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Italia fuori dall’Euro nel 2014: ecco perchè

lunedì 23 dicembre 2013, di Dimitri Stagnitto

Sono passati ormai 4 anni dall’esplosione della crisi greca (a inizio 2010 la UE segnalò le gravi irregolarità nei bilanci greci) che ha generato un effetto a catena che ha portato in crisi nel giro di qualche mese buona parte dei paesi europei, tra cui l’Italia.

I problemi veri per l’Italia sono iniziati 2 anni fa con l’insediamento del governo tecnico di Mario Monti che a suo tempo commentai in questi termini.

Da allora siamo passati dallo spauracchio dello spread (parzialmente sterilizzato poi da Draghi con il suo "whatever it takes") a una convulsa fase politica che, passando per sofferte elezioni senza esito, è arrivata ad oggi con un premier non eletto e un Presidente della Repubblica confermato "a scadenza" per semplice mancanza di alternative (sic!).

La costante dall’era Monti in poi è stata una: l’austerità, un mix di aumento della pressione fiscale e contenimento delle spese pubbliche per pure esigenze di bilancio pubblico, almeno agli occhi dell’Europa.

Il risultato? Eccolo:


Grafici tratti da questo articolo di Michele Ciccone.

Fuori dall’Euro nel 2014: perché è possibile

Oltre ai devastanti effetti economici della crisi Europea iniziano ad emergere gli effetti politici a livello continentale: il passaggio centrale sotto questo aspetto saranno le elezioni europee della prossima primavera che, se dovessero mostrare un ampio consento per partiti e movimenti anti-euro, finirebbero per segnare una svolta decisiva nel processo di integrazione europeo con forti possibilità di interromperlo per lungo tempo se non addirittura di invertirlo verso un non più così incredibile ritorno a un’Europa divisa in Paesi e blocchi contrapposti come nei decenni precedenti alla seconda guerra mondiale.

Lo scenario è fantasioso e infondato secondo le alte cariche europee, che così crogiolandosi su questa convinzione non stanno facendo nulla per risolvere la crisi a livello Europeo con un piano di stimoli all’economia e risoluzione delle asimmetrie tra economie del centro e della periferia.

La perseveranza dell’Europa su ricette che si stanno mostrando ormai fallimentari (basti osservare i grafici sopra) è tanto più assurda nel momento in cui gli USA, dopo mesi di stimolo dell’economia, fanno registrare un PIL al +4,1% e una disoccupazione al 7%!.

L’Europa si sta scavando la fossa con le sue stesse mani e c’è da scommettere che per i popoli europei sarà molto difficile resistere a un altro anno di tagli, disoccupazione e bassa crescita a maggior ragione se nel resto del mondo l’economia dovesse ripartire.

L’unica grande incognita in questo scenario è rappresentata dai movimenti politici al momento schierati per un ritorno a una maggiore indipendenza economica e politica per le Nazioni Europee: i grandi partiti tradizionali sono tutti pro Euro e pro Europa (che del resto è un loro prodotto) o nicchiano, il dissenso (e ad oggi un eventuale percorso di Eurexit) è per ora incanalato in movimenti o partiti poco organizzati e molto eterogenei per composizione e idee.

Il grosso rischio è che un’uscita dalla trappola Europea possa trasformarsi in una fase di caos politico ed economico: per ora si tratta di un elemento che rende sicuro l’establishment, ma ogni corda ha il suo punto di rottura.

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