco Ciotola

Tanta carne al fuoco in queste giornate contraddistinte dal ritorno di una forte avversione al rischio presso gli investitori internazionali. Ieri è stata una giornata di forte pressione per i mercati, con la caotica situazione italiana pesare sugli investitori e agitare le Borse.

In questo quadro il rialzo repentino dello spread e il crollo verticale di Piazza Affari hanno contribuito a tenere alta la tensione anche se certamente quello italiano non è l’unico capitolo aperto al momento.

Gli investitori, soprattutto Oltreoceano, guardano ancora con apprensione al confronto-scontro fra Cina e Stati Uniti. La tregua fra i leader dei due Paesi si è mostrata solo apparente e l’accordo che avrebbe spinto la nazione guidata da Xi Jinping ad acquistare più materie prime made in Usa, in cambio di una sospensione del rialzo dei dazi - quello che il consigliere Larry Kudlow aveva definito “una sorta di trattato di pace" - ora non sembra più così scontato.

Già la scorsa settimana un intreccio di fattori sembrava aver stroncato sul nascere la prospettiva di un armistizio, come specificato da Olivier De Berranger, Chief investment officer di La Financière de l’Echiquier, nel suo punto sui mercati:

“Martedì, il Presidente americano annunciava di non ritenersi soddisfatto dei recenti colloqui sino-americani. L’indomani, il Wall Street Journal attizzava il fuoco accennando al progetto americano: portare i dazi sulle automobili importate al 25% per ’motivi di sicurezza nazionale’, e aprire un’indagine su queste importazioni. Nel frattempo, la Cina annunciava una riduzione dei dazi sulle importazioni automobilistiche; e i rapporti tra le due potenze si inasprivano nuovamente”.

A pesare sullo scenario economico internazionale anche la questione legata ai rapporti tra Stati Uniti e Corea del Nord, che si fanno più tesi vista la cancellazione del vertice di metà giugno tra i due Paesi, con le successive parole di denuncia da parte dell’amministrazione USA contro la nazione guidata da Kim Il-sung; parole che non hanno certo alleggerito l’atmosfera. Sulla questione nordcoreana spiega De Berranger:

“il vero nodo gordiano è rappresentato dalla fine degli accordi di difesa tra la Corea del Sud e gli Stati Uniti, con la rinuncia da parte della Corea del Nord alle sue infrastrutture nucleari solo nell’ambito di una completa denuclearizzazione della penisola. Non vi sono dubbi che rinunciare a un posizionamento militare americano nella regione equivarrebbe, per l’elettorato di Trump, a un’amissione di debolezza”.

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